Imágenes de páginas
PDF
EPUB

LE

Spedizioni di Liutprando nell'Esarcato

E LA LETTERA DI GREGORIO III

AL DOGE ORSO

E guerre di Liutprando con i Bizantini in Italia e specialmente la conquista di Ravenna hanno dischiuso da molto tempo agli eruditi un vasto campo di ricerche, non perchè di quegli avvenimenti abbondino le testimonianze autorevoli, ma perchè non era facile determinare l'epoca di ciascun fatto e il valore delle sue fonti. Gli studi recenti hanno diffusa molta luce, soprattutto intorno all'ordine cronologico di quelle vicende, e però ora si può comprenderne con chiarezza il vero svolgimento.

Nella mia dissertazione intorno ai manoscritti e alle fonti della cronaca veneziana del diacono Giovanni (1) ho dovuto trattenermi su due documenti che risguardano quei fatti assai da vicino, cioè sulle due notissime lettere del pontefice Gregorio III al doge Orso e al patriarca Antonino, alle quali ho assegnato come epoca l'anno 734, associandomi

(1) Bullettino dell'Istituto Storico Italiano, n. 9, cap. xxi della dissertazione.

Archivio della R. Società romana di storia patria. Vol. XV. 21

all'autorevole giudizio del Duchesne (1). Ma siccome recentemente è stata impugnata l'autenticità della lettera del pontefice al doge e la data dell'altra è stata riferita al 740 (2), credo opportuno convalidare con nuove ragioni il giudizio che ho espresso nella dissertazione summentovata.

Come è noto, Liutprando, nei primi anni del suo governo, si mostrò molto benevolo verso la Chiesa romana, non solo per secondare il sentimento religioso assai vivo nel suo animo, ma anche per meglio conseguire il fine supremo della sua politica, giacchè voleva distruggere la dominazione bizantina in Italia e ridurre tutta la penisola sotto il suo scettro. I favori da quel monarca largiti ai pontefici si riferirono specialmente ai loro interessi temporali che erano assai complessi, perchè la Chiesa romana possedeva estesi patrimoni, e il suo capo era considerato dagli abitanti del Lazio come il loro efficace patrono anche nell'ordine politico e civile (3). Liutprando appunto donò a Gregorio II i beni patrimoniali che la Chiesa Romana aveva posseduto in altri tempi nelle Alpes Cottiae, vale a dire nella Liguria, ma erano stati confiscati da Rotari dopo la conquista di quel paese (4). Inoltre i

(1) Liber pontificalis Ecclesiae romanae, I, 412, nota 24 (Bibliothique des écoles françaises d'Athènes et de Rome, 2o série).

(2) PINTON, Veneziani e Langobardi a Ravenna (Archivio Veneto, 1889, fasc. 76, pp. 369-384); Le donazioni barbariche ai papi, Roma, Civelli, 1890, pp. 44-51.

(3) Cf. DIEHL, Études sur l'administration byzantine dans l'exarchat de Ravenne (568-751), pp. 321 sgg., Paris, Thorin, 1888 (nella Bibliothèque des écoles françaises d'Athènes et de Rome, fasc. 53).

(4) Liber pontif. ed. cit. I, 398, cap. IV; l'autore della Vita di Gregorio pone il fatto nella quattordicesima indizione, cioè tra il settembre 715 ed il settembre 716. Cf. anche p. 385 e la nota del DUCHESNE intorno alla posizione della provincia delle Alpes Cottiae. Cf. anche PAOLO DIACONO, Historia Langobardorum, lib. II, cap. 16, e lib. VI, cap. 43 (negli Scriptores rerum Langobardicarum et Italicarum nei Monumenta Germaniae historica).

pontefici desideravano che i duchi longobardi non estendessero i loro dominî verso il ducato romano e nemmeno verso l'Esarcato e la Pentapoli, perchè se il territorio di Roma fosse stato rinchiuso da ogni parte dalle conquiste di quei barbari e se in loro mano fosse venuta la strada militare che da Rimini per Perugia, Todi, Amelia, Orte, Gallese e Nepi menava al Lazio (1), il comune di Roma avrebbe corso pericolo di perdere la libertà, di cui in fatto godeva sotto le forme di sudditanza al debole sovrano di Bisanzio. Nei primi anni di Liutprando il duca di Spoleto Faroaldo II (2) assali l'Esarcato e s'impadroni del porto importantissimo di Classe, ma il monarca lo costrinse a restituire la conquista. I Longobardi di Benevento sotto il duca Romoaldo verso quel tempo assalirono e presero Cuma nel ducato greco di Napoli, castello importantissimo, perchè dominava la via Domiziana e con essa l'unica comunicazione che verso Napoli era rimasta a Roma; Romoaldo poco dopo restitui quel castello, e perchè dopo la vittoria una parte del suo esercito era stata distrutta dalle milizie di Napoli e perchè il pontefice gli aveva offerto in compenso della ritirata settanta libbre d'oro (3), ma Liutprando non partecipò all' impresa, perchè il ducato di Benevento da molto tempo effettivamente s'era staccato dal regno longobardo (4) e solo conservava un vincolo ideale di dipendenza dalla corte di Pavia.

(1) Cf. DIEHL, op. cit. pp. 68 sg. Quella via da Perugia metteva nella via Flaminia da due parti, cioè a Scheggia e Tadino.

(2) Cf. BETHMANN e HOLDER-EGGER, Langobardische Regesten nel Neues Archiv, III, 251, pongono nel 723 la fine del ducato di Faroaldo II.

(3) Cf. Liber pontif. I, 400, cap. vп, Gesta episcoporum sanctae Neapolitanae ecclesiae (negli Scriptores rerum Langob. &c.), cap. 36, p. 424; PAOLO DIACONO, Hist. Lang. lib. VI, cap. 40.

(4) Cf. HIRSCH, Il ducato di Benevento sino alla caduta del regno longobardo, trad. di M. Schipa, Torino, Roux, 1890, pp. 69-80. Pinton

Gregorio II alla sua volta, nel principio del suo pontificato, corrispose alla benevolenza di quel monarca, e appunto per fargli cosa assai gradita, converti il vescovado di Forum Iulii (Cividale) in una dignità più elevata che fu il nuovo patriarcato di Aquileia. Sino dal tempo di Agilulfo (1), ai re longobardi dispiaceva che i vescovi delle città della Venezia da loro conquistate fossero sottoposti al metropolita di Grado, suddito bizantino, perchè quel vincolo, in sè stesso spirituale ed ecclesiastico, poteva talvolta essere in contraddizione con la dipendenza di quei prelati dalla corte di Pavia e presso i vinti poteval anche dar luogo a speranze che l'unità politica della provincia fosse ristabilita a vantaggio dell' Impero e venisse spezzato il giogo odiato di quei conquistatori. Perciò Liutprando fece vive istanze a Gregorio per la restituzione del patriarcato d'Aquileia nelle diocesi sottoposte alla dominazione longobarda e il papa appagò in parte il desiderio del monarca (2). Gregorio si mostrò sin d'allora l'accorto diplomatico che negli anni susseguenti seppe trionfare di difficoltà immense, e mentre volle compiacere al re, si guardò bene dal trasportare nella Venezia lon

(Arch. Veneto, loc. cit.) pure ha affermato che Liutprando non ebbe parte all'impresa, ma per altre ragioni le quali avrebbero molto peso, se non fosse inutile pensare ad esse e a qualunque altra causa dal momento che il ducato era allora affatto diviso dal regno di Liutprando.

(1) PAOLO DIACONO, Hist. Lang. lib. IV, cap. 33, e Cronica de singulis patriarchis nove Aquileie, 9 (Cronache veneziane antichissime nei Fonti per la storia d'Italia).

(2) Che l'istituzione del patriarcato d'Aquileia fosse un favore del papa al re e non del re al pontefice, risulta dalle parole stesse con le quali Gregorio II accenna a quel fatto nella lettera al patriarca Sereno (Cronache veneziane antichissime, I, 12): « nam dum << ad cumulum tui honoris precibus eximii filii nostri regis <«< flexi, plurimum etiam pro rectitudine fidei, quam te tuamque « Ecclesiam tenere et amplecti cognovimus, provocati, palleum « tibi direximus »>.

« AnteriorContinuar »