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per cui prendevano aspetti diversi, ora mostrandosi come rendite patrimoniali, ora accostandosi alla qualità di proventi di regalie, ora anche figurando come compenso di servizi resi dallo Stato ai cittadini. Ne dà esempio il pe daggio. Consisteva questo nel diritto di sottoporre a paga mento persone e merci transitanti per una via, per un ponte o per altro luogo determinato; ed aveva perciò il carattere tanto di gabella, quanto di compenso per la spesa della costruzione o manutenzione del luogo di passaggio, quanto ancora di riconoscimento dell'autorità, a favor della quale il pagamento si faceva. La Chiesa aveva tale diritto in parecchi luoghi, essendo, ancora nel secolo XIV, posto per essa il passagerius, l'esattore cioè del pedaggio, a Gallese, a Montefiascone, a Sutri, a Marta, alla badia del Ponte presso Canino, a Proceno pel ponte di Centeno sulla Paglia, a Valentano, a Radicofani, ad Orchia, a Collecasale ed altrove (1). Al passagerius, che prendeva in appalto il pedaggio, il rettore dava un documento, col quale si determinava la durata del suo ufficio, e lo si rivestiva dell'autorità di potere usare i mezzi necessari per la riscossione. Da sua parte il passagerius, sottoponendo tutto il suo patrimonio ad ipoteca generale, si obbligava a pagare, per lo più a rate trimestrali, la somma pattuita (2), di modo che il pedaggio comparisce fra le rendite pubbliche con una valutazione sicura: il passaggio per Acquapendente era determinato a quaranta lire cortonesi (3); quello di Montefiascone dava, nel 1330, quaranta fiorini d'oro (4); le strade delle mole a Nepi fruttavano trentatre fiorini (5); il passaggio di Gallese era

(1) FABRE, op. cit. pp. 5, 12, 14, 15, 17, 20, 66.

(2) Ivi, p. 66.

(3) THEINER, op. cit. I, 491.

(4) Ivi, I, 750.

(3) Ivi, I, 467.

concesso, ancora nel 1352, per centocinquanta lire papaline all'anno (1).

Non sempre però la rendita del pedaggio andava a profitto dell'erario pubblico, chè spesso anzi si univa agli altri proventi del comune, nel cui territorio se ne esercitava il diritto. Ciò talvolta avveniva per concessione, che il comune ne aveva ricevuto. Quello di Civitacastellana, per esempio, ottenne da Gregorio IX che, per il mantenimento di uno squadrone di cavalieri a servigio della Chiesa e per la conservazione di un ponte, potesse su questo imporre il pedaggio di un denaro per ogni uomo e di due per ogni cavallo, fatta eccezione degli ecclesiastici e degli addetti alla curia papale (2). Nel 1351 fece simile domanda il comune di Acquapendente, che nell'anno innanzi molto avea speso pel ponte sulla Paglia, in occasione della venuta dei pellegrini a Roma pel giubileo: e il papa diede facoltà al rettore che, accertatosi prima della verità e della giustizia delle cose esposte, potesse concedere il diritto di pedaggio al comune per un quinquennio, determinando quanto ciascuno doveva pagare, secondo la condizione propria e il valore delle merci trasportate (3). Un terzo pedaggio, sulla medesima strada di Roma, pellegrini e mercanti, eccezione fatta di quei di Orvieto (4), lo trovavano a Montefiascone, che pur fece domanda che ne fosse volta la rendita a vantaggio del comune, e da Giovanni XXII, nel 1330, lo ottenne, pel tempo che a lui fosse piaciuto, ed allo scopo di restaurare le mura cittadine danneggiate da Lodovico il Bavaro (5): la concessione durava ancora ai tempi dell' Albornoz,

(1) THEINER, op. cit. II, 338.

(2) Ivi, I, 182.

(3) Ivi, II, 210.

(4) FUMI, op. cit. p. 232.

(5) THEINER, op. cit. I, 750.

Archivio della R. Società romana di storia patria. Vol. XV.

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e nel registro fatto da questo nel 1364 si vede confermata (1).

Invece che per concessione, il pedaggio era altra volta riscosso dai comuni per proprio diritto, come una conseguenza della giurisdizione che ciascun d'essi esercitava nel proprio distretto. Fino dalla metà del secolo XIII, il pedaggio sul ponte detto della Ripa era diviso a metà fra la Chiesa e il comune di Acquapendente, nel cui territorio quel ponte si trovava (2): Orvieto, per pagare un debito che aveva col priore di S. Nicola in Carcere di Roma, sottopose i suoi cittadini a un pedaggio presso Orte e presso Sutri, ossia sulle strade tra questi luoghi ed Orvieto, per le quali transitava il più dei forestieri e dei mercanti (3): Viterbo, che in molti luoghi, come nel porto di Corneto, godeva esenzione, voleva poi, per le spese occorrenti a tutelare la sicurezza dei viandanti, imporre pedaggio sulla strada, fra le altre, che da Toscanella va a Montefiascone; ma questo gli contrastava tal diritto, e ne sorgevano contese, che ai tempi dell'Albornoz non erano sopite ancora, tanto che nel 1358 il papa gli diede incarico di trovar modo che la questione finalmente venisse composta (4).

L'amministrazione generale delle rendite pubbliche, da qualunque fonte derivassero, era affidata al rettore. Questi doveva provvedere non solo che integro rimanesse quanto nella sua provincia apparteneva al demanio, ripetutamente dichiarato inalienabile dalle costituzioni pontificie (5); ma che ancora nulla si togliesse alla Chiesa di

(1) FABRE, op. cit. p. 8.
(2) THEINER, op. cit. I, 273.
(3) FUMI, op. cit. n. 123.
(4) THEINER, op. cit. II, 334.
(5) Ivi, I, 174.

quanto, per qualsiasi titolo, era dovuto ad essa od ai suoi ufficiali.

In conseguenza, egli non avrebbe potuto, di autorità propria, far concessione alcuna di beni o diritti demaniali, la quale, se fatta, sarebbe stata giuridicamente nulla: nel 1321, infatti, Giovanni XXII pubblicò una costituzione, allo scopo di dichiarar prive di ogni efficacia quelle alienazioni, che egli aveva saputo essere state arbitrariamente fatte da alcuni rettori del Patrimonio in Tuscia a feudatari e a comuni (1). E quando fosse per contrario avvenuto che la Chiesa avesse da estranei subito usurpazione del proprio, al rettore medesimo incombeva l'obbligo di ricuperare ciò che si era perduto, di accertare quanto veniva negato, d'impedire che pericoli di tal sorta potessero rinnovarsi. Per tal motivo, a quanti, fra comuni e signori, tornavano all' obbedienza della Chiesa, il rettore, fra le altre obbligazioni, imponeva pur quella che avrebbero restituito, rispettato, difeso, secondo i casi, tutto ciò che si riconosceva essere appartenenza demaniale (2): così di fatti i numerosi feudatari, che nel 1334 fecero sottomissione al cardinale Albornoz, dovettero, con giuramento dato in Montefiascone al rettore Giordano Orsini, obbligarsi appunto a questo, a non usurpare cioè i diritti e i beni che la Chiesa aveva nel Patrimonio di Tuscia, a restituire nel termine di un mese quanti ne avevano usurpati, e a denunziare al rettore quelli che sapevano trovarsi ancora nel possesso di altri usurpatori (3). E il pontefice stesso s' indirizzava per tali negozi al rettore: Benedetto XII nel 1336 gli ordinò di verificare quali diritti appartenessero realmente nel comune di Onano agli Annibaldi, che ne facevan

(1) THEINER, op. cit. I, 667.

(2) Ivi, I, 317.

(3) FABRE, op. cit. p. 33.

domanda (1), e due anni dopo gli diede, in modo più generale, l'incarico di ricercare e riacquistare alla Chiesa quanto nel Patrimonio erale stato usurpato da signori e comuni (2).

Similmente doveva esser cura del rettore che fosse mantenuto in buono stato il pubblico patrimonio. Degli edifici era a lui affidata la vigilanza, e a lui, infatti, si rivolse Giovanni XXII, tanto quando volle che in Montefiascone si costruisse un'aula propria pel tribunale, solito fin allora a risiedere nella rocca (3), quanto allora che ordinò la restaurazione dell' appartamento papale in Viterbo, che, da lungo tempo abbandonato, minacciava ruina (4).

Per attribuzione pure del suo ufficio, doveva il rettore provvedere che esattamente, nel tempo e nella quantità e qualità, fosse pagata ogni ragione di affitti, di censi, d'imposte. Dalla curia infatti del rettore, ed in suo nome e per suo comando, partivano le lettere circolari pel pagamento del focatico, della tallia militum, della procuratio, per l'offerta della cacciagione, per le legna, per quanto altro era dovuto; intimandosi, in virtù dell'obbedienza da aversi alla Chiesa e colla minaccia di multe e di altre pene per chi non avesse obbedito, che si presentasse o mandasse ciascuno un messo speciale alla curia del rettore, per quivi soddisfare, entro il termine stabilito, alla propria obbligazione (5). Non sempre però era riscosso direttamente dalla Chiesa ciò a cui essa aveva diritto. Spesso i proventi fiscali erano ceduti a persone, che si ponevano di mezzo fra lo Stato e i contribuenti. Tali persone erano talvolta quelle ch

(1) THEINER, op. cit. II, 15.

(2) Ivi, II, 55.

(3) Ivi, I, 665.

(4) Ivi, I, 717.

(5) FABRE, op. cit. par. II, docc. -vn

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