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Porrine in memoria della prodigiosa liberazione. Ogni qualvolta poi ricorrono i pistoiesi alla divina Madre, pregandola innanzi a questa imagine divotissima, e ciò avviene tanto spesso, quanto pur troppo sono frequenti le pubbliche calamità da stornare, o le particolari grazie da chiedere, sempre ricordano il santissimo vescovo Atto, che la pose in tanto onore presso i loro avi, e spesso egli pure, supplicando innanzi ad essa le richiamò sopra uno sguardo di predilezione dal suo celeste prototipo, la immacolata madre Maria, la quale per mezzo di essa si compiace di spargere in gran copia i suoi favori sopra chiunque con fiducia innanzi vi prega .

CAPITOLO XXI.

DEGLI ULTIMI ATTI DELLA VITA DEL S. VESCOVO:

DELLA SUA BEATISSIMA MORTE, E DEL SACRO CULTO COL QUALE DOPO DI ESSA VENNE ONORATO.

Mortuus est in senectute bona.

I. PARALIP. 29. 28.

E del suo grembo l'anima preclara
Muover si volle tornando al suo regno.
DANTE. Parad. C. 11.

In tal guisa il venerabile Atto aggiungeva alla pienezza delle opere sante e de' meriti, che gli preparavano l'encomio finale del divino Padre di famiglia, e la celeste corona delle battaglie ben combattute e della carriera fedelmente trascorsa. Una superua illustrazione, più che la gravezza degli anni omai valicati oltre quel termine in cui, giusta l'espressione del profeta, la vita è travaglio e dolore, gli diceva che la sua fine era presso: ed egli servo vigile e desto, come fu sempre, già sentiva nella notte di questo secolo appressarsi alla porta il suo celeste Signore non coll'ansia di chi paventa la faccia del giudice severo, ma coll' acceso desio di chi attende un dilettissimo amico.

Poche cose si narrano del santo vescovo dall'epoca sopra descritta sino alla beata sua morte. Trovo che il

25 Novembre dell' anno 1151 consacrò nella chiesa di s. Zenone un altare in onore di s. Procolo colla invocazione di s. Luca evangelista e di s. Donato vescovo e martire, che quivi collocò le reliquie del martire s. Teodulo, le quali se consistevano in una parte notabile de' sacri avanzi mortali di questo glorioso atleta di Cristo, com'è presumibile, bisogna ben dire che grande solennità si celebrasse nella traslazione di quelle, ed è molto da lamentare che, insieme colla memoria e con ogni vestigio del detto altare o cappella, si sia perduto intieramente quel prezioso tesoro (1).

Trovo pure che circa due anni appresso, vale a dire il 16 di Febbraio del 1153, incaricò Giovanni prete e pievano di s. Paolo d'assistere nel chiostro della sua pieve alla stipulazione d'un atto, per cui Martino Mogroilo per rimedio dell' anima sua e di quella de' suoi genitori, dona alcune terre alla Chiesa di s. Zenone, e costituisce un censo a favore del s. vescovo e de' sucsori di lui (XIV).

Quello però che maggiormente richiama la nostra attenzione, e che possiamo riguardare siccome il testamento e l'ultimo ricordo del santissimo pastore, è il legato d'un poderetto suburbano che lascia allo spedale di s. Iacopo, posto nel borgo gaialdatico, già da lui beneficato altra volta alcuni anni innanzi (2). Era questo

(1) Si legge in un codice dell' archivio capitolare numerato C. 2. e intitolato · Disciplina cleri et Martyrologium antiquum — la seguente memoria scritta in caratteri contemporanei'.

Dominicae Incarnationis anno mill. 151 dedicatum est in ecclesia s. Zenonis altare unum in honorem s. Proculi cum vocabulis et patrociniis s. Lucae evgtae., s. Donati epis. et martyris et dicti Proculi confessoris: et additae sunt in eo reliquiae s. Theodoli martyris. Facta est autem eadem consecratio tempore Domini Papae Eugenii 111 episcopatus ve. A. episcopi pistor. anno nono decimo. VII kal. Dec. in festivitate s. Prosperi.

(2) SALVI. Istoria di Pistoia. Par. 2. lib. 2. Tom. 2. pag. 83.

forse l'unico possedimeto acquistato coi pochi danari sopravanzati alle infinite larghezze verso de' poveri in molti anni d'usufrutto d'una pingue mensa episcopale : forse era un piccolo fondo campestre, dove il santo vecchio negli ultimi anni della sua vita andava di quando in quando a ripigliare un poco di lena dalle fatiche e dalle cure del suo ministero colle innocenti distrazioni della villa. Questo fondo però distava sì poco dalla sua residenza, ed era poi contigno per modo allo spedale cui lo donò, che bisogna inferirne non avere esso per qualche poco di ricreazione villereccia, seppure la usò tralasciato mai punto nulla degli uffici suoi pastorali, nè certamente aver mai disgiunto anche il più piccolo alleviamento dalla cura de' suoi cari pellegrini ed infermi, cui poi aveva in animo di fare eredi di quell'unica sostanza che gli rimaneva nel mondo. Infatti fu per essi l'ultimo atto o pensiero di cui si serbi memoria, siccome io diceva, fu pel suo s. Iacopo, al cui nome ed

onore consacrava quella opera santa, fu per la sua diletta sposa, la Chiesa di s. Zenone, cui voleva che su quella modesta eredità fosse assegnato un perpetuo ricordo in offerte annuali da presentarsi nelle festività del santo titolare e protettore, fu pe' suoi successori, ai quali pure legò la loro parte di questo pio retaggio, e con essa il suo affetto, lo spirito, la protezione che è pronto ad accordare loro dal cielo. Quanti delicati pensieri, quanti bei fini raggiunti nella semplice erogazione d'un piccolissimo patrimonio, non eccedente le otto coltre di terra! Così fanno i santi in mano loro anche l'obolo della carità provvede a mille bisogni.

E vedete ammirabili disposizioni di Dio. L' istrumento di questo atto così importante e significativo nella sua semplicità, che porta in fronte la data dal palazzo episcopale, sotto di ventiquattro Aprile 1453 (XV) pende

sempre da quelle sacre pareti; sette secoli vi corsero sopra, i successori di s. Atto passarono a traverso a mil· le vicende, videro più volte divorati dal fuoco i più preziosi documenti della loro chiesa, abbandonarono l'antico domicilio meno sontuoso sì del presente, ma certo più consentaneo al sacro carattere di chi vi abitava, congiunto alla casa di Dio, non contaminato d'amare reminiscenze; e il testamento del santo antecessore gli ha seguiti anche là: quel pietoso ricordo d'un pa dre che lascia la terra vi è sempre munito della firma autografa del venerando vescovo, che la divina misericordia m'ha conceduto di ravvivare quasi estinta e d'allogare sotto un'effigie delineata ne' tempi meno lontani dall'epoca in cui esso viveva, e ritraente più al vivo l'indole mite di quell' anima santa, non che le forme esteriori di cui rimangono ancora non oscuri vestigii nella sacra salma, che possediamo .

E quella soscrizione dice essa pure qualche cosa. ATTO O Azzo, cambiamento frequente in quell'epoca per l'analogia della r colla Z, PECCATORE, MONACO E detto, o CHIAMATO VESGOVO DI PISTOIA. Nel concetto di quell' anima umilissima prima si rappresentava la sua reità innanzi a Dio, e questa confessava al cospetto degli uomini per conciliarsi più facilmente la divina misericordia: quindi si manifesta nella sua qualità più spregevole agli occhi del mondo, ma sommamente a lui cara, perchè la più propria d'un penitente e la più simile a Gesù Cristo : finalmente tanto si reputa indegno dell' augusta dignità di cui è fregiato, che ne distorna in certo modo lo sguar do, non ardisce denominarsi per quello che è, e solo si dice quello che all' esterno apparisce, come per comune vocabolo dagli altri si chiama. Mi diranno che queste son formule o frasi: ma è certo che le derivano sempre da una prima idea vera e reale, e se una tale

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