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o cuadrúpedos, o de animales, leones, zorras, un elefante, grifos alados y otras fantasías; todas estas figuras llenas de movimiento y agrupadas con gran espíritu decorativo. Conservan restos de policromía. Miden 2,08 m. de longitud por 0,19 de ancho y 2,14 por 0,18.

La tabla de friso muestra, por igual modo, en figuras siluetadas no más, una fantástica escena de montería, en la que se ve a un guerrero a caballo y un grifo y un antílope luchando, entre bellos ornatos. Mide de longitud 1,95 por 0,25 de ancho.

La analogía de estos relieves con los de las arquetas de marfil y otros productos árabes de los siglos XI al XII son evidentes.

El número de objetos que, por todos los antedichos conceptos, ha ingresado en el Museo durante el año de 1916, es de 1.351.

JOSÉ RAMÓN Mélida.

CANZONI E MADRIGALI

DI LUIS GÓNGORA

Nella storia della letteratura spagnuola non è raro il caso di scrittori anche grandi che non abbiano pubblicato in vita le loro opere. Uno di questi è Luis de Argote y Góngora (1561-1627). Era tanta la sua modestia da far perdere la pazienza agli stessi amici, alcuni dei quali, dopo che egli spirò, il 24 maggio 1627, si rifecero della mal sofferta proibizione e si diedero a pubblicare sollecitamente le poesie dell' «Homero español».

Il primo editore, in ordine di tempo, è Juan López de Vicuña, il quale le stampò in un volume lo stesso anno 1627 a Madrid. Nella lettera dedicatoria al card. Antonio Zapata e nella prefazione pei lettori, ci dà notizie importanti per la conoscenza del carattere del nostro poeta: «Su modestia avverte― fue tanta, viviendo, que llegó a ser el aborrecimiento y desesperacion de los verdaderamente estudiosos: porque casi con pertinacia les defendio la facil y agradable comunicacion de sus obras, de que gozaran, si las permitiera a la estampa.» Lo stesso Vicuña forse fu vittima di tanta modestia: difatti nella sua edizione del 1627 le due approvazioni e il privilegio sono del 15 gennaio e 20-29 febbraio 1620, di sette anni prima, cioè, della morte del poeta, il quale dovè all'ultimo momento proibire la stampa al suo editore. Ma questi non si diede per vinto e attese con la pazienza di chi ama fortemente, finchè potè pubblicare il suo volume tal quale era stato compilato nel 1620; difatti esso non contiene che poesie composte dal poeta sino a quest'anno.

I

Obras en verso del Homero español que recogid Juan de Vicuña. En Madrid, año 1627.

Tutto l'orgoglio del Vicuña era di poter essere compreso tra i veri studiosi del <<primero poeta del mundo», del quale aveva incominciato a raccogliere le opere da un tempo non breve: venti anni. Per questo suo lungo studio e grande amore può farci sapere che il Góngora «nunca guardò original dellas (delle opere); pues quando las poniamos en sus manos, apenas las conocia: tales llegavan despues de aver corrido por muchas copias. Archivo fue dellas la libreria de don Pedro de Cordova y Angulo, cavallero de la orden de Santiago, Ventiquatro, y natural de Cordova. De alli han salido algunos traslados. Muchos versos se echaràn menos, algunos que la modestia del autor no permitiò andar en publico, y otros que en siete años desde el de veinte compuso, en breve se daràn a la estampa con las comedias de Las firmezas de Isabela y El doctor Carlin: la primera, ya impresa, y la segunda, que aun no acabò. Y aun se aumentarà el volumen con los comentos del Polifemo y Soledades que hizo el Licenciado Pedro Díaz de Ribas, luzido ingenio cordoves». Il solerte e un po'ampolloso editore prometteva dunque di continuare la pubblicazione di altre opere del suo caro poeta. Promessa vana. Ma noi dobbiamo sapergli grado della buona volontà per cui tolse primamente dall'ombra uno scrittore che dà il nome a tutt'un'epoca ed è rappresentante di una dinastia poetica

nuova.

Sei anni dopo, don Gonzalo de Hozes y Cordova, concittadino del poeta (i cordovesi, si sa dal Vicuña, erano ben curanti della fama di lui) pubblicò una nuova edizione delle poesie di Góngora 1. Essa ha su quella del Vicuña il vantaggio di contenere un più gran numero di poesie, ed ebbe la fortuna di essere ristampata varie volte (1634, 1648, 1654).

Intanto altra edizione delle opere di Góngora pubblicava don García Salcedo Coronel con un lungo commento, in Madrid 2, l'anno 1645. Nella lettera dedicatoria a don Luis Méndez de Haro anche questo editore si vanta di avere speso molti anni a preparare il suo lavoro intorno alle opere

I

Todas las obras de D. Luis de Gongora en varios poemas recogidos por D. Gonzalo de Hozes y Cordova, natural de la ciudad de Cordova. Dirigidas a D. Francisco Antonio Fernandez de Cordova, Marques de Guadalcazar, ecc. En Madrid, año 1633. L'ediz. del 1654 è dedicata invece a "D. Luis Muriel Salzedo y Valdiviesso" dalla "Congregacion de S. Geronimo, de los Mercaderes de libros de Madrid". L'ediz. del 1633 ha in fronte un bel ritratto del Poeta.

2 'Obras de D. Luis de Gongora, commentate da D. García Salzedo Coronel e dedicate a D. Luis Mendez de Haro, Marqués del Carpio, Conde Duque de Olivares. La 2a parte del 2° tomo contiene le canzoni e i madrigali ed è stampata a Madrid nel 1648. La 1.a parte nel 1644. Le Soledades, commentate dallo stesso Salzedo Coronel e dedicate a D. Juan de Chaves y Mendoza sono in un volume a parte.

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del <<mayor poeta español». «Y despues-dice con enfasi-de aver naufragado diez años en el dudoso mar de las obras de don Luis de Góngora, hallè digno templo en V. E. donde suspendiesse mis votos. Señas son agradecidas, quanta humilde ofrezco à sus aras, oy no menos lisonjeadas de mi religiosa atencion, que de la felice memoria del mayor poeta español, que en este volumen solicita su amparo... A este sagrado, pues, llega el segundo tomo de las obras del insigne y admirable poeta que he procurado librar de las injurias en que las tenia afeadas la desatencion, ò la invidia restituyendo à su verdadera leccion muchos versos defectuosos, añadiendo algunos, que en ninguna edicion han salido, y que se hallan en pocos manuscritos, y excluyendo otros que indignamente se leen por suyos o que por los argumentos no se permiten a la prensa.» Quest' altro editore promette infine il terzo e ultimo volume a compimento di tutta l'opera, ma non potè pubblicare che il secondo, nel 1648, nel quale si lamenta con lo stesso don Luis Méndez della negligenza degli stampatori del primo volume. Non cita la edizioni precedenti alla sua; solo vi accenna, quasi con di sprezzo. Il suo intento sembra abbastanza serio: far conoscere poesie inedite di Góngora; restituire alla vera lezione molti versi difettosi, aggiungendone alcuni che non si trovano in altre edizioni; escludere altri erroneamente attribuiti al poeta. D'altra parte, per giustificare la mancanza di alcuni componimenti, il Coronel dice chiaramente che li ha tralasciati a posta perchè per il loro argomento non era permesso stamparli. In compenso dobbiamo lodare il buon commento che è aggiunto alle poesie. Certo questo editore è stato a torto trascurato da quanti han discorso delle opere di Góngora (F. Fitzmaurice-Kelly e R. Foulché-Delbosc).

Nonostante queste tre stampe quasi contemporanee, gli studiosi hanno ritenuto che le opere di Góngora non possano leggersi con sicurezza, e attendono chi si accinga a un lavoro serio e definitivo. A confermare quest'idea ha contribuito certamente R. Foulché-Delbosc, segnalando e descrivendo un prezioso ms. di Góngora, posseduto dalla Nazionale di Madrid.

Seguendo la Nota dell'ispanista francese (ed. in Revue hispanique, VII, 1900, 454), ho preso a esaminare questo ms., e l'ho collazionato con le tre edizioni suaccennate.

Esso consta di tre bellissimi volumi raccolti da Antonio Chacón, signore di Polvoranca, e dedicati al duca di Sanlucar, conte di Olivarez, il 12 dicembre 1628. Quest'altro editore ci fa sapere che col Góngora ebbe «amis

tad los ultimos años de su vida», e che si accinse all' opera non tanto, per le censure degli emuli del poeta, o per la perdita di molte poesie, o per le ingiuste attribuzioni di parecchie, ma perchè una stampa surretizia avea dato una grande pubblicità a tali ingiurie. Quale questa stampa se non quella del Vicuña, che era apparsa l'anno innanzi, il 27? Certo è strano il fatto che il Vicuña si vanti di aver goduto l' amicizia del Góngora e di aver fatto vedere le poesie raccolte a lui stesso, mentre Chacón asserisce che il poeta fece questo con lui solo. Sarà ciò vero? O bisogna pensare alle solite piccole gelosie di mestiere così comuni fra i letterati... quelli pedanti però? Io penso che la cosa sia andata così. In effetto il Vicuña dovè avvicinare il poeta, al quale faceva vedere e sottoponeva le poesie di lui, e questa relazione potè durare fino al 20; difatti l'approvazione dell'edizione del Vicuña porta, come abbianno detto, la data del 15 gennaio di quest'anno. Poi dovè esserci da parte del poeta la proibizione di pubblicare, poichè egli per la sua modestia, ripetiamo, «llegó a ser la desesperación de los estudiosos», e dovè seguire l'allontanamento del Vicuña da lui. In questi sette anni-«los últimos años de la vida» di Góngora-dal 1620 al 27, Chacón entra nelle buone grazie del poeta (infatti egli ci fa sapere che nel suo lavoro di editore impiegò otto anni, cioè dal 1620 al 28), il quale questa volta potè ben aiutare la buona intenzione del nuovo amico.

Lasciando stare questa questione, vediamo meglio che cosa ci dice Chacón nel presentarci la sua edizione. Scrive con compiacimento personale: «Quando junte todas las [obras] que la diligencia de don Luis, i la mia pudo aquirir en ocho años, quando trabajè con el las emendasse en mi presencia con diferente atencion que solia otras vezes, i quando le pedi me informasse de los casos particulares de algunas cuia inteligencia depende de su noticia, me dixesse los sujetos de todas, i los años en que hizo cada una, solo tuve por fin el interes que mi afficion à estas obras lograva.» Tanta condiscendenza del poeta ad aiutare il suo editore, non sarebbe stata spesa invano. «Forse-insinua questi-don Luis Góngora si mostrava solo con me così generoso per un malcelato sentimento di gloria.» Il Chacón-uomo pieno di orgoglio non meno del Vicuña-della modestia dei poeti non aveva forse un concetto più profondo e più vicino al vero di costui? «A don Luis-osserva finemente-el vaticinio que suele ser tal vez ilustre honor de las musas quiçà le dictava interiormente utilidad propia de gloria esclarecida en concederme por escrito lo que à otro ninguno de sus amigos. Y si el estremo con que don Luis lo quiso parecer mio fue

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