Imágenes de páginas
PDF
EPUB

La sacra Congregazione dei riti concesse nel giorno 23 settembre 1263 al Capitolo e clero della cattedrale di recitare sotto rito semidoppio l'uffizio e recitare la messa del SS. Sacramento in tutti i giovedì dell'anno, non impediti da uffizio di nove lezioni. Il medesimo indulto si estese ai 25 settembre 1723 al clero regolare e secolare della città coll' annuit di Benedetto XIII; e Benedetto XIV per breve dei 22 novembre 1741 a contemplazione della antichissima miracolosa immagine di S. Maria della Stella diede l'indulto a tutto il clero della città e diocesi di recitare nei sabati non impediti da uffizio di nove lezioni l'uffizio sotto rito semidoppio e celebrare la messa della Immacolata Concezione, tolti i sabbati della quaresima e dell'avvento e quei sabati, nei quali occorrono le vigilie. Anche la sacra Congregazione dei riti a dì 15 settembre 1742 concesse al clero secolare e regolare della città e diocesi di potere una volta al mese sotto rito semidoppio recitare l'uffizio e celebrare la messa del patrocinio di S. Giuseppe, protettore principale della città. Finalmente Clemente XIII a contemplazione del S. Corporale con decreto del dì 21 settembre 1765 diede l'indulto a tutto il clero di recitare sotto rito semidoppio l'uffizio e celebrare la messa del SS. Sacramento in tutti i giorni dell'ottava del Corpus Domini, traslati gli uffizi dei santi sotto rito doppio, eccettuando solamente, se occorressero, le feste sotto rito di prima e di seconda classe.

§ 12. Tante grazie conferite dai pontefici attestano non meno la sollecitudine della Santa Sede che la pietà degli orvietani; poichè per il tempo passato nessun' altra chiesa più della cattedrale si distingueva per frequenza di uffizi divini. In essa difatti si venera la insigne reliquia del S. Corporale, che richiamava ogni anno turbe di devoto popolo da varie parti, e la immagine della Madonna della Tavola, o di S. Brizio altrimenti detta, pur essa in grande onore per prodigî continui avvenuti.

Parlarono del miracolo del Corporale molti scrittori, come il Natali, Leonardo da Udine, il Gobellino, il Diestemio, il Tri

temio, il Ribadeneira, il Panvinio, l'Alberti, il Maturo, lo Bzovio, il Ciaconio, il Capevaille, il Ferrari, il Lezzana, l' Ughelli, il Rinaldi, il Torelli, lo Spondano, il Papebrochio, il Berti, il Bottifango nella sua opera speciale intitolata Bozza, ossia il Corporale Santissimo di Orvieto, il Pennazzi nella sua opera intitolata: Istoria del prodigio eucaristico di Bolsena e l'abate Cozza-Luzi nel suo Officium in festivitate Corporis Christi e nella ristampa

al Pennazzi.

Il miracolo, per il quale S. Tommaso e S. Bonaventura scrissero inni e cantici immortali, fu celebrato da varî pontefici, fra i quali Gregorio XI, Sisto IV e Leone XIII. Quattro vescovi orvietani compirono la recognizione dell'insigne reliquia, dapprima rimasta chiusa entro cassetta fino all'anno 1338 e occultata ai fedeli a tenore del canone 62 del Concilio Lateranense IV sotto Innocenzo III, per il quale le reliquie si dovevano conservare nascoste, e a tenore della legge canonica rinnovata in seguito dal Concilio provinciale di Colonia col seguente decreto: « Si << Hostia transformetur in cruentam carnem seu sanguinem appa<< rentem, occultetur penitus et omnino iuxta traditionem iuris, << nec populo quomodolibet publicetur seu ostendatur ». Compiuto dopo il 1338 il prezioso tabernacolo di argento e smalti, a cura del vescovo Beltramo Monaldeschi, si collocò l'ostia, che è in più pezzi, in una teca di argento di figura lunga e la si ripose dentro lo stesso tabernacolo, coperta con due veli di seta, uno di color giallo e l'altro rosso, e sopra fu messa una grata d'argento con dodici ossi diafani, dappoi mutati in cristallo. La mattina della festa del Corpus Domini, sul far dell'alba, dalla cappella sua propria si pone sopra l'altar maggiore, donde si mena in processione per tutta la città, trasportato da quattro sacerdoti, come dai quattro leviti dell'antica legge si portava l'arca dell'alleanza.

Della immagine della Vergine della Tavola o di S. Brizio si parla nelle note allo Statuto. Cotesta bella tavola, giudicata di

mano greca, si vuole una delle più insigni immagini della Vergine. Nel suo altare, privilegiato quotidianamente, si canta ogni sabato solenne messa votiva, e sì nella sera del sabato che in ognuna delle sette feste principali della Madonna si cantano in musica le litanie.

Fino. agli ultimi tempi, sessanta sacerdoti erano addetti al servizio del coro. Il Capitolo componevasi di sedici canonici con due dignità, l'arcidiacono e l'arciprete. Il suo stemma accampa l'agnello pasquale, quando da solo e quando unito coi due santi Giovan Battista e Costanzo. Per l'unione della badia di S. Maria in Silvis ai beni del Capitolo, decora il suo stemma colla mitra abbaziale. Godono i canonici, per indulto apostolico, della cappa magna con pelliccia nell'inverno e nell'estate di seta, e vestono l'abito prelatizio colle insegne e prerogative dei protonotari apostolici partecipanti. Appresso ai canonici venivano dodici beneficiati, detti di massa, perchè avevano in comune le loro rendite, distinti coll' almuzia di pelle d'ossio in inverno e di seta cenerina nell'estate, col privilegio della cappa, come i beneficiati di S. Pietro di Roma. Seguivano trenta cappellani decorati coll'almuzia di panno violaceo. La cappella dei musici in abito clericale serve a tutti gli uffizi festivi, nonchè del giovedì e sabato. A capo di questo clero è il Vescovo che usava appellarsi conte di Pugliano e barone di Castelgiorgio e Meana, per il possesso avuto già de' tre feudi. Egli si distingue nelle funzioni di singolarissimi privilegi: siede in trono sotto baldacchino adorno di bandinelle di damasco, allaccia, come il Papa, col firmale il piviale ed espone nei pontificali cinque mitre preziose, oltre le due di uso.

Le prerogative non ordinarie della chiesa orvietana sono così un nobile corredo, assai dicevole alla maestà del santuario insigne, e allo splendore del monumento d'arte e di storia. In un tempio si bello e grandioso, del quale già fu detto nel secolo XV

che fra tutte le chiese d'Italia a nessun altro andava secondo

< per ampiezza, per materia, per artificio, per forma » (Pio II nei Commentari), in un tempio nel suo genere unico al mondo, ogni cosa deve conformarsi a quel solenne carattere che esso ispira; perchè tutte le arti belle, le quali vi furono chiamate a ritrovo, altro ufficio non hanno se non di servire alla religione e al suo culto, magnificando la gloria di Dio nei più sublimi e più profondi suoi misteri; il mistero del Sacramento e il mistero della Vergine.

Orvieto, 13 novembre 1890, sesto centenario

dalla Fondazione del Duomo.

LUIGI FUMI.

I.

STATUTI DELL'ANNO 1421

ISTE SUNT RUBRICE STATUTORUM INFRASCRIPTORUM

1. Ordinationes facte per Comune Urbevetanum de infrascriptis statutis condendis.

2. Ista sunt statuta et ordinamenta Operis et Fabrice Maioris Ecclesie Sancte Marie de Urbeveteri facta et compilata per infrascriptos egregios cives. 3. Que et quanta facere habeant domini Conservatores Civitatis Urbevetane in et pro Opere et Fabrica dicte Ecclesie Sancte Marie.

4. De electione Superstitum, Camerarii et Notarii dicte Fabrice.

5. De iuramento Superstitum, Camerarii et Notarii dicte Fabrice.

6. De offitio et autoritate Superstitum dicte Fabrice.

7. Que facere habeant et debeant dicti Superstites.

8. De magistris et operariis conducendis.

9. De venditionibus et locationibus bonorum stabilium dicte Fabrice fiendis. 10. De pena commictentis dolum vel fraudem in dictis venditionibus. 11. De venditionibus rerum mobilium dicte Fabrice.

12. De sollicitudine Superstitum.

13. De conductione caputmagistri et de tempore conductionum et de novi operis deliberatione.

14. De informationibus habendis per Superstites predictos.

15. De offitio Camerarii dicte Fabrice.

16. De introitibus dicte Fabrice recipiendis et de expensis fiendis.

17. De oblationibus recipiendis.

18. De oblationibus recipiendis, que fiunt in Ecclesia Sancti Andree ante Assumptam de Angelis.

19. De massaritiis et rebus mobilibus dicte Fabrice tenendis et conservandis.

20. De clavibus retinendis per ipsum Camerarium.

21. De vetitis mercantiis fiendis cum denariis dicte Fabrice.

22. Quod nullus Camerarius faciat alicui credentiam.

23. Quod Camerarius nullas faciat prestantias.

24. De mandato et procuratione Camerarii in causis Fabrice.

25. De debitoribus Fabrice imbussolandis.

26. De ratione ipsius Camerarii reddenda.

27. De salario dicti Camerarii Fabrice.

28. De loco recondendi libros dicte Fabrice.

« AnteriorContinuar »