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Prato del Re appartenevano alla Canonica Fiorentina; e particolarmente un Diploma, che conteneva il bando dell' Imperadore Ottone, il tenore del quale era, che niuna persona di qualunque condizione ella fosse presumesse di spogliare senza un legale giudizio la Canonica Fiorentina de' suoi beni, e nominatamente del Campo, e del Prato del Re; colla pena a chi contravvenisse di dover pagare duemila Mancusi d'oro (1), una parte alla camera del Re, cioè dell' Imperadore, e un'altra alla nominata Canonica: il qual bando era sottoscritto di propria mano del Vescovo Fiorentino Podone di beata memoria (2), e da Pietro Vescovo di Fiesole colla testimonianza di otto Giudici, e di sei Notai. Veduto, ed esaminato tutto ciò, i Giudici si voltarono alla parte contraria, rappresentata da Gisone Rettore (detto quì Custode) della Chiesa di S. Lorenzo, intervenuto pel suo Capitolo, obbligando anch'essa a esporre quel che avea da difendersi. Ma non avendo questa che produrre in sua difesa, chiese qualche dilazione di tempo da poter far ricerca nell' archivio della Chiesa Fiorentina, dove confidava, che fosse qualche monumento in prò della sua causa; e le fù conceduta dal dì 2. di Gennajo fino alle calende di Febbraio; colla condizione, che sì l'una, che l'altra parte fino alla definitiva sentenza non usassero atti di giurisdizione sopra la terra controversa. La parte adunque si mise con tutta la diligenza a cercare per più giorni nel mentovato archivio insieme con Giovanni Visdomini, e R., . . Castaldione del Papa, se carta vi fosse da poterle giovare: ma nulla avendo trovato, passò a metter fuori altre ragioni, per cui difendersi. Giunto finalmente il termine delle calende di Febbrajo assegnatole a rispondere, non solamente ella non comparve, ma contro la proibizione fece atti di dominio sopra il terreno.

Frattanto sopraggiunsero lettere del Pontefice Niccolò indirizzate al nominato Uberto Abate, e a Giovanni Visdomini, aggiuntogli per compagno, nelle quali dava loro la commissione di giudicare sulla lite tra i Canonici Fiorentini, e quelli di S. Lorenzo intorno al Campo Regio, secondo la legge canonica, e civile; colla minaccia, che chiunque avesse mosso nuo

(1) Della qualità, e valore di questa moneta, di cui vari sono i pareri, si veda il Du-Cange nel suo Glossario alta voce Mancusus.

(2) Podone è quegi, che è detto volgarmente S. Podio, o Poggio, di cui si à la festa il dì 28. di Maggio.

ve difficoltà dopo la sentenza, non solamente non potesse entrare in possesso della terra controversa, ma dovesse anche perdere di quelche ei possedeva; e coll' intimazione del solito regio bando, e dell' altre pene costituite dalle leggi si canoniche, che civili, a raffrenare chi vi volesse contravvenire. Allora i due Giudici delegati, adunato nuovamente, secondo l'ordine del Pontefice, il Clero, e il popolo nella Canonica della Chiesa maggiore, ivi ricominciarono il giudizio. I Canonici Fiorentini di nuovo produssero, come l'altra volta i loro recapiti: ma interrogata l'altra parte, se avesse con che difendersi, ella rispose che nò. Interpellato pertanto il consiglio de' Giudici, e d'altri ivi presenti, fù pronunziata la sentenza in favore de' Canonici Fiorentini, e fù data loro l' investitura del Campo del Re da Uberto Abate, e da Giovanni Visdomini, e ne furono messi nel corporal possesso da R . . . . Castaldione del Papa, e ciò seguì l'anno 1061. secondo lo stile comune, terzo del Pontificato di Niccolò. In piè dell' istrumento è sottoscritto Viniildo, che fù il notaio, che sene rogò. Non vi si legge il giorno della sentenza; ma dal contenuto și raccoglie, che seguì nel mese di Febbrajo. La Bolla poi di Niccolò, della quale ne è riportata la copia nel corpo dell'istrumento, è mancante della data; ma leggendosi in quello esser comparita avanti, che si ripigliasse il giudizio in essa ordinato, il che fù nel mese di Febbrajo, si deduce, che la data fù dello stesso mese.

Pronunziata contro i Canonici di S. Lorenzo la definitiva sentenza, convien dire, che non acquietandovisi persistessero nell' insussistente loro pretensione, e perciò essendo, come io penso, per la morte del Pontefice Niccolò (1) liberi dal timore d'incorrere nelle pene minacciate loro da esso nel caso, che avessero mosso dopo la prima sentenza nuove difficoltà, dal tribunale ecclesiastico appellassero al secolare. Imperciocchè v'è un' istrumento, che contiene il nuovo giudizio, che fece sulla loro causa la Duchessa Beatrice, madre della celebre Contessa Matilde, la quale allora in assenza del Duca, e Marchese Goffredo suo marito governava sola la Toscana. Il giudizio fù fat

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(1) Morì in Firenze l'anno 1061 il dì 22. di Luglio, venutovi sulla fine dell' anno antecedente a visitare un' altra volta il suo Vescovado (Pontefice, scrive ilurarori, benemerito della Santa Sede, e degno di maggior vita) è fù sepolto, do la più comune opinione, nella Cattedrale, ove erano stati sepolti i due suoi antecessori Vittore II., e Stefano IX., morti essi pure in Firenze.

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to presso il Castello del Borgo a S. Lorenzo in Mugello, dove essa allora si ritrovava a sentire, e terminare le cause, che occorrevano. Le assisterono al tribunale Pietro Vescovo di Pesaro, Trasmondo Vescovo di Fiesole, Uberto Abate di S. Miniato, e alcuni Giudici, e altri molti, che vi si leggono descritti. V'intervennero per la parte della Chiesa Cattedrale Martino Proposto, Rozzone Arciprete, Bernardo Arcidiacono, Gherardo Diacono, e Orlando Cherico, tutti Canonici Fiorentini, e per l'altra della Chiesa di S. Lorenzo Gisone Custode di essa. I Canonici Fiorentini produssero in favor loro i medesimi monumenti esibiti nell'anteriore giudizio. Ma richiesto Gisone a produrre le ragioni della sua Chiesa, protestò di non aver documento alcuno da esibire (cosa appena credibile! ostinarsi in una pretensione, fino ad esporsi più volte a un giudizio pubblico per sostenerla, e non aver ragione alcuna onde poter farla sussistere).

La Duchessa pregò i Giudici a consigliarla intorno a quelche ella doveva risolvere, i quali concordemente risposero, che secondo i monumenti prodotti, e esaminati, il Campo Regio apparteneva alla Canonica Fiorentina, e che niuno poteva spogliarnela; e vi concorsero colla loro approvazione i due Vescovi, l'Abate di S. Miniato, e i Causidici, che ivi erano presenti, Allora la Duchessa stendendo il bastone, che ella teneva in mano (1), investì del Campo Regio i Canonici Fiorentini, e subito il Proposto col suo Avvocato protestò in nome loro, che essi ne erano già in possesso; e che se v'era alcuno, che avesse da contradire, erano preparati a rispondere per terminare legittimamente la causa. E non vi essendo chi contradicesse, la Duchessa in virtù della sentenza de' Giudici stendendo nuovamente il bastone, intimò il bando del Re, (cioè dell' Imperadore Ottone) il quale proibiva a chiunque si fosse, di spogliar de' suoi beni senza un legale giudizio la mentovata Canonica, sotto la pena di due mila Bisanti d'oro (2) da pagarsi una metà alla camera dell' Imperadore, e un'altra alla suddetta Canonica. In questa maniera finì presto la causa, e fù ordinato, che sene facesse l'istrumento; il quale fù scritto da Pietro no

(1) Lo stendersi del bastone era già uno de' segni del darsi l'investitura, o sia il possesso, dei beni stabili.

(2) Sulla qualità, e valore di questa moneta, sù di cui diverse sono le opinio. ni, si veda il Du-Cange nel suo Glossario alla voce Bisantium.

taio, e giudice del sacro Palazzo. Il giudizio seguì il dì 8. di Novembre dell' anno 1061. indizione decimaquinta. In piè della carta, dopo il segno della Duchessa, si leggono sottoscritti Pietro Vescovo di Pesaro, e Trasmondo Vescovo di Fiesole, e nove giudici. Gl' istrumenti di questi due giudizi si conservano originali nel ricchissimo archivio del Capitolo Fiorentino, e si leggono riportati dal Capitano Cosimo della Rena nella Serie degli antichi Duchi, e Marchesi di Toscana. Ed io ho voluto descriverne minutamente il contenuto per appagare la curiosità di chi non fosse informato della solennità, ordine, rettitudine, facilità, e brevità, con cui si facevano di quel tempo, e si terminavano i giudizi.

Non erano scorsi per anche venti anni dalla consacrazione della nuova Chiesa di S. Lorenzo fatta da Papa Niccolò, quando moltiplicatisi fuor della città per ogni parte i Borghi, risolverono i Fiorentini di chiuderveli dentro per renderla più ampia, e l'anno 1078. cominciarono un nuovo giro di mura, che furono quelle, le quali si dissero del secondo cerchio: sicchè la Chiesa di S. Lorenzo, che dal suo principio fino a quel tempo era stata fuori della città, vi rimase dentro compresa, ma per modo, che era pochi passi distante dalle nuove mura; e la nuova porta, che ivi fù aperta in faccia a tramontana, fù detta la Porta di Borgo S. Lorenzo, perchè piantata nell'antico Borgo di questo nome,' che ne conteneva la Chiesa (1). E

(1) Dal sapersi per sicuri riscontri, che la porta del secondo cerchio, della qua le si parla, era situata al fianco sinistro della vecchia Chiesa di S. Lorenzo, e volta a Tramontana, ci convince, che la vecchia Chiesa di S. Lorenzo era piantata, come lo è presentemente la nuova, colla porta maggiore volta a Levante. Non poche riprove abbiamo nei nostri ricordi di questa sua situazione. In un decreto, che fece la Repubblica l'anno 1418. per la rinnovazione di essa Chiesa, si ordina, che ella sia accresciuta un lungo tratto per la parte posteriore, ciò che fù fatto secondo il nuovo disegno, sicchè, se la porta maggiore fosse stata volta a Tramontana, l'ac crescimento sarebbe seguito, non per la parte di Ponente, come si vede, ma per quella del Mezzogiorno, ove si sà, che era posta l'antica Canonica, attaccata alla Chiesa, nello stesso luogo appunto della nuova. Rammentandosi poi più volte nelle nostre memorie la Cappella della vecchia Chiesa sotto il titolo di S. Concordia, che era accanto alla Cappella maggiore dal lato destro, vi si dice situara dalla parte del Mezzodi, presso la porta laterale, che metteva nella Canonica; ciò che non si sa rebbe potuto verificare, se la Chiesa avesse avuto la porta maggiore volta a Tramontana. Un altro nommen convincente riscontro ne abbiamo in un'iscrizone in marmo, la quale si conserva nell'orto della casa Priorale, ed era già affissa al muro esteriore della vecchia Chiesa, in cui si legge, che un certo Giorgio di Vanni dal Canto, l'anno 1353. fece fabbricare un tetto, che si stendeva dall' angolo del campanile (il quale è certo che era piantato dalla parte sinistra della Chiesa a livello

allora fù, che ad essa rimase dentro le mura della città quella sola parte della sua parrocchia, che la circondava, e stendevasi fino ai termini di quelle del Duomo, e di S. Maria Maggiore, essendo tutto il rimanente restato fuor della porta alla contigua Chiesa, e fuor dell'altra, che chiamavasi già la Porta di Campo Corbolini,o alla forca di Campo Corbolini, la quale fù aperta lì, ove è la piazza, che dicesi di Madonna, verso Ponente. Fuori della nuova porta di Borgo S. Lorenzo tutto quello spazio, che comprende le due vie, le quali sono appellate, l'una de' Ginori, e l'altra di S. Gallo, secondo l'uso di quei tempi acquistò anch'egli il nome di Borgo S. Lorenzo, e si durò, anche dappoichè fù ampliata la Città col terzo cerchio delle mura, a chiamarlo così fino a una parte del secolo decimoquarto, come ci assicurano molte carte: la qual denominazione in progresso di tempo ivi perdutasi, l'ha ritenuta costantemente l'antico Borgo, che restava fuor della porta del primo cerchio, detta la porta di Duomo, o del Vescovo, il quale anche oggidì si chiama Borgo S. Lorenzo.

Dopo Gisone Rettore, o Custode della Chiesa di S. Lorenzo nominato nel Registro del Vescovado Fiorentino, nella Bolla di Niccolò II., e negl' istrumenti delle due sentenze, si vede comparire nel nostro catalogo all'anno 1094. Pietro col titolo di Proposto (1). La notizia di questo soggetto si ha da

del capo di essa) fino alla porta laterale, rimpetto alla casa di quei della Stufa, posta di quel tempo, come lo è anche al presente presso la via, che dicesi della Stu fa, d'onde prese il cognome quell'illustre famiglia. Avendo dunque la Chiesa il muro laterale sinistro volto a Tramontana, ne viene in conseguenza, che ella avea Ja faccia volta a Levante. Io ho stimato necessario di addurre questi incontrastabili documenti, lasciandone altri per brevità affine di disingannare coloro, che sono ostinati in credere, che la vecchia Chiesa di S. Lorenzo fosse volta colla faccia per la parte di Tramontana.

(1) Ego Petrus Beatissimi Laurentii Praepositus, & Levita indignus. Dalla maniera con cui si sottoscrive, potrebbe dubitarsi, che egli fosse quel medesimo Pietro, il quale in due altre carte del 1082., e 1084. appartenenti al Capitolo Fiorentino io trovo tra gli altri Canonici sottoscritto così: Ego Petrus S. Florentinae Ecclesiae Canonicus, & Levita indignus, passato poi al Priorato di S. Lorenzo. Il Migliore nella Firenze illustrata dal veder nominato, e sottoscritto in quest' istrumento il Proposro, e non il Priore di S. Lorenzo credè di doverci comunicare una sua erudizione non esser per questo, che non vi fosse in quella Chiesa un Capo principale, che avesse il titolo di Priore, titolo in ,, quei tempi appartenente alle Collegiate, perocchè agli atti contenziosi, e di zienda non si usò di nominar nei contratti la prima persona, ma la seconda, per conservar quella nel suo grado, e per un maggior rispetto della sua dignità; onde chi non sapesse queste distinzioni antiche, non si pensasse, che S. Lorenzo non fosse allora in possesso della dignità del Priorato Ma egli o non sep

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