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§ 2o

Il Conte di Savoia Tommaso I contrasse uno o due matrimoni?

Prendendo occasione da una carta della Contessa di Moriana, moglie del conte Tommaso I, a favore del monastero di Brione, m'intrattenni alquanto, nel precedente volume, intorno alla questione che ha per oggetto di conoscere se il prefato conte Tommaso abbia contratti due ovvero un solo matrimonio (1). I seguaci della prima opinione affermano che quel Principe ebbe per prima moglie Beatrice di Ginevra, da lui sposata verso il 1197, madre dei nove maschi e delle due femmine, di cui componevasi la discendenza del Conte predetto. Morta questa principessa tra gli anni 1218 e 1220, Tommaso sposò Margherita di Faucigny da cui non nacquero figli, a quanto sembra; essa morì vedova verso l'anno 1257. I sostenitori dell'unico matrimonio invece affermano che la moglie del conte Tommaso fu Margherita di Ginevra: sposata verso il 1197, morì sessant'anni circa dopo le sue nozze, vedova da quattordici anni del conte predetto. Sta in favore dei primi l'autorità non dispregevole delle antiche cronache, le quali attribuiscono alla moglie del conte Tommaso I il nome di Beatrice (2). Guichenon afferma egli pure che il conte Tommaso I sposò in prime nozze Beatrice di Ginevra, cadendo però in un equivoco là dove asserisce che essa non ebbe figli (3). Lo stesso autore riferisce poi diverse carte posteriori all'anno 1220, ove la consorte del conte Tommaso è indicata colla iniziale M. (4). Sembra però, a primo aspetto, insostenibile l'opinione dei due matrimoni di quel Principe a fronte dei documenti nei quali i figli del conte Tommaso chiamano Margherita loro « madre. » L. Wurstemberger, autore d'una storia in quattro volumi del Conte di Savoia Pietro II (5), tratta diffusamente la questione che ci occupa: dopo riferiti gli autori ed i documenti ove la consorte del conte Tommaso è chiamata ora Beatrice, ora Margherita, conchiude scrivendo: «Da tutte queste << manifestazioni emerge una grande verosimiglianza che la contessa Bea<< trice e la contessa Margherita sieno state una stessa persona, come, verso quel tempo, la contessa Gertrude di Habsburg e la regina dei Romani << Anna erano la sola e medesima moglie del re Rodolfo d'Habsburg. D'onde < potesse nascere la diversità dei nomi d'una stessa persona non può con << certezza conoscersi; sembra però che ciò sia succeduto » (6).

(1) Miscell., vol. cit., pag. 87 e seg.

(2) Ivi, pag. 88.

(3) GUICHENON stesso dimostra che questa informazione gli sfuggì inconsideratamente, poiché, scrivendo di Amedeo IV, primogenito di Tommaso, lo fa nascere nel 1197, il che sta bene; e d'altra parte egli cita dei documenti dai quali risulta che la contessa Beatrice viveva nell'anno 1218.

(4) Hist. Généal., vol. 4° « Preuves »; pag. 56, 57.

(5) Peter der Zweite, Graf von Savoyen, Markgraf in Italien, sein Haus und seine Lände von L. WURSTEMBERGER, 1856. Il solo primo volume fu tradotto in francese.

(6) WURSTEMBERGER, vol. 1o, pag. 91.

Il conte Cibrario, a sua volta, non esita ad attribuire a colei, che egli ritiene unica moglie di Tommaso I, il doppio nome di Beatrice Margherita (1). Questo spediente, al quale io pure sottoscrissi nel precedente volume (2), ben considerato, non appare abbastanza serio. Difatti, per tacere d'altre considerazioni, nelle antiche cronache e nei documenti menzionati in addietro, la consorte del conte Tommaso è chiamata quando Beatrice, quando Margherita, mai Beatrice-Margherita.

L'accennata carta di donazione al monastero di Brione, della quale venne inserita nel citato volume un'accurata riproduzione, avrebbe il merito di decidere la questione se, come a primo aspetto può credersi, nella lettera iniziale da cui comincia, potesse riconoscersi indiscutibilmente un B. I pareri delle dotte persone che udii non sono concordi a tal riguardo, sebbene sembri ammesso generalmente che quell'iniziale non può interpretarsi per una M. Sono lieto di poter comunicare ai miei lettori quel che a tale riguardo ebbe la gentilezza di scrivermi, l'esimio e dotto storico il cavaliere Francesco Mugnier, autore d'un accurato studio sull'abbazia di S. Caterina presso Annecy; nel quale lavoro l'erudito scrittore trattò con profonda conoscenza della materia, la questione di cui sto discorrendo (3).

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«Se è fuor di dubbio » così egli, << che a cominciare dall'anno 1218 e << nei seguenti 1219 e 20 la moglie del conte Tommaso I è chiamata Mar<< gherita, è parimenti accertato che egli ebbe in isposa una principessa < Beatrice, e la carta di donazione al monastero di Brione ne reca una nuova «<e decisiva dimostrazione. La lettera iniziale non è, certamente, una M, sia << perchè la sua forma non è quella d'una M, sia, e sopratutto, perchè la << stessa linea contiene due M in carattere gotico, simili fra loro, ma affatto << differenti dalla lettera iniziale..... Ricordando la carta del 25 febbraio 1198, Leges municipales, col. 8 (4), potrà forse qualcuno immaginare che l'ini<< ziale in discorso possa essere una N, « Nichola ». Non lo credo; il nome << di « Nichola » non s'incontra affatto nelle carte di quel tempo e poco o << punto in appresso; oltre a ciò la figura rappresentata in principio della << carta è troppo dissimile da una N (5). Rimane la lettera B che appare << assai credibile in vista, specialmente, della gamba di destra la quale inclina << a sinistra, cosa questa caratteristica della lettera B. Del resto la scelta sta << solo tra Margherita e Beatrice. Essendo certo, considerata sopra tutto la << detta carta, che non si tratta di M(argherita) possiamo dunque pronunziarci << in favore di B(eatrice). »

(1) « Specchio cronologico della Storia nazionale », pag. 36.

(2) Miscell., vol. cit., pag. 89.

(3) Histoire documentaire de l'abbaye de Sainte Catherine près d'Annecy, par François Mugnier Conseiller à la Cour d'Appel de Chambéry, président de la Société Savoisienne d'Archéologie et d'Histoire, chev. de l'Ordre des SS. Maur. et Laz., etc.

(4) Hist. de Sainte Catherine, pag. 23.

(5) Si ha l'esempio, sebbene assai raro all'epoca di cui si tratta, di carte che cominciano con una lettera N, la quale, a tenore del documento che le tien dietro, deve interpretarsi per Nos, conforme allo stile delle persone costituite in autorità. Ma nel caso presente, oltrechè la rassomiglianza dell'iniziale in discorso con una N non raccoglie l'unanimità dei suffragi, sembrano ostare all'interpretazione della supposta N per Nos le locuzioni al numero singolare, rispettivamente a chi scrive, « Castellanis suis... graciam suam ».

Dopo alcune osservazioni riguardo all'opera del Wurstemberger ed alla sua ipotesi del doppio nome Beatrice-Margherita, ipotesi rifiutata dal Mugnier perchè in nessuna fonte storica la moglie del conte Tommaso è chiamata Beatrice-Margherita, e perchè a quel tempo non si usavano i.nomi doppi, il signor Mugnier passa a sciogliere la difficoltà che nasce dall'essere la contessa Margherita qualificata madre dei figli del conte Tommaso, mentre in realtà non lo era. Già nella sua Storia del monastero di S. Catterina egli aveva espresso il suo pensiero che i figli di Tommaso e di Beatrice davano a Margherita, seconda moglie di quel principe, il titolo di madre per deferenza verso di lei, e stante la deficienza nel latino d'un termine conveniente da sostituirvi. Rettificando poi il Mugnier, nella recente sua lettera, una citazione che altri fece del Guichenon, ove gli si attribuiscono le parole « una << cum illustre et praeclara genitrice sua », mentre nel testo di Guichenon, tolto dalla pag. 69 del 3° vol. « Preuves » si legge che il conte Amedeo IV volle far confermare « praesentem paginam sigillo matris suae Comitissae », nota la differenza tra i vocaboli « genitrix » e « mater », il primo dei quali sembra inchiudere l'idea di madre effettiva, mentre l'altro viene applicato anche ad una madre morale, ad una matrigna. Continuando il suo ragionamento il Mugnier dimostra che l'estensione del significato di « mater » a matrigna è accettabile per se stessa innanzi tutto. Nel caso presente, poi, tale applicazione è ammissibile:

« 1o perchè più d'una volta il conte Tommaso negli atti ove interven« gono i suoi figli e sua moglie Margherita, usa queste espressioni « assensu << et voluntate dom. comitisse uxoris meae et filiorum meorum », sebbene <<< altre volte vi si legga « uxoris meae et filiorum nostrorum; » la qual dif« ferenza vien fatto di riscontrare anche nel medesimo documento (1);

2o perchè la famiglia del conte Tommaso diede l'esempio d'una con<cordia veramente eccezionale a quei tempi. I figliuoli e le figlie, non ostante « l'eminente posizione sociale che ognun d'essi venne ad acquistare, non « ebbero mai serî contrasti fra loro. È lecito quindi ritenere che ad essi riu<< scisse cosa piacevole ed utile ad un tempo l'affermare che agivano d'ac<cordo colla « madre », quando trattavasi della moglie o della vedova del << proprio genitore. Le sovra esposte considerazioni, conchiude il sig. Mugnier, << m'inducono ad insistere nella mia opinione che il conte Tommaso I ebbe << in prime nozze per moglie Beatrice, in seconde nozze Margherita ».

(1) Concessione di franchigie a Chambéry. In principio della carta è scritto « Thomas < comes Mauriane... intuitu assensu et voluntate domine comitisse uxoris mee atque filiorum « meorum. » Verso il fine invece si legge « sigilli mei munimine atque domine comitisse < uxoris mee filiorumque nostrorum... volui recipere fundamentum ». CIBRARIO e PROMIS. Documenti, monete e sigilli appartenenti alla storia della monarchia di Savoia, pag. 126. Può ancora citarsi a questo riguardo una carta di ratifica della donazione fatta il 3 marzo 1232 dal conte Tommaso ad Altacomba « Margarita comitissa Sabaudie et marchisa in << Italia et nos Amedeus Aymo, Willelmus, Thomas, Petrus, Bonifacius et Philippus filii << Thome comitis Sabaudie et marchionis in Italia » approvano la donazione suddetta. (CIBRARIO, Descrizione dell'abbazia d'Altacomba, Torino, 1845: documento nell' Archivio di Corte (Arch. di Stato, sez. I Altacomba, mazzo 1).

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§ 3" I monasteri di monache certosine a Belmonte,

Buonluogo e Molaro di Bricherasio.

La certosa femminile di Belmonte, della quale alcuni documenti pubblicati nel precedente mio volume attestano l'esistenza (1), ebbe una vita assai breve a quanto sembra, e completamente ignorata dagli stessi annalisti certosini. Dalle monache di Belmonte riconosce la sua prima origine la certosa di Mombracco, ed è sotto tale aspetto che ebbi ad occuparmene in passato. Il punto al quale rivolsi principalmente la mia attenzione fu la ricerca del sito ove sorgeva la certosa di Belmonte, ricerca resa difficile dal silenzio della storia, dalla scarsità degli indizi somministrati dai documenti sopra menzionati. Guidato da criteri, forse troppo diffusamente esposti nel citato volume, ritenni di poter riconoscere nel monastero di eremiti, già esistente a Belmonte vicino alla città di Busca, l'antica certosa distinta con quel nome. Nelle mie ricerche però fraintesi un periodo dei citati documenti dal quale l'ubicazione, come ora suol dirsi, del monastero in discorso sembrava doversi determinare in modo diverso da quello che avevo immaginato. Il periodo erroneamente interpretato appartiene al documento 109 (2), il quale consiste in una quitanza delle certosine di Belmonte al monastero di Staffarda in data 17 aprile 1277: le monache ritirando dall'abbate e dai monaci del detto convento 300 lire astesi, si obbligarono a convertirle nell'uso ivi indicato; a guarentire, poi, le suore da ogni responsabilità verso il monastero di Staffarda intervenne all'atto il signor Giacomo, figlio del fu signor Gio<< vanni di Bricherasio, il quale, per incarico della priora e del convento di « Belmonte, in tutte le cause si rese mallevadore presso frate Giacomo, mo<< naco e sindaco del convento di Staffarda, dell'osservanza ed esecuzione << di tutto ciò che era stabilito nell'atto medesimo di quitanza » (3).

L'erudito e benemerito investigatore di memorie storiche, il quale mi rese consapevole dell'equivoco in cui ero incorso (4), vi aggiunse la considerazione, tratta da casi consimili, che l'intervento del signore di Bricherasio quale mallevadore del monastero di Belmonte dovesse attribuirsi al patronato spettante probabilmente ai signori di quel luogo sopra il detto monastero, da essi fondato o largamente beneficato; d'onde l'altra conseguenza che la casa religiosa di Belmonte fosse situata a Bricherasio o nelle sue vicinanze. In teoria la questione si presentava assai chiara; nell'ordine dei fatti la cosa

(1) Miscell., vol. cit., pag. 140 e seg.; ivi, docum. 107-109. (2) Miscell., vol. cit., pag. 264.

(3) « Et inde dominus iacobus filius quondam domini iohannis de bricayrasio mandato << dicte priorisse et conventus predicti monasterii de bello monte in omni causa pro ipsa priorissa et conventu de bellomonte fideiussit apud dictum fratrem iacobum recipientem << nomine abbatis et conventus stapharde de omnibus et singulis suprascriptis attendendis <<< et observandis. » Compariscono in questo atto, quali agenti a nome del monastero di Belmonte, frate Giacomo massaro e frate Bruno sindaco di quella comunità religiosa. Commentando la detta quitanza scambiai, inconsideratamente, Giacomo, signore di Bricherasio, per il frate Giacomo massaro di Belmonte. (Miscell., vol. cit., pag. 144-145).

(4) Cavaliere Benedetto dei Conti Baudi di Vesme.

andava diversamente perchè, dalle informazioni assunte venne esclusa l'esistenza a Bricherasio od in quei pressi di una località chiamata Belmonte.

In quel mentre lo stesso cultore di studi storici mi informò che nell'archivio dei Piossasco, signori di Scalenghe, trovavansi documenti relativi a certose femminili del Piemonte poco o punto conosciute: ottenni dalla gentilezza del possessore di quell'archivio (1) il permesso di poter esaminare e trascrivere i documenti or menzionati. Anche fra le carte conservate all'uffizio dell'Economato Generale dei benefizi vacanti trovai qualche documento relativo alle certose or accennate, e, valendomi dell'accordatami facoltà, ne trassi profitto per le mie ricerche.

La stessa benigna agevolezza ebbi a sperimentare da parte della cancelleria arcivescovile di Torino riguardo ad un volume di scritture conservato nei suoi archivi, proveniente a quanto pare dal monastero di S. Andrea a Chieri. Ma, se la cognizione di tali carte reca, per una parte, un contributo non trascurabile alla storia del Piemonte, il problema del sito occupato dalla certosa di Belmonte non vi trova tuttavia ancora la sua piena soluzione. Del che giudicherà il benigno lettore se vorrà seguirmi ed udire il risultato delle mie investigazioni.

In una delle più fertili regioni del Piemonte, poco lontano dalla sinistra del Po, tra Scalenghe e Castagnole, trovasi un cascinale chiamato Buonluogo. Risalendo a sei secoli addietro, invece degli edifizi attuali si presenterebbe allo sguardo del viandante un monastero di monache dell'Ordine certosino, chiamato appunto Buonluogo. La sua origine vuol essere collocata non più tardi dei primi anni del XIII secolo (2). Risulta infatti da una carta del 23 gennaio 1304, che nell'anno 1234, addì 24 settembre Ottone di Piossasco signore di Scalenghe e di Castagnole, confermò le donazioni fatte al monastero di Buonluogo da suo padre, Valfredo Folgore (3). Il casato nobilissimo

(1) Il conte Remigio Panissera di Veglio, discendente dai Conti Piossasco di Scalenghe e di Bardassano estinti nella sua ava materna.

(2) In una dissertazione compilata nel secolo XVIII o nel precedente si legge : « In questo << prossimo tempo » (l'anno 1086, epoca della fondazione dei certosini per opera di S. Brunone) << e prima certamente del 1180 qualunque siane l'espressione che per puro equivoco < possa aversi in qualche libro istorico, resta cosa certa essersi, tra li luoghi di Scalenghe e « Castagnole, feudi entrambi dei signori Piossaschi, eretto un monastero di religiose del << detto ordine cartusiano sotto il titolo di « Santa Maria » (Archivio Piossasco di Scalenghe presso il Conte Panissera. Mazzo « Monastero di Buonluogo e di S. Andrea di Chieri ».

(3) « Anno (1234, 24 settembre) in quadam cellula monasterii de Bono loco dominus Otho « filius domini Valfredi Fulguris de Plossasco pro se suisque heredibus confirmavit dicto << monasterio et monacis et conversis et renditis » (« rendues » in francese, oblati) « omnibus < eiusdem monasterii omnes donationes et alienationes quas iam dictus dom. Valfredus << aut homines eius quondam fecerunt eidem monasterio aut servioricibus (?) aut servito<< ribus suis promittendo... se contra ammodo non venire sed rata et firma..... tenere..... ita << vero quod non debeant nec possint predicta vel aliqua illorum vendere... alicui persone « vel personis et universitati nisi prius que essent de ordine, quod si facerent dictus dominus << Otho vel eius heredes possint et debeant ea recuperare et habere que essent de eorum << iurisdictione et banna similiter habeant et capere possint in omnibus hominibus qui et que << erunt de poderio et iurisdictione sua preterquam in conversis et monacis et donatis et ren« dutis omnibus eiusdem monasterii... Interfuerunt dom. Ugonus episcopus taurinensis (Ugo Cagnola 1231-1244) « dom. V. prior Casetellis» (Caselette?) « dom. « Valfredus archidiaconus « taurinensis dom. Maynardus primarius (primicerius?) dom. Martinus canonicus dom. Gu<< glielmus Bersator et Prior Petrus vallis de Peysio... » (Archivio Piossasco di Scalenghe

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