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<< per le loro orazioni riposo e quiete » (1). Dalla parte contraria venne affermato a propria difesa che la chiesa di S. Pietro, riedificata dai fonda<< menti da anni nove in qua, è parrocchiale antichissima e si è riedificata << nell'istesso sito nel quale altra volta si ritrovava et ha sempre havuto il << suo cemeterio come cosa propria et appartenente alla medesima » (2).

L'esito del litigio, terminato non so se all'amichevole o per sentenza di magistrati, ebbe per effetto di sanzionare l'erezione della nuova chiesa parrocchiale, e di sospendere la costruzione del campanile. Quindi i certosini dovettero soffrire che la chiesa in un colla casa del parroco e col sito del cemetero, ridotto poi a cortile, s'internassero nel loro recinto, rimanendo, tutto quel terreno chiuso da mura verso settentrione, levante e mezzogiorno, mentre dal lato di ponente la chiesa parrocchiale aveva l'accesso dalla strada pubblica.

Il disegno della certosa compilato dall'ingegnere Valperga (3) non giunse, ch'io sappia, fino a noi. Vi supplisce, in qualche modo, il prospetto di quel monastero rappresentato nel già citato « Theatrum Statuum Ducis Sabaudiae (4).

Dico in qualche modo poichè scorrendo le incisioni contenute in quell'opera monumentale ognuno si persuade che il più delle volte il loro autore si abbandonò ai voli della propria fantasia, anzichè attenersi alla realtà delle cose. Tenendo conto adunque di quel che si vede nell'opera suddetta e di ciò che si legge negli atti della controversia della certosa col Patrimonio ducale si arguisce che il corpo principale del monastero doveva constare di due ampi cortili, di seguito uno all'altro nel senso da ponente a levante, fiancheggiati da portici. Nel primo cortile, nel quale si apriva la gran porta d'entrata nella certosa, doveva costrursi la chiesa colla facciata rivolta all'anzidetto portone; il secondo cortile era destinato ad avere su tre dei suoi lati le celle dei monaci.

Attigui a quei cortili verso settentrione stavano vari grandiosi corpi di fabbrica ove erano situate la foresteria, la farmacia, l'infermeria, la biblioteca e tutto quanto occorreva per l'azienda domestica del monastero.

La parte principale di questi edifizi consisteva nel palazzo costrutto da Bernardino Datta, venduto poi dal Conte di Collegno al Patrimonio ducale. Il portone d'entrata, testè menzionato, si apriva dalla parte esterna sulla strada che, uscendo dal paese verso mezzogiorno, andava a raggiungere quella esistente tra Torino e Rivoli. Poco dopo la sua uscita dall'abitato di Collegno detta stradalinclinava verso levante e s'imbatteva in una vecchia capella dedicata a S. Rocco. Ciò non si accordava col piano della clausura il cui recinto quadrilaterale, col suo fianco di ponente si prolungava in linea retta dalla porta grande, più volte nominata, fino al punto ove volgeva ad angolo retto verso levante, occupando in tal modo i siti della strada e della capella or menzionata.

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Di quel contrasto d'interessi e della loro conciliazione ci informa un istrumento di transazione tra la certosa da una parte ed il parroco col Comune di Collegno dall'altra. Essa seguì il 22 agosto 1689 e ne trascrivo quel che segue.

<< Ad ognuno sia manifesto conciosiache gli Mto Revdi Padri della Cer<< tosa detta di Torino eretta nel presente luogo, fra le altre opere se ben << cospicue, tuttavia necessarie... per il dovuto decoro et abellimento di detta <<< luoro Certosa e monastero venerabili a luoro giusti disegni agiustamenti << convenevoli siano in procinto, anzi che habbino datto principio all'eretione « di una gran porta per la nobile entrata di detto luoro monastero con un << grande e lungo stradone qual principia a detta porta (1) e va a sboccare << a retta linea nella strada grossa che viene dalla città di Torino et entra << nel presente luogo nel cantone detto di Nogna; e considerando che circa. << la sboccatura di tal stradone vi si imbatti una capella di detto luogo detta << di S. Rocho per altro di presente minacciante ruina et inofficiabile habbino << li med PP. amorevolmente richiesto il Mto Illustre e Mto Revdo signor << Don Antonio Eusebio Priore della parochiale di detto presente luogo e gli << detti regenti della Comunità del medesimo per la remissione di detta ca<< pella per la perfetione di detto luoro nobil stradone mediante la demoli<< tione della medesima già che minaccia rovina come sovra con offrirsi pronti << in tal caso ergerne un'altra simile e di altre tanto sito, muraglie, coperto, << volta, sternio (2), stabillimenti, pitture, ornamenti et ogni altra cosa ove et << come se gli verrebbe per parte di detto Priore e detta Comunità indicato << a misura e giudicio d'esperti et a sodisfatione e finalmente con ogni dovuta << indennizatione... » (3).

Nel territorio di Collegno e sulla strada che venendo direttamente da Torino entra nel paese verso la metà dell'abitato dal lato di levante, esisteva un'altra cappella della quale era titolare S. Sebastiano, egualmente squallida e cadente. In virtù della surriferita convenzione i certosini si obbligarono a ricostrurre quest' altra chiesetta, adoperandovi anche i materiali ricavati dalla demolizione di S. Rocco, il cui titolo sarebbe passato alla nuova cappella assieme a quello di S. Sebastiano. Addì 3 dicembre seguente il monastero aveva già condotto a termine il sacro edifizio, a quanto rilevasi dalla attesta zione di perizia inserita fra le carte certosine (4).

Negli anni trascorsi dal 1689 al 1720 gli edifizi del monastero non avevano progredito di molto verso il loro compimento.

Fin dal 1648, come già scrissi (5), era stata collocata la pietra fondamentale della chiesa; ma quelle fondamenta aspettarono invano il coronamento dell'edifizio. Vi si sostituì provvisoriamente l'ampio locale destinato a refettorio situato fra i due cortili e quel provvedimento temporaneo divenne definitivo.

(1) Davanti alla porta grande era disegnata e fu poi eseguita una piazzetta circolare, e da questa partiva verso mezzodi lo «stradone » lungo la clausura incontrando ove questa volgeva a levante la « strada grossa », staccatasi a breve distanza da quella tra Torino e Rivoli.

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A quanto affermavasi dai certosini contro il regio patrimoniale mancavano ancora l'anno 1720 « le maniche di fabrica che si devono fare per il << trattenimento dei monaci in celle e luoro membri secondo l'istituto della < certosa » (1). Ciò stante dobbiamo credere che i monaci abitavano ancora in locali appartenenti al palazzo costrutto da Bernardino Datta. In qual epoca sieno state condotte a compimento le celle monacali nol saprei dire; sembra tuttavia probabile che poco più d'un decennio dopo l'anno or menzionato gli edifizi della certosa potessero dirsi, se non del tutto terminati, messi però in istato da bastare comodamente al loro scopo; le informazioni che sono per dare conducono indirettamente a tale conclusione.

Uno scritto colla data del 1736 ci fa consapevoli che « li Padri della < Regia Certosa di Collegno sendo nell'attual erezione della Porta grande « civile di quel monastero secondo il dissegno dato dal signor Abbate Juvara, << primo architetto di Sua Maestà e dovendosi, attesa la poca larghezza della << contrada necessariamente lasciare avanti della porta un sito vacuo in forma < di semicircolo ad effetto massime possino le carrozze aver un libero volto << nell'ingresso in essa e nell'uscire dalla medema, e restandogli perciò ne« cessario avere due tavole e piedi sette di un cortile rustico assai ampio << ivi attiguo delli fratelli Giovanni Battista e Giovanni Bertero di esso luogo « per compire il semi circolo sudetto, vedendo che, non ostante l'offertogli < pagamento del giusto prezzo coll'ottava di più secondo le Regie Costitu<< zioni, ricusavano essi la vendita di detto piccol sito vien formolata la proposta che Sua Maestà imponga ai fratelli Bertero la vendita di quel tratto di terreno mediante il prezzo di cento lire, sebbene il suo valore fosse di sole 30 lire all'incirca « data anche l'ottava di più, fatto riflesso che con tale << smembrazione non resta più in tal parte nella sua quadratura detto cortile << o sii ayrale ».

La domanda dei certosini, corroborata dal parere favorevole dell'Avvovocato generale, ottenne il suo intento, a giudicarne dai fatti, sebbene non ne consti, ch'io sappia, da documenti. La porta monumentale sorse per munificenza del Re Carlo Emanuele III il quale vi fece apporre l'epigrafe seguente:

D. O. M.
CARTHUSIANAS AEDES

AB AVITA SABAUDIAE DOMUS PIETATE

D. BRUNONI PATRONO PRAESENTISSIMO

POSITAS

CAROLUS EMANUEL SARDINIAE REX

ITALICO BELLO GLORIOSE CONFECTO

NUPTIIS CUM ELISABETHA E LOTHARINGIA IUNCTIS

ORNAVIT

ANNO MDCCXXXVII (2).

Nell'interno poi dell'atrio al quale la porta suddetta introduce leggevasi un'altra iscrizione colla quale i certosini ricordarono la magnanima fondatrice

(1) Vedi alla pag. 221 precedente.

(2) Raccolta d'iscrizioni patrie, Archivio di Stato - Torino, sez. 1a, t. 2, pag. 760,

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del monastero, Cristina di Francia duchessa reggente di Savoia, e ciò sta bene; ma l'autore di questa epigrafe, mentre ricordava l'antichissimo > monastero di Mombracco, non doveva dimenticare le ancor più antiche certose di Losa e di Montebenedetto, delle quali, più che di quella d'Avigliana, meritava d'essere il nome trasmesso alla posterità. Ecco intanto il tenore di questa seconda epigrafe:

VETUSTISSIMIS MONTISBRACHII, AVILIANAE COENOBIIS

TEMPORIS INIURIA BELLI FURORE COLLAPSIS
CHRISTIANAE A FRANCIA IUSTITIA AC PIETATE

GEMINAM AMPLEXA HAEC RESTITUTA CARTUSIA
SOLITUDINI SANCTITATI

TUTIOREM PORTUM DIGNIUS DOMICILIUM RESERABAT.
ANNO SALUTIS MDCXLVII (I).

Il significato delle precedenti iscrizioni, ed il fatto stesso dell'erezione di quella grandiosa entrata suggeriscono la persuasione che gli edifizi della

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certosa avevano raggiunto il loro stabile assetto nella forma che conservarono fino ai nostri giorni.

Un diligente scrittore ed artista di questo secolo compilò una raccolta illustrata di molte località subalpine, e così descrive la certosa di Collegno (2):

(1) Raccolta d'iscrizioni patrie, Archivio di Stato - Torino, sez. 1a, t. 2, pag. 760. (2) ROVERE, Descrizione del Piemonte; ms. presso la Deputazione di Storia Patria, vol. IX, Pianezza-Collegno-Alpignano. L'articolo relativo alla certosa di Collegno fu scritto l'anno 1853.

<< Si ha ingresso alla Certosa per mezzo di una grandiosa porta innanzi < alla quale sta una piccola piazzetta circolare guernita di pilastri e pira< midette.

<< Questa porta è d'ordine Dorico con colonne fasciate ed è adorna di << quattro statue, due rappresentanti l'Annunziazione di Maria Vergine, le << altre la Fede e la Carità (1). Venne tale porta innalzata l'anno 1747 dal Re << Carlo Emanuele III in occasione del suo sposalizio colla principessa di < Lorena.

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<< Entrando per quella grande porta ed attraversato uno spazioso atrio, << si trova un primo cortile assai vasto e di forma quasi quadrata (2).

Questo primo cortile doveva, secondo il disegno, essere cinto tutto << all'intorno di edifizi e di porticati simili a quelli che ora vi si vedono solo << da due lati, e difatti già erano state nei scorsi secoli, incominciate le altre < parti dell'edifizio che guardano verso mezzodì, ma sotto il governo fran<< cese fu questa parte di fabbricato che non era ancora ultimata, di nuovo < demolita, e coi ricavati materiali costruivasi il campanile della vicina chiesa < parrocchiale (3).

<< Il fabbricato che cinge questo primo cortile, sebbene sia già assai << vasto, non serve ancora di dimora ai monaci ; ivi sono le sale di riunione, « i refettori, la foresteria, la libreria, le abitazioni del Priore e quelle dei

(1) Tavola 22, nel detto ms.

(2) Tavola 23, nel detto ms.

(3) Ciò avvenne nei primi anni del presente secolo XIX, mentre i certosini avevano dovuto sloggiare il monastero.

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