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sciagure, che a dire propriamente è la cristiana carità, la Chiesa cattolica non solo la esercitò e la insegnò sin di principio, ma la inserì nell' uman genere come un felice innesto che ne doveva ingentilire la natura selvaggia, e germinare una civiltà novella analoga sì in alcuni de' suoi riguardi alla civiltà pagana, perchè in fondo entrambe avevano un'istessa materia a trattare, nè potevano esimersi dal servirsi delle medesime forme; ma diverso al tutto n'era il punto di partenza, lo spirito e lo scopo finale al quale tendevano. Dappoichè la civiltà cristiana muoveva dal cielo e, traendo di lassù un raggio del bello infinito e una inspirazione dell' infinito amore, passava sulla terra come il sole, e dopo avere irradiate tutte le cose della sua luce e del suo calore vitale, ritornava al cielo, segnandone la strada alle umane generazioni. La civiltà pagana al contrario partiva dalla terra: di quì attingeva il suo spirito, qui fissava la vista e l' intendimento, e dopo essersi levata alquanto nell' atmosfera terrestre, come una fiamma fosforica che riverbera sulla sommità degli oggetti una luce abbagliante, ma incerta e priva affatto di calore e di vita, ripiombava sulla terra trattavi dalla sua naturale gravezza, e nel terreno limo tornava sempre a ravvolgere le anime che s'affidarono alla sua scorta. Quindi l'inevitabile contrasto, posciachè la Chiesa di Cristo, riavutasi alquanto da' suoi lunghi patimenti per la pace di Costantino, mise una mano vigorosa all'ordinamento della nuova società. Fu la lotta della vita e della

morte: era la città di Dio che, come la descrive con impareggiabile eloquenza Agostino, guerreggiava senza posa la città di Lucifero, la conquideva, le rapiva i tesori delle sue voluttá, dileguava i prestigii con che aveva ammaliato tutte le genti e nella disperazione dell' orgoglio umiliato metteva a ferro ed a fuoco il terreno, che non potea più difendere, perchè fosse meno allegra la vittoria dell'odiata rivale, e fuggendo si lasciava dietro un orribile traccia di delitti e di sangue.

Se avessero assistito a questo conflitto supremo, o con occhio più imparziale avessero saputo contemplarlo certi entusiasti lodatori del paganesimo, non avrebbero mosse tante querele contro la Chiesa cattolica, nè avrebbero fatto ricadere sopra di lei molte colpe, che pesavano unicamente sopra il suo implacabile antagonista. Esso solo si fu che fiaccò gli spiriti, che gli concitò ad una resistenza impotente contro l'ineluttabile decreto divino, che chiamò il diluvio dei barbari; che colle stesse sue mani parricide avrebbe sterminato Roma, se non era scritto in cielo che dessa dovea sopravvivere ad altri più nobili destini. Quando infatti imperatori efferati e brutali, gettavano nel fango la veneranda maestà del senato, calpestavano ogni divino ed umano diritto, e per mero passatempo mettevano in fiamme la metropoli dell' universo, quando un popolo degradato e sitibondo di piaceri e di sangue riguardava la prostituzione come un atto religioso ed accettevole alla divinità, ed assisteva alle carnificine dei gla

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diatori e degli uomini dati in pasto alle fiere, come al più gradito spettacolo, quando questo medesimo popolo immemore dell' antica grandezza si comprava questi barbari diletti colla soggezzione più ributtante ad un potere arbitrario e tirannico, vendicandosi poi del suo avvilimento sopra una turba di schiavi ridotti alla condizione di bestie; - allora il cristianesimo perseguitato a morte dava gli esempii del coraggio più eroico, apparecchiava alle piaghe sociali una medicina vivificatrice nella legge universale di carità: costituendosi in una ammirabile gerarchia, presentava agli uomini un perfetto modello per riordinare la scomposta società, e dopo che ai tempi della prova ebbe dato un ricovero nelle sue latebre alle arti ed alle scienze fuggitive da tanti orrori, uscito libero alla luce del giorno salvò molti monumenti dell' antica civiltà, consacrandoli alla religione, e raccolse nelle sue scuole ed elevò sulle sue cattedre le più belle tradizioni della greca e latina sapienza.

Se avesse considerato bene questi fatti qualche storico degli ultimi tempi del romano impero se i pregiudizi di setta e l'antipatia contro la Chiesa cattolica non gli avessero fatto velo agli occhi dell' intelletto, certo poteva inferirne delle conseguenze ben diverse e meno opposte all' evidenza della verità.

Ma è tempo omai che io mi diparta da queste trattazioni capaci di fornir materia a libri più voluminosi ed importanti, e ravvicinandomi maggiormente al mio argomento getti uno sguardo sul secolo XII,

a cui appartiene il personaggio del quale ho preso à descrivere le geste.

In questo secolo la Chiesa cattolica non si contenne più dentro le sue trincee, se m'è lecito dir così, ma dalla propria difesa passò all' aggressione del campo dell' inimico. Ella non si contentò di mantenere il suo divino retaggio nel recinto del santuario, ma fuori di esso distese le sue conquiste. Intesa a beneficar l'uomo anche negli interessi della terra, prese a ricostituire la società moderna, ad assicurarla sopra solide basi, e raffermarla col cemento di tutti più forte, quello della religione.

Anche in questo secolo stesso però la Chiesa ebbe a fronte dei nemici, e questi tanto più numerosi e potenti, quanto il principe delle tenebre vedeva più pericolante il suo dominio nel mondo. Ella come i fabbricatori del tempio e della santa città di Gerosolima dopo la schiavitù babilonese, dovea con una mano travagliare al grande edificio, e coll' altra impugnare la spada per difendersi dagli attacchi incessanti di coloro che volean distruggerlo o disturbarlo. Questi nemici erano tre principalmente, uno al di fuori, due al di dentro il primo il furore musulmano che metteva a ferro e fuoco l'oriente, e già sull' occidente faceva risuonare cupamente la minaccia d' esterminio e di morte: il secondo la barbarie, trista conseguenza degli sconvolgimenti, e delle agitazioni proprie di quell' epoca di passaggio o di transizione, come dicono comunemente il terzo il paganesimo non ancor domo che sempre sussisteva

nelle vecchie tradizioni e consuetudini de' popoli, e si riproduceva nell'eterne contese del sacerdozio e dell'impero.

Ora se il nostro secolo XII ebbe a fronte tutti insieme questi nemici, e' s' illustrò d'altronde per gloriosi combattimenti che sostenne contro di loro, e pei nobili trionfi che riportò. La sua aurora fu rallegrata dai lieti cantici della vittoria che le armi pietose dei cristiani aveano riportata sul feroce ottomanno e di cui il sommo pontefice Pasquale II (1) riceveva il fausto annunzio (1100). Gli eserciti crociati, accesi pei conforti del santo eremita Pietro, e capitanati dai famosi principi Goffredo, Baldovino e Boemondo, avean fiaccato l' orgoglio della mezza luna ne' campi di Palestina e sotto le mura d'Antiochia e di Nicea: era liberato dalle mani degli infedeli il sepolcro di Cristo, e lo stendardo della Croce sventolava sulle mura di Gerosolima, meta a tanti desiderii e tante speranze che produssero miracoli di coraggio e di virtù militare. Le crociate furono troppo severamente giudicate da uomini leggieri ed incapaci d' apprezzare lo slancio d' un' anima penetrata di religioso entusiasmo. Ma chi più profonda

(1) La lettera comincia così: PASCHALI PAPAE ROMANAE ECCLESIAE ET OMNIBUS EPISCOPIS ET UNIVERSIS CHRISTIANAE FIDEI CULTORIBUS, PISANUS ARCHIEPISCOPUS APOSTOLICAE SEDIS LEGATUS, ET GODEFRIDUS DUX, GRATIA DEI ECCLESIAE S. STEPHANI NUNC ADVOCATUS, ET REGINALDUS COMES S. AEGIDII ET UNIVERSUS DEI EXERCITUS QUI EST IN TERRA ISRAEL, SALUTEM. Baronio Annal. Eccl. anno 1100.

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