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hanno una grazia ed una bellezza tutta raffaellesca. Ove sono queste lettere storiate, tutto il margine della pagina si adorna di un fondo d'oro o di altro colore, sul quale sono dipinte foglie e fiori, che varie di colori s'intrecciano con artifizio stupendo, spesso fermate da gemme o da perle, o da una maschera, e poi disciolte, vanno attorno a qualche bianco cameo su fondo nero od azzurro, o a qualche immagine di santo. Questa maniera di dipingere con colori a tempera su le membrane era antichissima, e non mai disusata; di sorte che nei tristissimi tempi della barbarie i soli manoscritti adorni di tale genere di dipinture, offrono i documenti necessarî alla continuazione della storia della pittura. Nel XV secolo fu adoperata con maggior cura, e fu dato ai colori, che prima erano leggerissimi, maggior corpo e vivezza. Si usarono i fondi, mentre innanzi dalla bianchezza della pergamena si cavava partito per i chiari. Ma proprio nel XVI secolo questo genere di pittura fu recato a cima di perfezione da Giulio Clovio, che non ha più avuto pari nel miniare. In questo tempo furono dipinti gli anzidetti messali Cassinesi, i quali sebbene anteriori alle opere del Clovio, pure v'ha in essi un impasto ed una solidità di colori, che accenna ai più belli dipinti di quel canonico. Specialmente nelle carni vi è tono franco, ma senza asprezza, dolcissime le gradazioni de' chiaro-scuri senza quel punteggiare che da altri fu molto usato. Duolmi davvero, che ne' passati tempi poco tennero in pregio quelle lamine e que' chiodi di bronzo che fermavano la copertura de' libri, tutta di pelli, sulle quali erano impressi de' vaghissimi ornati. Vollero rilegarli, e mutarono le belle coperture. Ne avanza alcuno tale come fu condizionato nel XVI secolo, che mi fa lamentare il danno degli altri.

Mentre abate Ignazio intendeva alle anzidette opere, morivasene papa Giulio II; ed avendo fitta nell'anima una promessa del cardinale Giovanni de' Medici, che ove salisse il seggio di S. Pietro avrebbe assoluti i Cassinesi dal pagargli i 4,000 ducati d'oro, i quattrocento rubi di orzo, e le mille

libbre di cera, non è a dire se tenesse l'animo inquieto sul successore di Giulio. I cieli gli arrisero: Giovanni fu creato papa col nome di Leone X. L'abate mosse subito per Roma, e gli si fece innanzi gratulandosi della sua elevazione, e facendogli calda commemorazione della promessa scritta ne' capitoli di convenzione. Leone lo accolse benissimo, e non fu tardo a contentarlo di quella assoluzione di annuo censo, sebbene avesse dovuto innanzi raccogliere le opinioni dei cardinali (1). Conciossiacchè stando i padri in Conclave per creare un successore a papa Giulio, erano convenuti in comune sentenza, che quello fra loro il quale sarebbe stato papa, innanzi essere pubblicato, rinunciasse a pro dei confratelli cardinali tutt'i benefizî ecclesiastici, che aveva goduti fino a quel tempo. Da questo consentimento nasceva, che i ducati, l'orzo e la cera, dolorosa memoria delle commende, fatto papa il Medici, cadesse nelle mani dei porporati. Ma l'autorità papale, e la promessa fatta innanzi la convenzione de' cardinali portò il negozio a buon porto, con immenso piacere de' Cassinesi (2). Leone con pubblica scrittura sciolse del tributo i Cassinesi obbligandoli però a dare annuale pensione di seicento ducati d'oro a Niccolò Pandolfino vescovo di Pistoja, ed altrettanto a Gio: Luzzo Sarapico suo cameriere. Questi, ricordando il tempo in cui la Badia ottenuta in commenda gli aveva reso comodo e splendido il vivere, venuto pontefice, le portò sempre grandissimo amore, e adoperò in modo, da togliere ogni memoria della patita amministrazione commendataria. Restavano ancora alcuni, i quali o dal pontefice o dal commendatario investiti, si godevano molte prepositure Cassinesi a titolo di benefizio ecclesiastico, e se non veniva la morte, non era altro modo a cacciarli di posto. A papa Leone non piacevano costoro, ma non poteva spogliarli de' benefizî : decretò in una bolla, (3) morto alcuno di questi, le preposi(1) Petrucc.

(2) Hist. 643.- Cron. Petruc.
(3) Hist. 64.3.

ture tornassero ai monaci, o colla promessa di una pensione a vita, si confortassero alla rinunzia de' benefizi. Voleva Leone che si accrescesse il censo badiale, per condurre a termine le belle opere intraprese da Squarcialupi, e per farne altre, a benefizio delle arti, ed a decoro del monistero.

La pace goduta dai Cassinesi sotto il governo di Squarcialupi, protetti da papa Leone e dalla corte di Spagna, fu intorbidata, quando la seconda volta Ignazio venne alla moderazione della Badia. (1521) (1) Da che i monaci cominciarono ad esercitare giurisdizione laicale su la città di S. Germano, e le altre castella del patrimonio di S. Benedetto, come avveniva in tutti gli altri stati feudali, i soggetti vassalli vivevano assai scontenti, pronti ai moti; ed ove questi fallivano ai loro disegni d'indipendenza, accendevano sempre più l'odio verso il signore, ed il desiderio di francarsi. Sotto i commendatarì le loro condizioni non si erano mutate, tuttavolta il giogo commendatario pareva meno pesante del badiale, tra perchè questo era più antico, (e noi siamo portati alle nuove cose senza guardare al meglio) e tra perchè i commendatarî erano lontani. Cessate le commende, e tornati gli abati monaci, avrebbero scrollato alcun poco il capo, ma li tenevano fermi gli abati, ajutati da papa Leone: quando questi se ne morì, non si polettero più rattenere, ed agli odi antichi sciolsero il freno. Ai moti che seguirono era anche cagione un generale affievolimento del potere feudale, che veniva assorbito dalla immensa monarchia di Carlo V imperadore, il quale non volle più i feudi come piante, che spesso divenivano parasite e dannevoli al tronco della sovranità assoluta, ma come rami che ricevevano l'alimento da quello. Non dico che finirono i feudi; ma dico che cessarono di comunicare la loro indole ai tempi, venendo informati dalla monarchia, come altri tempi venturi potrebbero informarsi di altro; essendo queste le vicissitudini delle umane cose.

(1) Collect. Mirab. MS. - Petrucc. Chron. MS.. Medici MS.

TOM. III.

17

Sparsa la voce della morte di Leone, avvenuta il primo giorno di Dicembre, risaputasi in S. Germano il secondo di di questo mese, e versando in Roma per non so quali bisogne abate Ignazio, i Sangermanesi pensarono commuoversi ad aperta ribellione. Pier Luigi Somma con altri nobili del paese, cioè Costantino Peronio, Fabio di Jacopo de Marco, Sebastiano Marsella, Benedetto Mazzaperozio, Arduino Benedetto de Quadragesima, Bernardinello di Bergamasco, Diomede Marsella si misero al fermo di condurre questo negozio. Era scopo dell'opera la fine del vassallaggio, mezzi il popolo e la rapina, velo al fatto la fede all'imperadore Carlo. Costoro si sparsero tra i popolani susurrando loro all'orecchio parole di libertà, di sollevamenti, di opportunità di tempo, di sicurezza di effetto. Tutti assentirono, alcuni operarono, altri se ne stettero, ma plaudenti ai commossi. Al cadere del quarto di di Dicembre, levato il rumore nella città, i capi della congiura con altri compagni armati vennero al palazzo badiale, e sfasciate le porte, misero in fuga i monaci che vi erano, e d'ogni cosa s'impadronirono. Questo fu il segnale della ribellione, che fu benissimo accolto non solo da' cittadini, ma anche da quelli del contado e delle terre vicine, sendosi ben diramate all'intorno le fila di quella macchinazione. La notte che segui fu molto inquieta: si agitavano i Sangermanesi, accorrevano quelli di fuori, e con iscomposto moto si dettero a predare ogni masserizia del monistero. Il di vegnente, come fu giorno, fu inteso suonare a stormo la campana, e incotanente una grande moltitudine di uomini armati si mise a seguire una insegna levata, che con molte grida andarono a piantare su Rocca Janula. Il priore Fortunato da Novara che vedeva e sentiva dal monistero quello che avveniva nella commossa città, s'avvisò quetare quegli uomini infelloniti, innanzi rompessero in fatti più disperati contro la Badia, inviando loro una ambasceria di monaci. Ma le armi si erano già impugnale per rabbia, nè si lasciavano per dolci e dimesse parole: perciò gl'inviati neppur si acco

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