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Il monastero di Montebenedetto situato a circa 1200 metri d'altezza sul mare ed 800 al disopra di Villarfocchiardo, costrutto sopra un piano leggermente inclinato, circondato da praterie e da belle foreste di larici e di faggi, subi verso il fine del secolo XV guasti gravissimi cagionati dallo straripamento di un torrente che lo fiancheggia. Le celle ed il chiostro, che si estendevano a levante della chiesa, andarono distrutti; questa invece rimase intatta e con essa una parte delle due ale del monastero verso mezzogiorno e verso ponente, ove probabilmente trovavansi i locali per uso comune dei

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monaci, cucina, refettorio, foresteria e simili. I certosini rinunziarono a riparare quel monastero, dissuasi forse più che altro dal timore che una simile catastrofe venisse a rinnovarsi, e trasferirono la sede del convento a Banda (1). Poco distante dal monastero di Montebenedetto è situata una masseria con un'ampia stalla; ciò apparteneva ai monaci e serviva all'esercizio della loro azienda agricola. Sembra probabile che discesa la famiglia certosina a Banda, quel che rimaneva del monastero di Montebenedetto, non esclusa la chiesa, sia divenuto una succursale della masseria, riservata però una parte all'abitazione dei certosini che di quando in quando vi capitavano. Si ricorda dai viventi d'aver udito raccontare da un vecchio uomo che soggiornando egli da giovane, per ragione della sua professione, a Montebenedetto od in quei dintorni, un frate certosino veniva nei giorni festivi a celebrare la messa non già nell'antica chiesa del monastero, ma in una piccola camera, aggiunta con un'altra sottostante in un'epoca più recente all'ala verso mezzogiorno dell'abbandonato cenobio. Scendendo dalla certosa suddetta s'incontrava a

(r) Vedi sopra, alla pag. 123 e seg.

pochi passi la così detta « Correria », già menzionata a più riprese in queste pagine (1) anche questo edifizio subì le ingiurie degli elementi, e rimane in piedi solamente una parte di quello che forse allora costituiva l'oratorio della casa.

Lo stato al quale, come accennai, era stato ridotto dalla furia delle acque, il monastero dura ancora presentemente; esso serve di masseria ai suoi attuali proprietari, ad eccezione d'alcune camere riservate alla loro abi

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tazione estiva. Argomentando dalle vestigia che ancor rimangono del suo primitivo impianto si acquista la convinzione che il monastero di Montebenedetto, ad eccezione della chiesa, era una costruzione d'assai modeste proporzioni. I religiosi che l'abitavano, infervorati d'amor di Dio, colla mente rivolta alle cose celesti, menavano in quelle celle e quel chiostro una vita di privazioni, mal difesi dalle bufere invernali, circondati dalla neve per una parte non piccola dell'anno. Il chiostro attorno al quale erano di

(1) Vedi alle pag. 58 e 128.

sposte le celle, segnava un quadrato ad oriente della chiesa; la sua struttura, per quanto può arguirsi da certi segni, doveva essere rozza assai ed appena sufficiente al bisogno. Vedonsi difatti sporgere tuttora dalle pareti esterne della chiesa, ad un'altezza di cinque o sei metri da terra ed alla distanza l'una dall'altra di forse tre metri, certe mensole di pietra, incavate a foggia di uncino: sembra probabile che esse fossero destinate a reggere dei travicelli che correvano lungo le pareti della chiesa e delle celle, i quali servivano d'appoggio ad altre travi collocate perpendicolarmente e sostenuti

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all'altra estremità da pilastri. Questa ossatura, rinforzata da legnami trasversali e coperta con lastre di pietra, formava un piano inclinato verso l'interno d'un cortile e serviva di tetto al chiostro il quale prolungandosi nella stessa forma lungo le celle disposte in fila sui lati del recinto, serviva a metterle in comunicazione fra loro e colla chiesa. Un esemplare di tal specie di chiostro si vede al giorno d'oggi ancora a Susa presso l'antica chiesa di S. Francesco. Le celle ove i certosini di Montebenedetto passavano pressochè tutto il tempo non destinato all'uffiziatura in chiesa, erano una cosa ben meschina: dalle vestigia che rimangono d'alcuna d'esse si deduce che ogni cella misurava cinque metri e mezzo all'incirca in lungo, e due e mezzo in largo; il muro da cui ciascuna era circondata aveva sessanta centimetri di spessore.

La chiesa, che nella sua vetusta semplicità torreggia maestosa in quella solitudine, merita una descrizione più accurata. Essa è volta ad oriente, come generalmente tutte quelle del secolo XIII a cui essa senza dubbio

appartiene. La sua costruzione dà però a vedere d'esser stata eseguita in due riprese, poichè l'opera regolarissima di pietre, diligentemente profilate colla calce, cede verso i tre quinti dell'altezza ad altra di meno perfetta esecuzione. Rintracciando sulla facciata l'andamento di questa mutazione si scorge che l'opera più accurata si elevava nel centro in forma assai più cuspidale che non l'attuale edifizio. Vien quindi naturale l'ipotesi che in principio i monaci abbiano data al tetto della chiesa una forma acuminata come s'usa nelle regioni dove la neve suol cadere in grande abbondanza, qual'è il luogo da

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cui essi venivano. Poscia avendo esperimentato che a Montebenedetto la neve non raggiungeva di solito una grande altezza, i certosini avranno diminuita la pendenza del tetto per la maggior facilità ed economia di manutenzione.

L'altezza della facciata dalla soglia della porta al culmine è di m. 12,80 circa; la larghezza di metri 11. La porta misura metri 2,40 d'altezza; il suo architrave rettilineo di pietra da taglio, squadrata a filo del muro, è retto da due mensole sottostanti nella stessa direzione. Al disopra e circa a metri 10,50 dalla soglia avvi una piccola finestra a croce la quale si trova sopra la volta della chiesa. Questa internamente è ad una sol navata, attualmente chiusa da un muro al principio dell'abside per utilizzare il sito, colla volta a sesto acuto, e sei finestre ad arco a pien centro, di metri 1,10 di luce, foggiate a feritoia, e dalle quali si scorge che il muro ha lo spessore di metri 1,60. La chiesa misura metri 19 di lunghezza sino al principiar dell'abside, e 7 di larghezza. L'abside poi è lungo metri 5 circa e largo 6:

vi si vede ancora l'altare, di forma e di dimensioni assai notevoli. Infatti esso consiste di un tavolo di pietra lungo metri 2,40, largo metri 1,20, grosso 16 centimetri, poggiato su di una base in muratura lunga metri 1,70 e larga un metro, coll'altezza totale dal suolo di metri 1,08. Ad accertare che si tratta propriamente dell'antico altare vi si osserva l'incavo per la pietra consacrata.

Belle e degne di nota sono due finestre: l'una in un pezzo di muro movente dal lato della chiesa a mezzogiorno e rovinato dopo pochi metri; l'altra nell'accennato edificio della Correria. Sono a pien centro e l'arco è foggiato a segmenti di pietra da taglio così perfettamente lavorati che, sebbene il cemento sia del tutto sparito, pure essi reggono tuttora.

Nell'ala del monastero verso ponente, in faccia alla chiesa, si apriva la porta grande d'accesso al medesimo; nella parte del muro superiore alla porta esiste, assai ben conservato, un affresco del secolo XIV rappresentante la Beata Vergine Maria col bambino Gesù, ed ai lati alcune figure di certosini in orazione.

Volgendo ora il discorso al monastero di Banda, collocato a circa 100 metri d'altezza sopra Villarfocchiardo in un avvallamento di terreno coperto di praterie ed ombreggiato da folti castagni, non ho bisogno di far notare come la sua situazione fosse assai meno selvatica e disagiata che non quella di Montebenedetto. Gli edifizi esistenti presentemente a Banda, osservati attentamente, rispecchiano in se medesimi la storia di quella mansione. Sappiamo che la tenuta di Banda venne in potere dei certosini l'anno 1205 per il dono che loro ne fece il visconte Enrico di Baratonia: quei monaci presone possesso riconobbero la convenienza di avervi una piccola residenza per facilitare le comunicazioni tra Montebenedetto e la valle di Susa. A quell'epoca appunto, cioè al secolo XIII, risale la costruzione di quel che costituisce il presbiterio della chiesa attuale ed un tratto di chiostro irregolare, composto di poche arcate a volta che danno accesso ad alcune camere o vani di varie dimensioni. Non mancava al certo colà un caseggiato rurale, parte forse di quelli ancora esistenti, per provvedere alla coltivazione della tenuta; un frate Pietro certosino « grangerius Bandae » fu presente e consenziente ad un affittamento di terreni fatto dal priore di Montebenedetto il 3 dicembre 1289 (1): « grangerio » vale quanto dire sovrintendente alla << grangia ossia masseria.

Allorchè si trattò del trasferimento della certosa da Montebenedetto a Banda verso l'anno 1498, in questa località erano cinque celle e la chiesa (2); quegli stessi edifizi di cui feci testè parola. Ai medesimi furon fatte le aggiunte necessarie perchè l'intera famiglia certosina potesse accomodarvisi. La struttura di questa parte meno antica, senza essere niente affatto grandiosa, è più svelta ed accurata; consiste in alcuni tratti di porticato che dà accesso a celle ed a camere di varia grandezza: fra queste si fa notare una sala piuttosto vasta, a soffitto, sotto il quale corre un fregio, ed in esso è

(1) Miscellanea, vol. cit., pag. 129.

(2) V. sopra alla pag. 123.

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