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PARTE PRIMA

(I quattro capitoli precedenti di questa prima Parte sono inseriti nel volume primo dell'opera presente, Miscellanea di Storia Italiana, serie 3, vol. I, dalla pag. 13 alla pag. 129).

CAPITOLO QUINTO

Secoli XIV e XV.

Provvedimenti Pontifici per la certosa di Montebenedetto. Relazioni di questa con altri istituti ecclesiastici: San Giusto di Susa; San Desiderio a S. Antonino; Chiese d'Avigliana; prevostura d'Oulx. Carte di protezione dei principi Sabaudi e dei luogotenenti Delfinali.

La certosa di Montebenedetto, sul principio del XIV secolo, epoca alla quale termina il quarto capitolo della parte prima, aveva raggiunto, può dirsi, il grado più eminente della sua esistenza: la munificenza dei Principi Sabaudi e la generosità di famiglie signorili o borghesi l'avevano arricchita di sostanze e di favori; la vita austera dei suoi religiosi e la saggia loro amministrazione posero il monastero in grado di ampliare le proprie possessioni coll'acquisto di vaste tenute, quale il podere di Panzone vendutogli dai monaci susini di S. Giusto. Vediamo ora come questa certosa abbia saputo, pur mantenendosi ognora fedele alla regola severa di S. Brunone, non solamente conservarsi in quello stato di floridezza, ma aggiungervi di quando in quando nuovi acquisti, cercando anche col mutare sede di sottrarre la casa ai pericoli minacciati o dall'ingiuria degli elementi o dalla malvagità degli uomini.

I provvedimenti emanati dalla Sede Apostolica riguardo alla certosa di Montebenedetto nei secoli XIV e XV sono pochi e non hanno per sè grande importanza.

Mi vengono per le mani innanzi tutto due lettere del legato apostolico Napoleone Orsini, cardinale di S. Adriano, date a Cortona il 13 ed il 24 febbraio 1307 (1): colla prima si commette all'abbate di Staffarda di comporre le controversie dei certosini di Montebenedetto frenando per mezzo delle censure ecclesiastiche la temerità dei maldicenti e dei calunniatori (2). Non è specificato se le questioni suddette esistessero tra la certosa ed estranei ovvero nel seno stesso della comunità religiosa di Montebenedetto; non mi sembra

(1) Napoleone, della celebre famiglia Orsini, creato cardinale diacono di Sant' Adriano

da papa Nicolò IV, morì ad Avignone l'anno 1347 (CIACONIO, t. II, col. 268). (2) Regolari Certosini Mombracco, serie I, vol. 51.

dubbio però che sia da preferirsi la prima ipotesi, trattandosi di reprimere l'audacia di lingue malediche e calunniatrici quali non allignavano in una famiglia religiosa, di cui la storia attesta la tradizionale esemplarità di vita e concordia di sentimenti. Con l'altra lettera il Cardinale di S. Adriano dichiara non essere il monastero di Montebenedetto tenuto alla « solutionem procurationis legatorum » (1).

In un'epoca di cui ignoro la data venne introdotta l'usanza di delegare dignitari ecclesiastici a giudicare le controversie mosse contro questo o quell'altro ordine religioso; queste delegazioni facevansi dal Pontefice Romano ed i delegati prendevano il nome di Conservatori. Più tardi troviamo che anche i Principi creavano dei Conservatori, scelti tra i magistrati membri delle supreme corti di giustizia, coll'incarico di trattare e decidere le cause di quel tale ordine monastico. La prima delegazione apostolica d'un conservatore all'ordine certosino ricordata nelle carte di Montebenedetto ebbe per autore papa Giovanni XXII, ed uscì il 4 luglio 1318; la persona scelta a quell'uffizio fu il vescovo d'Asti (2). Questa carica, conferita non alla persona ma alla qualità sua, durava indefinitamente; trovo infatti che sessanta e più anni dopo, il vescovo d'Asti, valendosi della massima giuridica, secondo cui il delegato può sottodelegare, deputò a surrogarlo nella Conservatoria dell'ordine certosino, per riguardo al monastero di Montebenedetto, il vescovo di Torino, l'abbate di S. Giusto di Susa, il prevosto di S. Lorenzo degli Umiliati di Pinerolo ed il prevosto dello stesso ordine d'Avigliana, ciascheduno in solido; questo decreto del vescovo d'Asti ha la data del 13 aprile 1378 (3). Il già nominato pontefice Giovanni XXII fece sentire una seconda volta la sua voce a favore dell'ordine certosino. Convien premettere che questo pontefice, sul principio della sua elevazione al grado supremo della cattolica gerarchia, aveva riservati ripetutamente, di tre in tre anni a favore della Sede Apostolica, i frutti dei benefizi vacanti nel primo anno di loro vacanza, ed in certe determinate provincie; la diocesi di Torino, in cui era situata la certosa di Montebenedetto, andava soggetta a quella riserva. Tale misura però non colpì sempre le case certosine poichè una bolla pontificia del 29 aprile 1330 le dichiarò esenti (4). Se non che, tre anni dopo quella dispensa, uscì un nuovo rescritto pontificio di rinnovazione della riserva or menzionata; ed ecco che il vicario del vescovo di Torino, l'arcidiacono ed il Capitolo della chiesa torinese, quali sottocollettori dei frutti dei benefizi vacanti, appoggiandosi all'ultimo rescritto papale, pretendevano dal monastero di Montebenedetto i proventi dell'ufficio di priore rimasto vacante tra la rinunzia di

...

Procuratio quodvis convivium

(1) Regolari Certosini - Mombracco, serie I, vol. 51. dicitur de exceptione (receptione, ricevimento). . . debita dominorum a vassalis, a quibus hospitio et conviviis condictis vicibus excipiebantur cum in eorum praedia divertebant, quae quidem procurationes interdum in summam aliquam pecuniariam convertebantur... Sed et legatis apostolicis... praestitae procurationes. (Dal Glossario del DUCANGE, t. V, pag. 882. Ed. Parigi 1734).

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(2) Reg. Certos. Mombracco, serie I, vol. 51. Giovanni XXII tenne il supremo pontificato dall'anno 1316 al 1334.

(3) Reg. Certos. - Mombracco, serie I, vol. 51.

(4) Questa bolla è inserita nella decisione arbitrale dell'abbate Rodolfo di S. Michele di cui infra, profferita il 6 febbraio 1336. V. questa data nell'indice dei documenti.

frate Gioffredo Robaudo e l'elezione di Francesco Bertrandi avvenute dopo quel rescritto (1). Rifiutandosi costui di arrendersi alle esigenze dei sottocollettori predetti ne seguì un processo innanzi al vescovo di Torino con esito sfavorevole alla certosa, la quale se ne appellò alla Sede Romana. Intanto però il vicario, l'arcidiacono ed il Capitolo di Torino, d'accordo col priore Bertrandi, rimisero la decisione della controversia a Rodolfo di Mombello, abbate di S. Michele della Chiusa, e questi pronunziò il suo lodo addì 6 febbraio 1336, nel castello abbaziale di Giaveno, assolvendo il monastero dalle pretese dei sottocollettori torinesi (2).

Le relazioni, che la certosa di Montebenedetto strinse, fin dal principio della sua esistenza coll' insigne monastero di S. Giusto di Susa, divennero più frequenti in seguito alla cessione di questo monastero alla certosa della cospicua tenuta di Panzone (20 aprile 1230) (3). Anche colla vicina prevostura di S. Desiderio in S. Antonino, dipendente da S. Giusto, la nostra certosa trovossi soventi volte a contatto per ragione di interessi patrimoniali (4). Molte cose rimangono a dire intorno ai rapporti della certosa col monastero Susino, alcune delle quali riguardano ancora il secolo XIII, e la maggior parte appartengono agli anni che si succedettero fino alla traslazione della certosa da Montebenedetto a Banda. Della prevostura di S. Desiderio occorrono invece poche notizie nelle carte di Montebenedetto nel secondo periodo dell'epoca suddetta; ne farò breve parola dopo esaurito il tema che ha per oggetto il monastero di S. Giusto.

Quello stesso abbate di S. Giusto Umberto, che albergò ai certosini di Montebenedetto il podere di Panzone, un anno più tardi, ossia il 25 marzo 1231, assistito dai monaci benedettini Pietro, priore del monastero Susino, Oberto, prevosto di Foresto, maestro Pietro, prevosto di Vigone e dal prevosto d'Al

(1) La rinnovazione della riserva ebbe luogo il 21 gennaio 1333, secondo che ricavasi dalla citata decisione dell'abbate di S. Michele del 6 febb. 1336. Un Francesco Bertrandi « de bruxolio era monaco a Montebenedetto nel 1320, nel quale anno comparisce come uno dei due arbitri tra il detto monastero, del quale era priore Ponceto, ed il curato d'Almese (Doc. 7). Questo Bertrandi era, verosimilmente, il Francesco, figlio di Umberto Bertrandi, distinto col numero [16], nella relativa genealogia. (Vedi l'avvertenza alla pag. 4). Forse a quell'epoca viveva ancora un altro Francesco Bertrandi [7], zio del prenominato, ma, da quello che si sa, egli era secolare. Il Francesco Bertrandi, certosino, rivestiva la qualità di priore già nel 1323, essendo stato in tale qualità nominato esecutore testamentario da Guglielmo Farguilli (Vedi nell'indice dei documenti la data del 16 agosto 1323). Risulta ancora della suddetta sua qualità l'anno 1329 (Doc. 49 annesso a questo volume) ed al 23 maggio 1332, nel qual giorno il priore di Montebenedetto, Francesco, richiede il vescovo di Torino d'autenticare la trascrizione del riscatto da una annualità dovuta dal suo monastero. (Miscell. vol. cit., p. 193). Sebbene in questa carta di richiesta non si legga il nome di famiglia Bertrandi non sembra da dubitarsi che il priore ivi indicato fosse quegli di cui discorro. Addi 10 dicembre del 1333 ecco ricomparire il priore Francesco Bertrandi a conchiudere un compromesso colla comunità di S. Giorio (V. questa data nell'indice dei documenti). Considerate per una parte le soprariferite epoche in cui Francesco Bertrandi era priore a Montebenedetto; tenuto presente d'altra parte che dopo il 21 gennaio 1333 il priorato di quella certosa rimase vacante per la rinunzia di Gioffredo Robaudo, convien dire che l'elezione di costui a priore ebbe luogo dopo il 23 maggio 1332 e che egli rinunziò a quell'uffizio tra il 21 gennaio ed il 10 dicembre 1333, nel qual tempo seguì pure la rielezione di Francesco Bertrandi. Questi rimase in carica fin dopo il 1359 (Vedi nell'Indice generale « Montebenedetto Priori »). (2) V. la nota 4 alla pag. precedente.

(3) Miscell., vol. cit., pag. 65 e seg.

(4) Ivi, pag. 68-71. Alla pag. 5 e seguenti di questo volume trovansi iscritte alcune informazioni di questa prevostura di S. Desiderio nonchè dell' altra di S. Antonino, situate ambedue nel villaggio di S. Antonino.

mese, stipulò col priore di Montebenedetto Falcone, un contratto d'enfiteusi <de quodam casali apud almisium (1) sub arca veteri et de quadam vinea << ibidem iacenti tenore tali quod res istas teneant usque ad XVI annos et << vineam excolant et solvant omni anno de eodem casali domui almisii « v solidos... de vinea autem VIII primis annis medietatem solvant vini puri << et aliis VIII annis medietatem pusche (2) et medietatem vini puri. Quas res << dictus abbas dicto priori usque ad prefatum terminum manutenere pro<< misit... ita tamen quod bestie eorum et animalia eundo vel redeundo in << rebus domus Almisii nihil offendant, et hoc retento quod elapso termino «eedem res ad domum almisii redeant absolute. Actum secusie in claustro « sancti iusti » (3).

Nel capitolo terzo di questa prima parte (4), trattando delle relazioni di Montebenedetto colla prepositura di S. Antonino, dipendente dal monastero di S. Giusto, venne nominato Giacomo des Echelles, abbate di quel cenobio, e vi si parlò dell'albergamento ossia dell'enfiteusi di parecchi beni stabili, situati a S. Antonino, data da lui alla certosa di Montebenedetto il 7 marzo 1264, mediante il doppio correspettivo d'un piccolo capitale pagato alla stipulazione dell'istrumento e d'un canone annuo perpetuo (5). Che questa convenzione non abbia incontrato il gradimento del monastero di S. Giusto, ed in particolare di colui che resse la prepositura di S. Antonino negli anni successivi lo dimostra un documento inserito nel citato volume, dal quale risulta che l'albergamento sopra indicato fu revocato con atto del 27 agosto 1289 (6). Ora, una Bolla papale, di cui venni in cognizione dopo la compilazione di quel primo mio lavoro, ci parla di molestie recate ai certosini dai monaci di S. Giusto, fra cui un Giacomo « quondam » abbate, il quale, come dimostrerò, non può essere altri che l'abbate Giacomo des Echelles. L'origine o la cagione di quei disturbi non è spiegata nella carta in discorso: le divergenze manifestatesi più tardi tra le due case religiose a proposito della convenzione

(1) Almese.

(2) Posca, nome volgare del vinello, ossia di quella specie di vino che si ottiene versando dell'acqua sui grappoli pesti, da cui già si trasse il vino puro.

(3) Regolari Certosini - Mombracco, serie I, vol. 4o, quinternetto quarto, pagine 322 e 353. Prendo occasione dall'essersi conchiusa la citata enfiteusi sotto il priorato di Falcone per accennare ad un altr'atto stipulato dallo stesso priore: trattasi della vendita d'un prato ad Avigliana che Montebenedetto e per esso il suo priore Falcone acquistò da un tale Giovanni di Monte Aimone, l'8 giugno 1237. La cosa in sè non ha importanza, presenta però questa singolarità che assistettero quali testimoni alla suddetta vendita, fatta a Susa in casa di Rodolfo Baralis, « Dominus Petrus episcopus Glandenensis ». Glandèves, città, una volta, vescovile, ora piccola terra del dipartimento francese « des Basses-Alpes », non lungi dal Varo; maestro Guglielmo suo cappellano, Umberto « de Salicis », Sauze o Sauce, località vicina a Glandèves, Romano de Glandis » probabilmente Glandèves, e Rodolfo Baralis. L'erudito conte Eugenio Cays di Pierlas, della cui amicizia mi onoro, mi servì di guida nell'interpretare la trascrizione di quest'atto esistente nel vol. 4o della I serie del più volte citato cartario certosino, informandomi inoltre che nella serie dei vescovi di Glandèves trovasi effettivamente un Pietro all'epoca di cui qui si tratta.

(4) Miscell., vol. cit., pag. 70.

(5) Ivi, docum. 63, pag. 222. Nel detto capitolo 3o si leggono brevi cenni intorno all'abbate Giacomo, il quale ebbe larga parte negli avvenimenti politici del suo tempo. Il ragionamento col quale cercai di determinare l'epoca della morte di Giacomo, notando la contraddizione esistente tra un documento dell'abbazia di S. Giusto ed una nota del Cibrario, deve essere rettificato col risultato delle indagini esposte nelle seguenti pagine del presente volume.

(6) Miscell., vol. cit., docum. 65, p. 223.

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