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ma bensì colle convinzioni, che dovevano ingenerarsi negli animi, della santità della Religione e de'ministri di lei; era mestieri, che alcuni fossero nella Chiesa, i quali meno colle parole che colle opere ritraessero que' beatissimi tempi apostolici. Questi appunto furono in Occidente i monaci di S. Benedetto. Non fu tardo il bene che derivò alla società dalle compagnie di loro. La vista di alcuni uomini che si gittavano dietro le spalle le ricchezze, che volenti se ne privavano per amor di Dio, anzichè accrescerle colla rapina; che si univano per vincolo di leggi e per fraterna carità, e che per questo godevano della pace, mentre al di fuori delle Badie non era che guerra e turbamento; fece avvisati i barbari di molte leggi morali, che nell'impeto delle invasioni non ricordavano. Il dispregio delle ricchezze de' monaci feceli maravigliare, e nella maraviglia cominciò ad apparir loro deforme ed ingiusto l'accrescimento del proprio coll' altrui per la forza. La pace de' chiostri, frutto delle leggi, piacque loro, e cominciarono a chiarirsi, che la prepotenza e la forza come faceva infortunati quelli che n'erano vittime, non faceva sicuri quelli che l'adoperavano senza le leggi. In una parola, si raumiliarono que' spiriti selvaggi sotto il giogo della Religione, che loro dolcemente imponeva l'esempio de' monaci. Que' barbari che vennero guastatori di ogni umana e divina cosa, apparvero al tutto rimutati in altra natura; entrarono devoti le quete Badie che innanzi avevano abbruciate, e vi adorarono il Dio della pace e della carità; rapitori dello altrui, divennero donatori del proprio a Dio e ai Santi. Così la Religione nei chiostri di S. Benedetto come in sicuro luogo indirizzava i popoli a civiltà.

Intanto la Chiesa generalmente, ed in particolare i Pontefici, ponendo opera più immediata a fare umani i costumi de' barbari, riceveva un bel rincalzo dalla santità de'monaci. Questa fu novella vita che corse per le membra della Chiesa, ed i capi di lei, cioè i Pontefici, perchè confidenti in quelli eletti drappelli, più poderosi affrontarono la barbarie. In que'

tempi gli anatemi non sarebbero valuti ad infrenare la cupidità e la ferocia, ove gli uomini non avessero attinto ne' chiostri la idea di una santa religione che poneva quelle armi spirituali in mano dei papi.

Ma mentre il clero durava nella grande impresa, intese ad un tratto venirgli meno la forza, e combattendo il vizio e l'ignoranza, infermò egli stesso di questi mali, quando per simonia e concubinato invilì, e soggiacque alle potestà della terra. Allora i monaci benedettini escirono dai chiostri a singolare rimedio non solo della Chiesa, ma bensì della società civile: e fu visto come S. Gregorio VII S. Pier Damiano S. Bernardo la rilevassero da quello invilimento, la purgassero e la tornassero al governo della civile compagnia. La vita di questi tre stupendi uomini basterebbe solo a chiarire quello che vado affermando de' monaci. Adunque considerando al grande e benefico ministero esercitato dalla Chiesa nel medio evo, a' suoi svariati casi, ed all' alimento di morale virtù che le venne dal monachismo, conseguita, che questo è a riguardare come principale strumento di che usò la Chiesa a rattemprare la baldezza di fanciulle generazioni.

Ma come, innanzi venissero i monaci ai pubblici negozî, crano stati arricchiti dalle pietose oblazioni de' barbari convertiti alla fede, così vennero dappoi onorati delle dignità della Chiesa, perchè questa ne aveva mestieri, e perchè voleva rimeritarli de' servigi di loro. Molti i Papi benedettini, moltissimi i vescovi; anzi gli abati per privilegi papali tolti dalla soggezione degli altri vescovi, occuparono nella Chiesa un seggio distinto, e direi che venissero più potenti degli stessi vescovi, essendo essi come baluardo alla potestà dei papi, a tenere in rispetto quella de' vescovi.

Dalle cose anzidette appare, come il monachismo s'avesse avuto un doppio periodo di esistenza, il primo di puro ascetismo, il secondo di calda opera: in entrambi benefico alla Chiesa ed ai popoli, in entrambi beneficato di ricchezze e di onori. Non v' ha dubbio, che la rimunerazione istessa fu il

germe onde nacque lo scadimento morale del monachismo; ma era una rimunerazione necessaria alla Chiesa ed allo Stato. I popoli barbari di fresco venuti alla fede volevano uno sfogo alla pietà di loro, e l'ebbero in quelle pie largizioni, che fruttarono allo stato l'incremento della agricoltura operato dai monaci. La Chiesa tribolata dalla simonia e dal concubinato voleva ministri incorrotti, e si fidò tutta ai monaci ; e questi soccorrendo alla Chiesa, si trovarono levati a cima di dignità e di onori. Se adunque i monaci infermarono anche essi di qualche vizio, non è a gridare loro contra così aspramente come fecero i volteriani che volevano giudicare del medio evo cogli occhi volti al secolo XVIII, contenti di aver fatto ridere con qualche epigrammetto. Ma i vizî de' monaci di quel tempo sono a compiangersi, come le ferite nel corpo di guerriero che fortemente ha combattuto.

Peraltro allorchè i monaci di S. Benedetto arricchirono, e furono tratti agli onori, e cominciarono a dilungarsi dalla prima santità di vila, se furono a compiangersi per qualche vizio, furono anche a lodarsi per molte virtù benefiche allo Stato, le quali io trovo in quello appunto, in cui taluni non trovarono ombra di bene, dico nella feudalità. E perchè non sembri strano il mio avviso, è mestieri volgere la mente alla origine di questa maniera di governo, e vedere come fosse varia ne'suoi effetti in mano de' laici e de' monaci.

Considerando alle condizioni de'barbari che irruppero nel Romano impero, della irruzione che fecero, e dei popoli che trovarono nelle terre invase, è chiaro, la feudalità non essere forma di governo vecchia tra i popoli di tramontana, e per loro introdotta nel rimanente dell'Europa, ma bensì nata dalle anzidette condizioni. Da quella legge di natura la quale spinge gli uomini ad una continua mutazione di stato, o che progrediscano al bene, o che si accostino al male, sono da derivare quelle emigrazioni di popoli, delle quali non di rado parla la storia del genere umano.Tuttavolta non sono sempre le stesse le cagioni immediate, per cui gli uomini si assog

gettano a questa costante disposizione della natura; la quale è manifesta si nel trabboccamento de' barbari nel medio evo, come in qualunque altra trasmigrazione di popolo ; ma quello differisce da questa per peculiari cagioni che la produssero. L'accrescimento delle generazioni accrescendo la povertà del suolo che abitavano, spinse alle porte del Romano impero i barbari: non potevano cessarsi perchè erano fiacchi i propulsanti; non potevano fermarsi, perchè le leggi di natura, per cui le famiglie umane debbono rimanersi in quella economia di sito e di numero in che furono locate dal tempo della creazione, non si distruggono colle armi e colle battaglie. Io non so quale fosse stato il codice delle leggi, quale la forma del governo di loro; ma qualunque legge e governo fosse stato, non poteva più esistere quando i popoli barbari erano giunti a quel periodo di loro esistenza, in cui potentemente agitati, e direi quasi incalzati da natura, perdevano ogni attitudine a soggiacere alle leggi umane. Adunque erano ferocissimi e procellosi come il bisogno che sentivano.

La natura della invasione doveva essere quella degl' invadenti. Quella non era una guerra che i popoli del settentrione rompevano ai Romani, non era un conquisto cui muovevano, poichè nè di guerra nè di conquisto i segni appaiono nella irruzione de' barbari; non erano principi che conducevano eserciti a dilatare loro stati, ma erano popoli che volevano terra ad abitare. Perciò scomposto il moto, nessuna forza pubblica, tutta forza individuale; e sebbene uno era lo scopo cui mirava l'intero popolo, vari erano gl' interessi come era varia la forza di ciascuno. Infatti tostochè occuparono le romane terre, non furono leggi agrarie, ma vi stettero buona pezza ondeggianti e commossi dal primo moto della

invasione.

I Romani, ed i barbari erano due popoli che trovavansi nello stesso periodo di esistenza: entrambi lontani da civiltà, l'uno per troppa giovinezza, l'altro per decrepitezza, l'uno feroce, l'altro corrotto; ma la ferocia ed il corrompimento li

faceva simili in quanto al punto donde erano per muovere a tendere a morale e civile perfezione. Laonde se è sempre mutazione tra gli uomini, e se v' ha un limite nelle cose delle nazioni di estrema elevazione e di estremo abbassamento, e barbari e Romani, poichè avevano toccato il periodo ultimo del morale abbassamento, dovevano offerire in se stessi i segni di una natura invilita, ma che tende a perfezionarsi. Ma quale de' due popoli doveva primo muovere all' immegliamento morale, e fare il primo passo verso la ricomposizione civile? I Barbari: poichè oltre che popolo vergine sia più robusto al progresso, di quello che sia popolo corrotto e vecchissimo che era venuto in basso dopo avere attinta la cima di ogni civiltà, ne troviamo la cagione ne' bisogni che provava il primo dopo avere occupate le terre del Romano impero. Sebbene, come fu detto, i barbari fossero venuti alla sbrigliata ad occupare l'altrui, tuttavolta non potevano durare nelle stesse condizioni di scompiglio e di disordine, per conservare l'occupato. Erano domi ed oppressi i Romani, ma riluttanti ; e se essi barbari irruppero nell'impero, altri barbari vi potevano irrompere, e spostarli: da ciò nacque il bisogno di tutelare il proprio. E poichè non era unità, ed erano dissociati per difetto di pubblica forza, la forza individuale fu quella che consigliò la forma di governo da scegliersi ; e quindi i più forti e valorosi uomini furono i capi, perchè più acconci al bisogno. Intorno a costoro si assembrò il popolo, ad essi prestò servigio a premio della difesa che prendevano di loro; e sebbene fosse unità di capo nel popolo, non fu unità di assembramento, per la moltitudine de' capi, i quali se deboli erano, dipendevano dalla comune autorità, se forti ribellavano, e perciò erano sempre pericolosi nemici della civile armonia: e questi erano i signori feudali. La feudalità in sul nascere fruttò un doppio bene, l'assembramento degli uomini sgominati e dispersi, ed un'impedimento ad una stemperata monarchia; adunque fu un germe di futuro incivilimento.

Allorchè Carlo Magno venne a togliere ai Longobardi

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