Imágenes de páginas
PDF
EPUB

PARTE TERZA

di Grenoble.

CAPITOLO I.

La certosa di Collegno.

[ocr errors]

Progetto di dare ai certosini il monastero di Novalesa. La duchessa Cristina alla certosa Risolve di aprire ai certosini una casa presso Torino; vien scelto ColSovvenzioni dei Principi Sabaudi. Soppressione delle certose di Mombracco

legno.
e di Banda.

I propositi manifestati dal duca Carlo Emanuele I per l'erezione di una << certosa insigne », contrariati da tristi vicende, rimasero, è vero, senza pronto effetto (1); il seme però, allora gettato, non tardò troppo a vegetare ed a venire a maturità. Il figlio e successore di Carlo Emanuele, Vittorio Amedeo, aveva a cuore di eseguire le intenzioni del genitore a quel riguardo; ne fa fede la lettera che egli indirizzò al priore della gran certosa, superiore generale dell'Ordine, il 29 aprile 1635 (Docum. 108); ma il suo regno fu troppo breve e procelloso per lasciare che egli potesse dedicare i suoi pensieri e disporre dei mezzi necessari ad una tale impresa. La considerazione di quella difficoltà ed il desiderio di por fine allo stato precario nel quale si trovavano i nostri monaci a Banda, con altre circostanze, suggerirono l'idea di destinare loro il monastero di Novalesa. Questo antichissimo cenobio di Benedettini, abbandonato da essi allorchè verso il principio del x secolo fu saccheggiato dai Saraceni, venne rioccupato parecchi anni dopo da monaci dello stesso ordine, i quali vi stavano sotto la direzione d'un priore claustrale; l'abbate del monastero di Breme in Lomellina, ove una parte dei religiosi fuggiti da Novalesa eransi ricoverati, reggeva nella stessa qualità anche questa casa monastica (2).

Nella prima metà del xv secolo il monastero della Novalesa venne posto sotto il governo di ecclesiastici non appartenenti all'ordine di S. Benedetto,

(1) V. sopra, alla pag. 176.

(2) CARLO CIPOLLA, Antichi inventari del monastero della Novalesa; Atti dell'Accademia delle Scienze, sez. 2a, vol. 44, pag. 35, 44.

Vedi anche L'antica Biblioteca novaliciense dello stesso autore, pag. 6, ove leggesi che il monastero della Novalesa fu ristorato per mandato di Gezone abbate di Breme, verso il fine del x secolo. Accennasi anche al ristabilimento della dignità abbaziale riguardo a quel monastero dopo cessata o trasformata l'abazia di Breme » (Memorie dell' Accad. delle Scienze, ser. II, vol. 44).

i quali erano chiamati amministratori perpetui (1). Pochi anni dopo, con Giorgio Provana dei signori di Leyni, cominciò la serie dei « Commendatori del priorato di Novalesa» (2), fra i quali è da annoverarsi quell'Andrea Provana, pure di Leynì, protonotario apostolico, che intitolavasi Signore di Novalesa (3). L'anno 1599, ad un altro Provana di Leyni, Gaspare, succedeva in quella carica Antonio Provana dei conti di Collegno, in favore del quale tre anni dopo fu ristabilita la dignità d'abbate di Novalesa (4): questi è l'Antonio Provana che governò in qualità di arcivescovo la chiesa torinese dall'anno 1632 al 1642 (5).

Le condizioni morali del ristabilito monastero di Novalesa non giunsero ad eguagliare la floridezza dell'antico cenobio: il fatto stesso d'averne data l'amministrazione a persone estranee lascia supporre che il numero dei monaci fosse assai ridotto e che la disciplina lasciasse alquanto a desiderare.

Durante il governo dell'abbate arcivescovo Provana il numero dei benedettini scese a tre (6), e sotto il di lui successore Filiberto Maurizio Provana di Leyni ne rimaneva uno solo (7). Così stando le cose, s'intende facilmente come per una parte il desiderio dell'abbate Antonio di rialzare le sorti del suo monastero, per l'altra parte il bisogno dei certosini di allogarsi in un sito più conveniente, conducessero ad un accordo per effettuare la vagheggiata traslazione.

Le trattative tra l'abbate ed i nostri religiosi cominciarono l'anno 1636, e la convenzione fu da essi sottoscritta il 12 dicembre 1637: essa riportò pure l'approvazione del priore della certosa di Grenoble (8'.

[blocks in formation]

(3) Antichi inventari, pag. 60. Vedi sopra pag. 132.

(4) Antichi inventari, pag. 6, nota (1); pag. 59, nota; e pag. 62.

(5) V. sopra, postilla alla pag. 200.

(6) Vedi gli articoli concertati tra l'abate Antonio Provana ed i certosini, nella postilla 8 seguente.

(7) Antichi inventari, pag. 13.

(8) Regolari ecc., ser. I, vol. I.

Le clausole più notevoli di quell'atto, concertate tra Monsignor Provana ed i delegati dei certosini fin dall'8 marzo 1637 sono le seguenti:

Art. 1. « L'Ordine certosino sarà obbligato a mantenere nel detto monastero sei religiosi << sacerdoti coi famigli (conversi, terziari, oblati) necessari, e ciò per soddisfare gli obblighi << di Messe e degli uffizi divini, tanto nella chiesa grande che nelle capelle e specialmente << nella capella di S. Maria situata ai piedi del Moncenisio come risulta dalle scritture che ci << saranno consegnate. »

Art. 5. I certosini si obbligano a contentare i tre monaci (benedettini) che trovansi nel << monastero di guisa che nè l'attuale abate nè i suoi successori non abbiano a soffrirne << molestia. »

Art. 9. Monsignor illustrissimo predetto rimette ai certosini tutti gli edifizi della Nova« lesa, ad eccezione di quelli non compresi nel chiostro, che egli riserva per suo uso e degli << abbati suoi successori; e ciò fino a tanto che l'ordine certosino gli abbia fatto costrurre un << alloggiamento a Venaus (paese tra Novalesa e Susa). »

Art. 11. « Pel mantenimento dei religiosi e per la conservazione della chiesa e del mo<< nastero l'abbate Arcivescovo rimette ai certosini le rendite minute consistenti in segala, << avena, castagne, ova, pepe, galline, denari, ecc., dovute dagli abitanti di Novalesa, Venaus, << Ferrerå, Giaglione e Mompantero. Monsignore riserva per sè e suoi successori il vino pro« veniente dalle decime o dai servizi perpetui. »

« Nelle cose rimesse ai certosini dovevansi computare le rendite del frumento, del « vino, ed in denaro già dovute al segretario ed al pietanziere, come è spiegato negli alber>>gamenti. »

Art. 12. « L'abbate predetto rilascia ancora ai certosini tutti i beni immobili e le rendite

Dalla già citata cronistoria che ha per autore un certosino (1) si ricava che chi caldeggiava particolarmente la traslazione di cui discorro era il priore di Banda, padre don Pietro Caldera.

Il capitolo generale dell'ordine, adunato l'anno 1638 nella certosa di Grenoble, o perchè non fosse favorevole a quel trasloco o per altri motivi, decretò lo scambio reciproco dei due priori di Banda e di Mombracco; al qual proposito, il cronista suddetto, annunziando la venuta a Banda da Mombracco del priore don Urbano Boetto, aggiunge: « parve che indi restassero quelle << premure molto intiepidite sino al dicembre di quell'anno (1638) che il reve << rendissimo (priore di Grenoble) di proprio movimento ripigliando il negotio, << spedì per la terza volta in Piemonte il V. P. don Argentino con nuove < patenti ». Queste lettere davano facoltà al padre Argentino di conchiudere l'affare della Novalesa. D'altra parte però, a detta dello stesso cronografo, il priore di Pesio, forse diverso da quello che sottoscrisse lo schema di convenzione, investito dell'uffizio di visitatore, metteva in guardia il più volte nominato priore della gran certosa riguardo alla progettata traslazione.

A parere del visitatore l'ordine certosino ne avrebbe sentito grave pregiudizio perchè la situazione del monastero di Novalesa, sulla strada di comunicazione tra l'Italia e la Francia, lo metteva nella condizione di dover ospitare un gran numero di viandanti senza che le rendite assegnate alla nuova certosa fossero sufficienti all'uopo.

Mentre così stavano le cose, gravi avvenimenti succedevano in Piemonte: mancato ai vivi, addì 7 ottobre 1637, il duca Vittorio Amedeo I, la duchessa Cristina sua consorte ebbe la reggenza degli Stati per i suoi figli minori'di età Francesco Giacinto, che sopravisse poco meno d'un anno al genitore, e Carlo Emanuele. Sono conosciuti i contrasti che la reggente ebbe coi suoi cognati il cardinale Maurizio ed il principe Tommaso spalleggiati dagli Spagnuoli contro i Francesi, i quali, col pretesto di sostenere la duchessa sorella del Cristianissimo, volevano dominare sugli Stati sabaudi. La lotta fra quei partiti giunse al punto che Madama Reale (così chiamavasi la reggente) giudicò conveniente di abbandonare il Piemonte rifugiandosi prima in Savoia, ove lasciò suo figlio sotto buona custodia, e quindi a Grenoble, presso il ret Luigi XIII che ve l'aspettava (2); ciò avvenne l'anno 1639. Si capisce che in mezzo a quei trambusti ogni decisione riguardo all'istallazione dei certosini a Novalesa sia stata rinviata a tempi migliori.

< della prevostura di S. Maria a' piedi del Moncenisio, pietanzeria e sacrestia in un coi denari « e diritti dovuti dalla comunità di Susa. »

Art. 13. Consegnansi anche ai certosini i molini di Novalesa, di Venaus e di Cornale << con campi e peschiera.

Art. 14. Similmente, insieme alle vigne della prevostura e della pietanzeria la vigna << grande e la piccola dello Stadio (località vicina a Susa, tra l'antica fortezza della Brunetta <e Venaus; Antichi inventari ecc., 1. c., pag. 7). »

Questi articoli, redatti a Torino l'8 marzo 1637, portano le sottoscrizioni di « Antonio < arcivescovo di Torino ed Abbate di Novalesa; frate Giovanni Argentino; Don Lorenzo < Bergia, priore della certosa di Pesio; Don Pietro Caldera, priore della certosa di Banda. » (Regol. Certos. Mombracco, serie I, vol. 1).

(1) Vedi sopra, alla pag. 123.

(2) CIBRARIO, Specchio cronologico, pag. 320.

Nè fu forse estranea a ciò, insieme al motivo già indicato, la lusinga che, coll'avvenimento al governo della duchessa Cristina, dotata « di sì gran dol« cezza di sangue che mal volentieri dicea di no» (1), potesse aver compimento la promessa erezione di « una certosa insigne », nelle vicinanze della capitale. La lusinga dei certosini non andò fallita, sebbene l'orizzonte politico le sembrasse affatto sfavorevole; anzi gli eventi stessi di quell'epoca deplorevole furon quelli che spianarono la via all'appagamento del loro desiderio.

La duchessa reggente non volle allontanarsi da Grenoble senza visitare la gran certosa, la casa madre di tutto l'Ordine.

<< Correva l'hora quinta dopo mezzo giorno del 7 settembre 1640 (così il << citato cronografo), quando ella entrò in certosa, e due altre hore scorsero << nel riceverla e presentargli la cena onde alle 7 hore andò a letto; alle un<< dici poscia si portò al matutino, quando apponto sonava il terzo segno al << quale con veloce gravità l'un dopo l'altro comparvero quei solitarii in nu<< mero di sessanta veramente religiosi che nel passo, nel raccoglimento pa<< revano vive figure di quei primi padri dell'Egitto de' quali neppur uno si << osservò che mai schiodasse gli occhi da terra per vagargli all'insolito cal<< pestio che pure si sentiva di tanti hospiti. Dopo spedito il secondo notturno « che aveva già occupate due hore, fatta curiosa di sapere ove ne fosse, e << rispostogli che solamente alla metà, gli convenne cedere alla stanchezza, << lasciando quivi diverse Dame e Cavaglieri che perseverarono sino al fine. << La seguente mattina (8 settembre) assistè compitamente alla Messa < grande in quale cadendo la Comunione generale più di novanta con bel<< lissimo ordine et humil gravità religiosa vidde comparirvi (oltre li già detti << sessanta choristi)..... A quella vista tutta in tenerezza per spiritual conso<< latione ringraziò la Maestà divina d'haverla quivi condotta..... Non dubitò << più con l'agiuto delle preghiere di quei servi di Dio d'ottenere dal Dio << delli eserciti la bramata pace, al cui conto all'hora fece solenne voto d'eri<< gere una certosa appresso la Metropoli di Torino, et dopo sentita la Messa << del Priore Reverendissimo dove comunicò, a questo ne fece in termini am« mirabili la pia richiesta (2). Nei reciprochi ringraziamenti et in quelle re<< pliche domandò ella per gettate i primi fondamenti il Ven. Padre Don « Argentino all'hora procuratore alla Forea.

<< Vidde poscia in cella il Ven. Padre Don Pietro Maria « de Varax »,

(1) CIBRARIO, Specchio cronologico, pag. 321.

(2) Guichenon inserì alla pag. 586, vol. 3, della sua Storia genealogica ecc., senza notarne la data, un decreto di Madama Reale intitolato: « Patentes de Madame Royale (Cristina « vedova di Vittorio Amedeo I) concernant le vœu par elle fait le jour de l'Anonciation de << la glorieuse Vierge Marie avec la procession générale qu'elle a establie ce jour là dans << ses éstats ». Parecchie copie in istampa di quelle patenti, in italiano, sono unite al mazzo 6, della Categoria Regolari di qua de' monti- certosa Collegno, similmente senza data. Vi è però indicata con scrittura a mano l'anno 1649. Difatti vi si accenna alla fondazione già fatta della certosa presso Torino; Et pour davantage exprimer mon zèle en cette occasion << suivant en ce les saintes intentions qu'en avoit dé-ja feu S. A. R. Monseigneur de glo<< rieuse memoire nous avons fondé sous le mesme titre de l'Anonciation un monastère de << l'ordre de S. Bruno proche cette ville du Turin ou ces bons Religieux, dont la vie angelique et contemplative nous edifia extrêmement en leur grande chartreuse au dernier « voyage que nous fismes en Savoye, seront obligés (comme nous esperons qu'ils seront) << de presenter continuellement à Dieu pour nous leurs prieres et oraisons. »

< il quale per il di lui fratello e parenti domestici di quella Corte teneva in << particolar stima.

«Erano scorsi secoli intieri ne' quali il suolo di certosa non era stato << calcato da femminil sesso, e perciò alla voce che già qualche tempo avanti < era precorsa del viaggio di quella Regina (sic) col privilegio d'introdurre « seco ogn'una che fosse di suo seguito si disertarono i Castelli e case della < vicinanza, massime di Chiamberi e Grenoble per le dame e signore che o < per curiosità o per divotione seguitarono la Corte. Onde più di seimila si < contarono hospiti gionti in Certosa in quella occasione quali tutti dalla << cordial carità di quei PP. rimasero soddisfatti.

« Dormi pur anco quivi M. R. la notte seguente et la matina sentita < ch'hebbe la Messa alla Capella de Casalibus venne nuovamente a racco<< mandarsi all'oratione dei PP. et andò quella sera in Aspremont, indi fece << ritorno a Chiamberì.

<< Intanto l'assedio di Torino, a cui s'era dato principio li 10 di maggio, << fu terminato li 17 settembre di quell'anno per il sig. conte d'Arcourt (1), << e se ne ritornò M. R. in Piemonte, e se ne venne pur anco seco il V. P. D. Argentino li novembre 1640 » (2).

Questo frate certosino, don Giovanni Argentino, che sostenne la parte principale nell'erezione della certosa a Collegno, ebbe un'esistenza avventurosa assai, che ci è narrata dal solito cronista nel modo seguente:

<< Il Padre Don Giovanni Marceilin detto Argentino, poco innanzi il 1590 << nacque in Malta, indi trasportato pargoletto a Parigi, fu sempre nella Corte < reale allevato, profittò nelle lettere ma più nel canto; fu perciò fra quei < giovani annoverato che servono alla Camera Regia chiamati « Chantres au < petit couché (sic) du Roi », e fu all'hora che come intrante ed ardito si <fece famigliare a Madama Christiana la quale, tutto che all'hora bambina, < si sovenne poi sempre di quei tratti. Abbracciata la carriera dell'armi prese < parte alla guerra contro gli Ugonotti e fu primo capitano e sargente mag« giore nel reggimento di « Monsieur Moneylier ». Trovandosi in gran peri<< colo di vita sul campo di battaglia fece voto di entrare nell'ordine certo<sino, il che però allora non eseguì. Passò in Inghilterra ove ebbe non poche < avventure che potevano tornargli funeste; riuscito a trarsene fuori ritornò << a Parigi e si risolse finalmente ad abbracciare la regola di S. Brunone : ‹ entrò alla certosa di Grenoble nel 1628. Recatosi in Piemonte con Madama « Reale l'anno 1640 con titolo di « Procuratore di Gran certosa et Comis«sario di Lombardia », fu creato Rettore della nuova certosa (di Collegno) l'anno 1643.

<< Nel capitolo generale del 1645 fu rimessa quella casa (la certosa di < Collegno) alla Provincia di Lombardia ed il medesimo Padre Argentino ne « fu dichiarato primo Priore; pochi mesi perdurò in questa dignità, imper< ciocchè, dopo un giorno che si portò a Rivoli per presentare a Madama

(1) Il principe Tommaso, addì 27 agosto 1639, tolse la città di Torino ai francesi; l'anno seguente vi fu assediato dal duca d'Harcourt duce francese; la fame obbligò il principe Tommaso a rendere la città uscendo cogli onori di guerra. CIBRARIO, Specchio cronologico, pag. 382.

(2) Sic. Regolari ecc., ser. I, vol. 1.

« AnteriorContinuar »