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Mi sembra tutto ciò sufficiente a provare, che le paludi, o stagno, o pantano, de' quali si fa menzione nella Bolla di Gregorio IX., e ne' Comentarj di Pio II. sentivano l' aratro, ed erano coltivati ad uso di orti, e conseguentemente non erano un lago. Per non tediare pertanto il Lettore, tralascio molti altri istrumenti di simili affitti, tanto più, che li sopracitati documenti bastanti sono a farci sapere, che tutte le paludi o pantani di Vallericcia esistevano nelli luoghi denominati le Gazzole, o Quarto del Prato, o della Mola, Salcioni, o Fosso di Vico, e Casaletto. Onde facilmente potremo dedurre la quantità del terreno, che era stagno, o Pantano. Le Gazzole contenevano tre quarte di terreno in circa, come dal riferito istrumento de' 2. ottobre 1628. Li Salcioni, o Fosso di Vico era diviso in due parti, una cioè verso Roma, l'altra verso Napoli. La prima conteneva un rubbio, e mezzo di terreno, come dall' istrumento del notaro Lucidi de' 19. marzo 1692., in cui il principe Chigi affitta rubrum unum cum dimidio circiter, et totum terrenum paludosum posit. in Valle Aricia confinan. cum foveo vici, seu Salcioni, et d. Vallem Romam versus . . . ad usum horti brassicarum, et cæpurum. E la seconda mezzo rubbio come dall' istrumento del medesimo notaro sotto li 21. dello stesso mese ed anno, in cui si dà ad affitto ad usum horti brassicarum, et cæparum totum terrenum paludosum existens in Valle Ariciæ, ut dicitur, alli Salcioni Neapolim versus capacitatis medii rubri circiter. Il Casaletto finalmente conteneva un rubbio di terreno, come da altro istrumento de' 2. ottobre 1695., in cui il medesimo principe Chigi dà in affitto ad usum brassicarum medietatem terreni paludosi in Valle Ariciæ in quarto Casalecti in loco nuncupat. Salcioni Romam versus ... item aliam medietatem d. terreni pariter medii rubri circiter. Sicchè tutto il luogo paludoso era di rubbia tre, e quarte tre di terreno: ed ora più non esiste per mantenersi puliti i fossi antichi, e per esservene stati fatti de' nuovi.

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Finalmente la mancanza d'acque vive in un luogo comodo della Valle dimostra chiaramente, che non vi fosse lago nel sito più basso di essa, che sta quasi nel mezzo; ma sole acque stagnanti dannose agli animali, se di quelle si fossero abbeverati. Quindi sotto li 28. giugno 1686. per istrumento del Lucidi Per mancanza d'acque in Vallericcia, per cui patiscono li bovi, si ordina dal principe D. Agostino Chigi di fabricarvi un fontanile, come fu fatto, prendendo l'acqua alla metà del colle in quel luogo, ove sta dipinta l'immagine di s. Rocco.

Certo è però, che ne' secoli passati la Valle non era mantenuta con quell'accuratezza come a' giorni nostri. Era ella ripiena di vigne e alberi spettanti al barone, e particolari. Da ciò ne veniva, che era trascurata la pulitezza de' fossi. Li principi Savelli acquistarono vigne de' particolari, e li principi Chigi altri terreni, e così ridussero la Valle allo stato, in cui oggi da tutti si ammi.

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Che oltre le vigne vi fossero ancora nella Valle alberi di pioppo o albucci, e di frutti, lo deduco da più istrumenti. Alli 13. aprile 1636. per gli atti dell' Arzani, Gregorio Crescenzi fattore della principessa Savelli, cessit DD. Laurentio Pellegrino... et Stephano Corio . . . omnia jura etc. d. Excline D. quomodolibet competen etc., et quæ habet super ducentis triginta uno petiis lignaminum Albucci existen. in Valle Aricia, et Burchetto. E sotto li 10. decembre 1637. Trojano Genio fattore del card. Savelli diede in affitto a Felice de' Porzi la risposta delli frutti del territorio della Riccia dovuti a S. Emza, e li frutti del largo di Vallericcia.

Questi alberi però furono tutti sbarbicati da' principi Chigi . Infatti sotto li 3. gennaro 1674. per istrumento del Lucidi il principe D. Agostino Chigi vendè ventisette alberi in Vallericcia da cioccarsi, affinchè vi passi l'aratro; e procurò anche egli far acquisto de' terreni rimasti in proprietà de' particolari. Sotto li 15. febbraro 1681. prese egli possesso per altro istrumento del Lucidi, di una canapina in Vallericcia cedutagli in solutum da Prospero Cimarra sita e conspectu novi populeti, seu terreni plantati ad populos per E.S. prædictam prope Molendinum, et in medio terreni d. Vallis erga foveum aquæ. Pentitosi in appresso della piantagione del nuovo pioppeto, sotto li 9. decembre 1695. per gli stessi atti vendè a Girolamo Jacoangeli, e Bernardo Attenni per il prezzo di scudi cento Ottanta totas populos Vallis Aricia posit., et existen. in foveo etc. (exceptis tribus populis veteribus existen. inter pontes fovei prædicti) et in populeto d. Vallis juxta suos notos fines existen. . . . con patto, che in questo primo anno debbano tagliare, e sbrigare gli albucci del fosso per tutto il mese di febbraro prossimo futuro 1696., e non potendolo portar via in d. tempo, debbano scanzarlo, e metterlo in luogo, che non pregiudichi al linaro. Rimaneva ancora una porzione di terreno, o canapina in Vallericcia sotto il dominio diretto della chiesa di s. Pietro dell'Ariccia unita alla mensa del Capitolo d'Albano, e di questa ancora ne fece acquisto il predetto principe sotto li 29. decembre 1688. permutandolo con altro terreno; e sotto li 3. marzo 1689. per gli atti suddetti ne prese possesso. Ed ecco la maniera, con cui li padroni dell' Ariccia si sono impossessati della Valle, da loro spurgata, pulita e ridotta allo stato presente.

Per non tornare di nuovo a discorrere della Valle Aricina giudico opportuno di parlare della sua fertilità, riservandomi a trattare a parte della fertilità dell' agro Aricino. Celebri sono li porri e cavoli Aricini presso gli antichi. De' primi parlano Ovidio (1) e Columella (2); de'secondi Plinio (3). Alcuni hanno scrit

(1) Mittit præcipuos ne.noralis Aricia
porros

In niveo virides stipite cerne comas.
Fast, Lib. 3.

(2) Brutia que tellus, et mater Aricia porri.

(3) Lib. 19. cap. 8.

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che le prerogative delle cipolle Aricine sono oggidì passate nelle cipolle di Nemi, che sono saporitissime. Non vogliamo togliere l'ottima qualità del sapore alle cipolle di Nemi, tanto più che potevano forse li citati autori parlare di quelle, appartenendo allora quell' agro all' Ariccia, perciò detto Nemorense. Crediamo però, che le nostre, eccettuata la dolcezza, non cedano un punto a quelle nella grandezza e bontà. Siamo persuasi ancora, che gli allegati autori parlassero de' porri della Valle Aricina, perchè in essa si è sempre costumata la coltura di quelli, e Plinio discorre de' cavoli di questa valle e non del lago Nemorense. Abbiamo di sopra osservato, che tutto il terreno paludoso della Valle Aricina era piantato ad uso di orti di cipolle e cavoli cappucci e bolognesi; e lo stesso si fa oggidì nelli molti orti, che sono accanto alla Valle. Abbiamo veduto nell' istrumento de' 9. settembre 1633., che oltre gli orti di cipolle e cavoli ne' luoghi paludosi, si servivano dell'acque del fosso questo è il fosso dell'acque del lago di Nemi) per far adacquare gli orti di cipolle. Coltivavansi dunque queste nella maniera, con cui coltivansi oggidì in Nemi. Anzi nell' Ariccia facevasi di quelle il commercio o permuta con altri generi di biade e legumi, come presentemente si usa in Nemi. In un istrumento di Ludovico Pozzi notaro dell'Ariccia sotto li 18. settembre 1606. Alessandro Pulisena, Gio. Battista Papa, Domenico Brugnolo, e Francesco Renzetto dell'Ariccia solenne mente giurano, cioè = Noi tutti d'accordo, eccetto Francesco predetto riferimo, e facciamo piena, ed indubitata fede, qualmente noi nel presente anno 1606. le nostre cipolle, che avemo fatte in Vallericcia l' avemo cambiate alle dodici, cioè un scorzo di grano, e dodici di cipolle, et io Francesco predetto l'ho cambiate alle 15., e a denari noi Francesco e Gio. Battista presenti due giulj per ciascuna quarta di cipolle.

Stimati furono anche presso gli antichi li cavoli della Valle Aricina Plinio fa di essi una minuta descrizione. Dice egli (1) grandissimo essere il loro capo, innumerabili le foglie. Altri sono rotondi (noi li chiamiamo cappucci) altri larghi e spessi (e questi sono detti bolognesi ). Fecondissimi sono questi, e una sola pianta produce più feti tenuissimi, i quali benchè saporitissimi siano, difficili non pertanto sono a cuocersi, come spiega il Facciolati (2). Sono anche a' giorni nostri i cavoli ed altre erbe degli orti contermini alla Valle di ottimo sapore, e ve ne sono in tale abbondanza, che con quelli si provedono Albano e gli altri luoghi

(1) Nuper subiere lacuturres (caules) ex convalle Aricina, ubi quondam fuit la cus, turrisque, quæ remanet, capite prægrandes, folio innumeri. Alii in orbem porrecti, alii in latitudinem torosi. Nec plus ullis capitis post tritianum, cui pe

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dale aliquando conspicitur, nec cyma ullis serior. loc. cit.

(2) Brassica species suavissimæ quidem, sed difficilis in coquendo, Calepin sept. ling. verb.Cyma .

vicini. Questi però non si piantano più nel mezzo della Valle, come abbiam detto di sopra ne' luoghi paludosi, a cagione, che ridonda a maggior vantaggio seminarvi il lino, il grano e altri legumi.

In alcuni siti della Valle vi si seminavano altre volte le cana-. pe, conservando ancora a' tempi nostri il nome di canapine alcuni siti. Ma a questa sementa è stata surrogata quella di lino assai più utile. E' noto, che il lino di Vallericcia è ottimo per la sottigliezza e tenacità, ed è il migliore degli altri lini del Lazio. Nell' anno 1792. dieci libre di lino si sono vendute quindici giulj. Si semina questo nel mese di marzo, e si raccoglie in luglio. Ogni rubbio di terreno rende al principe scudi 68. Egli a suo conto vi fa dare quattro arature, compresa la sementa. Si divide il terreno in più Prese, o Porche, ognuna delle quali è divisa in due parti uguali, che chiamano Spiazzi, e ogni spiazzo è composto di tre solchi di aratro. Se ne seminano un anno per l'altro circa 20. rubbia, e si dividono tra gli Aricini, Albanesi, Genzanesi e quei di Rocca di Papa. Vi accorrono anche, ma in poca quantità, i Romani, quei di Frascati e di Rocca Priora. Nella coltura del lino poco interesse vi hanno gli uomini, i quali altro non fanno, che seminarlo e dar ajuto alle donne in battere il seme. Alle femmine spetta spurgare il terreno da' sassi e erbe vecchie, mondarlo dall' erbe nuove, alzarlo, quando dalle pioggie o venti è colcato o abbassato al suolo, svellerlo o roncarlo, cavarne il seme, macerarlo nell' acque, mancinolarlo e spatolarlo, e finalmente pulirlo, filarlo e tesserlo. E'vero, che la fatica è gravosa, specialmente alle donne di Rocca di Papa, le quali nelle stagioni piovose costrette sono a venire nel mese di maggio e giugno quasi quotidianamente a spurgare il lino dall' erbe, o alzario dalla terra: ma quando la raccolta è abbondante porta seco un gran vantaggio. Poichè vendono porzione del lino per pagare la risposta del terreno, e per provvedersi specialmente le femmine del loro bisognevole, e porzione ne conservano per farne tela per uso proprio. Altro vantaggio porta seco questa industria alle donne Aricine quale è quello di tesserlo, contandosi più di cinquanta telari : e in questi tessono non solo le tele proprie, ma anche la maggior parte di quelle de' convicini luoghi, stimandosi migliore il lavoro fatto dall' Aricine. Raccontavano le nostre madri, che a' tempi loro era molto più abbondante l' annua raccolta del lino ( se ne rammentano ancora i nostri vecchi); e che una Presa, o Porca, cioè la quantità del terreno, in cui si seminano 8., o 9. scorzi di seme di lino, produceva quasi ogni anno 45. decine, o sia 400. libbre di lino; d'onde ne seguiva, che le famiglie povere con una raccolta facevan la dote alle figlie. A' tempi nostri non accade più così. Rarissime sono le raccolte simili a quelle; e sono riputate buone quelle, che di poco sorpassano la metà. Alcuni credono, che la

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Valle

Valle siasi sterilita. Io però Io però ho fatto su ciò molte riflessioni et ricerche. Non nego, che la Valle possa essersi isterilita per la continua coltura e produzione di generi, concedendosi a quella poco riposo. Infatti nel mese di gennaro e febbraro si danno tre arature al terreno da seminarsi a lino: nel mese di marzo si semina; in giugno si raccoglie: da luglio sino ad ottobre si danno tre altre arature e in novembre e decembre vi si semina il

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graDa ciò ne viene, che il terreno della Valle, che è divisa in tre parti, nel primo anno produce il lino, nel secondo il grae nel terzo gli si dà riposo. Potrebbe però questo provenire da altra cagione. Io leggo in un istrumento de' 10. decembre 1622. del notaro Arzani, che molte persone che avevano bovi proprj proprj, si obbligano a favore degli affittuarj dell' Ariccia di fare le maesi ad uso di lino, e grano in Vallericcia, e promettono cominciare a rompere d. terreno ad uso di lino alli 15. del presente mese di decembre, et a quello avergli dato tre arature buone, e recipienti... per tutto il mese di febbraro prossimo futuro, e quello sementarlo poi a beneplacito per tutto marzo = In altro istrumento de' 2. decembre 1624. Francesco Sarnani co' suoi compagni si obligano a favore di Vincenzo Ravizza affittuario dell' Ariccia = di lavorare ad uso di linaro, e grano tutto il quarto di mezzo di Vallericcia ... di far l'opera buona, e recipiente ad uso di buon agricoltore alla mercantile, cioè quattro arature ad uso di lino, e quattro ad uso di grano in suoi debiti tempi, e gli sia lecito a cominciare a rompere alli dieci del presente mese di decembre = Finalmente li 23. novembre 1645. Giovanni Minelli co' suoi compagni si obligarono = di fare, e far fare le maese in Vallericcia nel quarto di mezzo ad uso di linaro, e grano ... nell'anno 1646... conforme al solito con li patti infrascritti. Che debbano dare quattro arature per uso di linaro, e quattro ad uso di grano grano... Item che debbano cominciare a rompere a mezzo decembre prossimo, e darlo imporcato per tutta la prima settimana di marzo... Che debbano fare dd. maese per mercede di scudi otto moneta per rubbio di terra tutte di otto arature = Da questi istrumenti stipolati dall' Arzani si rileva, che il terreno da sementarsi a lino s'incominciava a preparare con l'aratro alli 10. ovvero alli 15. di decembre, e doveva essere compito alla prima settimana di marzo. A tempi nostri s' incomincia in gennaro . Potrebbe forse da ciò nascere, che dandosi al terreno un' aratura consecutiva all' altra, non diasi tempo alla terra di esser fecondata da raggi solari, e da tutte le meteore celesti, e da ciò ne nasca, che la Valle non sia più così fertile, come negli anni andati. Lascio su di ciò la decisione agli agricoltori, ed ai naturalisti.

Abbiamo detto di sopra, che la rendita di questo terreno seminato a lino è molto grande e sorprendente. Non entra però intera nella borsa del padrone. Poichè siccome le donne, che seminano il lino, sono per la maggior parte povere ; così moltissime

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