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in cui avrebbe avuto il dipintore un bel destro a rappresentare molte passioni dell'animo, come di maraviglia nelle turbe, di venerazione nel riconoscimento della divinità di Cristo, per quel miracolo, e di una compiacenza negli Apostoli nel vedere il loro maestro manifestarsi qual'era, figlio di Dio. Ma quello anacronismo, colpa di chi volle il quadro non del pittore, del S. Benedetto che dispensa nello stesso deserto pane simbolico, tolse l'unità dell'azione, sviò la mente dell'autore dall'esprimere ne' gruppi quelle passioni, che ritraggono origine dalla natura del fatto operato dal soggetto principale del quadro. Laonde quell'accorrere di molto popolo ai due dispensatori di pane, non leva la mente a nobiltà di azione, ma la deprime coll'idea che desta di fiera o mercato. La quale immagine subito ti si para all'animo, stante che i Bassani espertissimi ritrattori di queste scene di piazza e di contado, naturalmente piegarono lo stile a questa maniera di rappresentazioni. Ma di questo peccato non sono da accagionarsi i pittori, bensì gli allogatori del quadro.

La figura che al primo arrivare arresta l'occhio del riguardante è quella del S. Benedetto, che, piena la sinistra mano di pane, colla destra lo porge a varî monaci che gli fanno pressa per prenderlo, ed è come circondato da questi, da due monache e due cavalieri, uno de' quali gli è innanzi ginocchione, e con santa improntitudine colla mano levata in alto, lo cerca di quel pane della Regola. Questo è gruppo principale che tiene il primo piano del quadro, ai lati del quale e uomini e femmine di vario stato sono in atto di andare al Santo. E questa è come una parte del dipinto, che pare non abbia legame coll'altra in cui è Cristo che si tira altorno moltissima gente. Alle spalle di S. Benedetto rilevasi il suolo, e va a finire a mò di colle, la cima di cui tiene il Salvatore; perciò tutta la turba che trae a quella vetta. rende alla composizione forma piramidale, cui è base il gruppo del S. Benedetto cogli accessorì. Cristo, che col braccio in alto benedice i pesci, moltiplicati i pani, e gli Apostoli sono

tutti raccolti all'ombra di alcuni alberi, e di un bel drappo di velluto, che su di quelli è acconciato a mò di padiglione. Essendo il campo della tela rettangolare, e levandosi come piramide tutta la composizione delle figure per venire a Cristo, ne'due spazi che rimanevano ai due lati, i Bassano rappresentarono in uno la Badia di Monte-Cassino, tale quale era a que' tempi, ed un pontefice che con isplendida comitive vi arriva incontrato da' monaci ; e nell'altro la grotta di Subiaco in cui è S. Benedetto penitente, che riceve da vivere dal romito S. Romano. Ed in questi due episodî, se pure vogliamo così addimandarli, non avendo relazione di sorte coll'azione principale, trovo nel S. Benedetto penitente gli umili principi dell'ordine Benedettino, ed in que'monaci visitati dal pontefice l'altissimo stato a cui venne in processo di tempo. Bello è il paese, del quale i Bassani erano peritissimi ritrattori. Que' monti lontani, quel cielo, e queste piccole figure sono condotte con molto magistero di tinte, e soccorrono al difetto di prospettiva, che avrebbe patito quella moltitudine di gente, non entrante, ma rilevantesi per salire al colle.

Se io ora volessi dire convenientemente della verità dei colori, della naturalezza nelle svariate robe che indossano le figure, e della eccellenza delle teste, delle quali moltissime sono ritratti dal vero, avrei mestieri di ben altra notizia delle arti, che non ho, e di sufficienti parole. In mezzo a tanta moltitudine di teste quella di Cristo e del S. Benedetto prima ti si parano, e ti sforzano lo sguardo a non vagare sulle altre. E sebbene altre siano, che, come queste, attingano cima di perfezione, pure sono illuminate d'una luce che le fa quasi corruscare di celestiale splendore. Quella del S. Benedetto specialmente per la verità della carne è opera stupenda, che la direi escita dalle mani del Tiziano, se non sapessi che fosse cosa del Bassano. Al lato sinistro del S. Benedetto è un cavaliere con doppia catenella al collo, che volge il capo e fa vedere la faccia, la quale ha tanta vita ed evidenza di

forme, che sola non vergognerebbe innanzi ai ritratti che il Pordenone fece di se e della sua famiglia. Leandro creato cavaliere dal Doge Grimani, e che si teneva in punto di gran signore, in queste figure ritrasse se stesso. A diritta di chi guarda è all'estremo del quadro l'acerbo eresiarca Calvino in nera veste, e con nero cappello; i bruni arnesi accrescono il pallore della sua faccia; e mi penso che fosse accorgimento del pittore menare alla vista della prodigiosa moltiplicazione de' pani il contradittore al dogma della transustanziazione, come per chiarirlo, che colui il quale bastava ad operare un si grande miracolo, sarebbe anche bastato a tramutare il pane nelle sue carni. Infatti gli ha messo allato un uomo,che col braccio sporto gli addita Cristo sul monte, e volto a lui pare che lo garrisca della sua incredulità. Quante sono teste nel primo piano del quadro sono tutte ritratte dal vero, e colui che sa quanto magistero si avesse Leandro ne' ritratti, potrà facilmente immaginare della bellezza di quelle. Tra le figure intere è una donna assisa che tiene al petto il suo figlio, ed altra in piedi che volge le spalle ai riguardanti, col figlio in braccio, e fa vedere il bel profilo del suo volto. Queste due figure muliebri sono condotte alla maniera di Paolo Veronese con tutta quella espressione veneta di cui questi era conoscitore profondo.

Il genere di pittura che coltivò Jacopo e tutta la scuola dei Bassano dei ritratti, del paese, delle scene domestiche e campestri, non offeriva il destro di grandeggiare nelle composizioni, e fare mostra di notomia. Tuttavolta in questo dipinto trovo, non solo i fratelli Bassano essersi dilungati dal costume del padre di tenersi alle piccole proporzioni, col ritrarre le figure anche più grandi del naturale; ma vollero mostrarsi intelligenti del nudo, e ragionevoli a ritrarlo. Ne è bello argomento quel vecchio che vedesi nel primo piano del quadro, a destra, nudo del petto e della spalla, e quell'uomo, che gli è vicino cogli omeri scoperti, i quali sono dipinti con molta forza, e sanno del Buonarroti. Che dirò poi dello stupendo artifizio con che sono dipinte le varie stoffe di che son

vestite quelle figure? Oso dire, nè dubito che me ne venga biasimo, questo dipinto bastarebbe a chiarire non solo del magistero de' Bassani, ma di tutta la veneta scuola nel ritrarre le diverse sorti de' drappi. Quel padiglione di velluto cremisino ramnodato agli alberi, quella giubba di raso bianco che indossa il donzello che porta sul pugno un falco, non credo possano di più accostarsi a natura. Ma se per la naturale lucentezza che hanno queste sorti di stoffe, tornava facile al pittore ritrarle, difficile opera si fu rapportare il bianco saio, che indossa quel monaco che mettesi ginocchioni innanzi a S. Benedetto, ch'è morto e non riluce nel rilevare delle pieghe. Eppure il Bassano lo imitò a maraviglia; e se non vado errato, col gittare una leggerissima tinta sul color secco, di cui non penetrò tutt'i pori, ottenne quella trasparenza e quella verità che vi si ammira. Con tutta questa naturalezza negli abiti, evidenza e vivacità di teste, con quella giudiziosa condotta di luce su quel grande popolo di figure, quel sobrio chiaroscuro, quel bel sapore di tinta, al tutto Veneziano, produce tale illusione in chi guarda questo dipinto, che all'entrare il grande cenacolo, sembrati che veramente quella sia turba di uomini vivi e moventisi.

Trovo nelle scritture autografe dei Bassano, Francesco e Leandro solamente aver messo mano a quest'opera ; sebbene a piè del quadro leggasi il solo nome di Leandro. Leander Bassano fecit.

A Francesco venne prima allogato il lavoro, e lo incominciò; ma datosi per follia la morte, fu condotto a termine da Leandro. Poichè questi ebbe a preferenza del fratello vanto di eccellente operatore di ritratti, è a credere, che il gruppo del S. Benedetto, e tutte le figure che gli sono ai lati sia opera sua, essendo in questa parte del quadro moltissimi ritratti al naturale. Usava il Bassan vecchio, come narra il Lanzi, ajutare Francesco mollo co' suoi consigli, recandosi in sul luogo, e facendogli, ove bisognava, rinforzar le tinte, migliorar la prospettiva, ridurre il lavoro a più fina

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