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gli abitatori) (1) ne venne, che come negli edifici pubblici, nel maestrato, nelle cerimonie di religione decorosi e magnifici erano i Romani, tali addivenissero i Cassinati: nè io congetturo. Mando il leggitore pel Gattola che nella seconda parte delle sue dissertazioni (2) produce moltissime iscrizioni di lapide rinvenute nel territorio di Cassino, nelle quali leggesi come i Cassinati avessero un loro Senato, il corpo de' Decurioni, e Duumviri ministratori di giustizia; Quadrumviri, Decemviri giudici alle private liti; altri ben quattrocento giudici, edili eletti in ciascun quinquennio, e procuratori delle vettovaglie, e Pontefici, e Sacerdoti, ed Auguri. Il numeroso maestrato è pure argomento di moltissimo popolo ; nè a questo avviso combatte lo spedire che fu fatto de' coloni, come diserto di abitatori fosse stato Cassino, perocchè le grandi città o per angustie di terre, o per esuberanza di popolo solevano sgravarsene con mandarne fuori una parte ad abitare altre terre, ove fosse stato più ampio territorio. Strabone (3) ricorda ben tredici città nell'Asia minore e nell'isole del Mediterraneo nate per emigrazioni di greci, stantechè questi cresciuti di numero, e stretti da due mari lonio ed Egeo, non più capivano nella regione avita, e trasandando i confini del paese, traevano altrove in procaccio di nuove sedi. Laonde la missione di quelle colonie ne chiarisce del moltiplicato popolo di Roma, non di poco popolo abitante Cassino. Tuttavia ove noi vogliamo prendere la voce Oppidum,con cui nominarono gli antichi Cassino, in senso di castello, o di terra, non pare questa colonia essere stata grande cosa. Ma egli è nascosto nelle vecchie scritture, solo Roma aver nome di città, Urbs, e qualunque altra, avvegnachè nobilissima città, non di altra voce nominarsi che di oppidum? Non fu famosa (per non dire di altre) quella Segeste in Sicilia? eppure Tullio nella 6.* Verrina disse. Segesta est oppidum pervetus Siciliæ. La qual cosa non da Romana

(1) Florus lib. 1. cap. 2. Curtius lib. 4. cap. 3. Plinio lib. 5. cap. 19. (2) Acces. ad Hist. tom. II.

(3) Lib. 14. pag. 633.

superbia veniva, ma pure dall'uso che gli antichi facevano della voce Oppidum, o che di città, o che di misera terricciuola parlassero e lo disse Cicerone (1) Quamquam locis manuque sepissent, ejusmodi conjunctionem tectorum Oppidum, vel Urbem, appellarunt, delubris distinctum spatiisque comunibus. Nè poi la moltitudine del popolo, la ricchezza de' cittadini, lo splendore degli edifici faceva che città si appellasse una ragunata di case abitate: ben altra fu l'origine della voce Urbs come è bello vedere presso Varrone.(2) Finalmente possiamo conchiudere il discorso di Cassino Colonia colle parole di Gellio, (3) essere stato simulacro ed immagine della maestà del Romano popolo.

Questa illustre città divenne poi Municipio Romano, come appare in una lapida presso Cluverio. (4)

QUINC. IN. MUNICIPIO. SUO. CASINI.

e nell'orazione di Cicerone pro En. Planco. Il Gattola si avvisa, Cassino fosse stato dichiarato Municipio nell' anno di Roma 663 quando per la legge Giulia, dopo la guerra sociale, ebbero le italiche città la cittadinanza Romana come se dal diritto de' suffragi, e del potere esercitare cariche o civili, o sacre in Roma debbasi argomentare il diritto municipale di Cassino. Ma a noi non va a sangue la sentenza dell' erudito Cassinese; perocchè sin dall'anno 441 godeva Cassino della cittadinanza Romana; non essendo stata una delle colonie latine o italiche, ma delle Romane, gli abitanti delle quali erano riputati cittadini Romani, come è chiaro presso Livio (5) che chiama cittadini di Roma quei di Velletri che era colonia Romana. Per la qual cosa non abbiamo prova che ci costringa ad affermare, Cassino essere

(1) Lib. 1. de Rep.

(2) De lin. lat. lib. 4. cap. 32.
(3) XVI 13.

(4) Lib. 3. cap. 8.

(5) VI. 12. VII. 14.

stato dichiarato Municipio nel 663, e meglio giova dire incerto il tempo in che avvenne questo fatto. Sebbene pubblicata dal Gattola, pure è bello rapportare una iscrizione riguardante uno della casa degli Ummidi, tra i Cassinati nobilissimi; la quale meglio chiarirà come i Casinati godessero del Jus honorum nella città di Roma, argomento fermissimo della loro cittadinanza Romana.

C. UMMIDIO.C.F.TER. DURMIO QUADRATO. COS. XV. VIR. S. F. LEG. TI. CAESARIS. AUG. PROV. LUSIT. LEG. DIVI. CLAUDI. IN. ILLYRICO. EJUSD. ET. NERONIS. CAESARIS. AUG. IN. SYRIA. PROCOS. PROVINC. CYPRI. Q. DIVI. AUG. ET. TI. CAESARIS. AUG. AED. CUR. PR. AER. X. VIR. STILIT. JUD. CURAT. TABULAR. PUBLICAR. PRAEF. FRUM. DANTI. Ex. S.C.

Benissimo rispondevano al decoro della cittadina governazione, all'antichità di origine di Cassino, i pubblici edificî, gli avanzi de' quali sono testimonî a' di nostri della ricchezza, de' gentili costumi de' Casinati. Un anfiteatro è ancora in piedi, il quale ove non il martellare del tempo, ma le furie delle guerre non avesse in alcuna parte guasto, ora lo si vedrebbe intero: tanto magistero di arte, e sceltezza di mezzi vi adoperarono a levarlo! Ummidia faceva costruire del suo questo anfiteatro col tempio ai Casinati. È una lapida presso l'Archivio Cassinese che lo dimostra. Ummidia C. F. Quadratilla Anphiteatrum, et Templum Casinatibus sua pecunia fecit. E a far voti che quel pochissimo di terra che ne copre l'arena venga, quando che sia, rimossa da qualche amatore della veneranda antichità, ed io porto certezza, che il molto che potrebbe rinvenirsi di lapide, o di altri antichi monumenti lo rinfrancherebbe di cento tanti della misera quantità di biade che se ne ricava. Sono anche su per la costa del monte gli avanzi del teatro, di acquedotti, opera

del tutto Romana, ed un magnifico sepolcro, che altri malamente si avvisò essere tempio, il quale, interissimo com'è, mette grande maraviglia per solidissima costruzione di mura formate di grossissime pietre calcari, non unite e fermate da cemento; dalla quale fattura, e dalla nessuna decorazione interna di basi e trabeazioni potrebbe dirsi quell' edificio opera Etrusca anzi che nò. Nè credo essere stata ultima cagione dello splendore e magnificenza de Cassinati edifici il molto numero de' Romani, che accorrevano alla città loro tratti dalla dolcezza e temperanza dell'aere, e dal bellissimo territorio che Tullio nell'aringa contro Rullo (1) appellò ottimo e fruttuosissimo, e Silio Italico (2) lo disse abitato da Ninfe, dal rompere che gli fanno nel seno cento vene di freschissime acque, che poi in varî rivoli lo corrono. Quelle tre facili collinette che sorgono alla manca sponda del Rapido accolsero all'ombra dei loro pioppeti quel dottissimo de' Romani M. Verrone, il quale vi teneva una sua villa, di cui non so se sia mai stata altra più bella e dilettevole: giova leggere quello che ne dice esso Varrone (3). In questa beata stanza, al dir di Tullio, (4) apriva quel sapiente lo spirito ad ogni maniera di studì, e ne faceva quasi tempio alle Muse. Poi ne venne M. Antonio possessore, che l'ebbe profanata e sozzata di bagordi, e tramutolla in bordello... Ab hac religionum perturbatione advolas in M. Varronis sanctissimi ac integerrimi viri fundum Casinatem..... At quam multos dies in ea villa turpissime es perbacchatus. Ab hora tertia bibebatur, ludebatur, vomebatur. O tecta ipsa misera, quam dispari domino! (quamquam quomodo iste dominus?) Studiorum enim suorum M. Varro voluit esse illum non libidinum diversorium. Quæ in illa villa ante dicebantur ? quæ cogitabantur? quæ litteris mandabantur? Santa e famosa sede

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era dunque quella villa Varroniana presso Cassino, la pro fanazione di cui scaldò di tanto sdegno il petto del terribile oratore.

Io non so, nè è facile argomentarlo, quando una tanta città figlia nobilissima della madre Roma toccasse quell'ultima rovina, che ridusscia a condizioni di misera terricciuola, quale nominolla S. Gregorio nel sesto secolo. Certo è per altro che l'eccidio patito da Roma negli anni 455, 472, 546, 549, fu arrecato da Genserico, da Ricimero, e Totila in tutta la regione cistiberina, ed in quel torno di anni rovinò quella città. E qui cade in acconcio emendare il fallo del Comerci napoletano, il quale nel vocabolario universale della lingua latina da lui compilato (Napoli 1829) alla voce Casinum scrive: « Casino or S. Germano castello de Volsci nel Lazio appiè del << monte che anticamente chiamavasi Castrum Casinum oggi << Monte-Cassino ». Non il monte, ma la città rovinata fù detta Castrum ai tempi di S. Gregorio. La quale terra di Cassino, mutato il nome in quello di S. Pietro a Monastero nell'ottavo secolo, come si è narrato in questo libro,era in piedi nel secolo decimoquarto, apparendo chiaro da un diploma di re Ladislao pubblicato dal Gattola, scritto a favore della vecchia Cassino appellata in quel tempo S. Pietro a Monastero; ed esisteva con essa S. Germano fin dal nono sccolo, poco lungi dal territorio suo su la costa boreale del monte. Laonde nè il monte fu detto Castrum, nè Cassino fu tramutato in S. Germano.

B.

Nel catalogo degli abati Cassinesi di Pietro Diacono che trovo nel codice MS. segnato 247, pag. 14, si legge. Casinense Cœnobium B. Benedicti construitur anno Dominica Incarnationis 529: Nella cronica Salisburgese presso il Pez. (1) all'anno 528; S. Benedictus fundat monasterium

(1) Rer. Austriac. Script. Tom. I. pag. 329.

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