dimostrato, e dimostra di avere a cuore il sostegno di queste prerogative, come ancora ultimamente ne ha raccomandata la difesa al nostro ambasciatore in Madrid per via di viglietto del segretario del dispaccio universale, si erano raddoppiate le speranze di ridurre ben presto quest'affare al suo dovuto adequamento. Ma nulla giovarono i nuovi impulsi presso di quella corte, come pure furono soverchie le rappresentazioni di una lettera scritta dal detto cardinale con molta efficacia al cardinal Paulucci, o almeno, ad altro non hanno servito, che ad obbligarla, forse più presto di quel che voleva, a dare il disinganno con la risposta, che fu rimessa dal cardinal Paulucci sotto il 26 di luglio, la quale in sostanza non è altro, che una copia di quella medesima memoria, che fu già data sul principio dallo stesso cardinale Paulucci al cardinale della Tremoille, nella quale tra gli altri capi fu preteso, che avesse ad osservarsi liberamente l' interdetto, e che dovesse dopo tutto ciò restare il Papa senza alcuna minima sospensione nell'intiera libertà di far quel che avrebbe più stimato. Il cardinale della Tremoille ne diede subito parte a S. M. in una sua lettera, che qui fedelmente trascrivo, per riconoscere dal ragguaglio che vi si fa di questo maneggio, qual sia il concetto che deve aversi di un procedimento di questa sorte. Copia di lettera scritta dal cardinale della Tremoille a S. M. il 28 luglio 1714. « Dopo avere ricevuta la lettera, della quale V. M. mi ha << fatto l'onore in data del 7 di questo mese, ancorchè il signor << cardinale Paulucci mi avesse bastantemente fatto intendere << ciò che mi si risponderebbe sopra il progetto che io aveva pre« sentato, io credei, che sarebbe necessario avanti di eseguire « gli ordini, che quella contiene, di ottenere una risposta << chiara, positiva et in iscritto da parte del Papa, affinchè « non fosse imputato a V. M., o almeno a me di avere rotta « la negoziazione. Io fui dunque a trovare il signor cardinale << Paulucci espressamente per domandargli questa risposta, « egli mi disse, che il Papa avea sempre pena a trattare di ac« commodamento; perciocchè qualunque accommodamento, << ch'egli facesse, se ne potrebbe inferire, ch'egli approvasse << il tribunale della Monarchia, il quale egli non volea asso<< lutamente approvare; facendomi intendere, che sarebbe più «a proposito, che V. M. avesse fatto cessare di fatto tutto « quello, che avea data occasione a queste differenze, cioè << che ella avesse pigliato il ripiego di fare osservare l'inter« detto, e di richiamare i vescovi: et io gli replicai, che io « non vedea in che se ne potesse dedurre questa conseguenza << dentro il progetto che io avea proposto, poichè ivi era spe<< cificato, che non si domandava, che egli la approvasse, ma « che era facile vedere, che questo non era se non un prete<< sto, per non entrare in accommodamento, che egli era inau«dito, che non si degnasse solamente darmi una risposta : « egli mi rispose, che io poteva prendere ciò che egli mi di« cea per risposta, e che questo era il sentimento di Sua San<tità. Io gli replicai, che ciò non mi bastava; che io vedea « bene, che si vorrebbe darmi una risposta, la quale non fosse « già (parlando propriamente) una risposta, che io conoscea « la maniera di trattare di questo paese, che io avea da nego<< ziare con un Principe, il quale avea voluto fidarsi di me; che «io volevo almeno renderli un sì buon conto della mia con<< dotta, ch'egli nulla potesse imputarmi; e che in fine io de<< siderava una risposta chiara, e in iscritto. Egli mi disse che « prenderebbe l'ordine di Sua Santità di nuovo per darmela. « Io resi immediatamente conto al signor abbate del Maro di << ciò ch'era passato, affinchè egli facesse sapere a V. M. che io « non era ancora in istato di rispondere con la feluca, che << partiva, alla lettera della quale mi avea ella onorato; sopra << di che io mi rimisi a ciò che egli avrà avuto l'onore di si« gnificarle. Il signor cardinale Paulucci intanto mi inviò per << iscritto la risposta, la quale è la medesima che mi era stata << data la prima volta, alla riserva del primo articolo, che ri<< guardava allora l'abbate Barbara, di cui non vi era più que«stione nel progetto che io avea presentato: Io la trasmisi << subito originalmente alle mani del signor abbate del Maro. << Martedì ultimo io dissi al signor cardinale Albani, che « supponendo, che egli era informato di tutto ciò che era pas<< sato, e della risposta che il signor cardinal Paulucci mi avea « inviata per ordine del Papa, non mi restava altro, se non << che partecipargli gli ordini che V. M. mi avea dati, in caso << che Sua Santità mi facesse dare una risposta negativa; che << quella che già mi era stata data, non potendo essere nè più << chiara, nè più negativa, nè data con meno di circospezione, « io non potea meglio spiegargli i sentimenti di V. M., che con << communicargli la lettera, della quale mi avea ella onorato, << di cui io avea ordine di non far sapere il contenuto, se non << in caso di rifiuto; poichè avendo sempre desiderato verace<< mente la pace, ella volea persistere sino al fine, senza ri<< trattare le proposizioni che io avea fatte, sino a tanto che non « si fossero riggettate; che presentemente, che Sua Santità le « riggettava, non era giusto che V. M. restasse ne' suoi impe« gni, e che cosi io lo pregavo di rendermi l'originale del pro« getto che io gli avevo rimesso, che io ritrattavo tutte le pro« posizioni, che avevo proposto da sua parte, e che ella era in<< tieramente libera, come se non mai si fosse di ciò trattato. « Egli mi rispose, che prenderebbe l'ordine del Papa per resti« tuirmi il detto progetto, e che ciò facea con molto dispiacere, << perciocchè avrebbe sommamente bramato, che questi affari << si fossero accommodati, che egli vi si era impiegato il più « efficacemente che avea potuto, e che egli mi darebbe l'indo« mani risposta: egli differì sino a giovedì sera il rimandarmi << il progetto originale, accompagnato ad un viglietto, di cui « io trasmisi la copia alle mani del signor abbate del Maro, << come pure della risposta che io gli feci, e della scrittura o« riginale che io avea presentata. Questo ministro di V. M. è « stato testimonio della mia condotta, e delle mie buone inten« zioni in questo affare, come io sono stato testimonio delle « sue. Non mi resta sol che il dispiacere di non aver potuto < riuscire a terminarlo. V. M. avrà almeno la sodisfazione di «avere luogo, di far conoscere, che non è restato da lei che « egli non sia stato terminato per via d'accomodamento. Le « proposizioni che ella mi ha permesso di fare ne fanno fede, « ed ancorchè un Principe tale qual si è V. M. non abbia bi« sogno di persona veruna per confermare ciò che ella dice, « niente di meno come sono stato io quello, che ho avuto l'o<< nore di eseguire i suoi ordini, io sarò sempre pronto a ren« dere testimonianza, quando le piacerà, di ciò che è passato « per mia mediazione. Io ardisco supplicarla di giudicare l'e<< stremo dispiacere, che io ho di non aver potuto eseguire le «sue buone intenzioni, per l'estreme ansietà che io avevo « di farle cosa grata; imperciocchè niente io desidero di van« taggio, che di ubbidirla e darle prove del profondissimo ri<< spetto col quale io sono. » Sire Di V. M. ) Roma 28 di luglio 1714. L'umilissimo ed obbedientissimo servitore Non vi fu persona di buon senso, che non restasse sorpresa dall' intendere che dopo proposizioni esaminate per sì lungo tempo, e riconosciute dalla congregazione stessa per accettabili, si fosse ritornato per la seconda volta alla remissione di una memoria, atta solamente ad accendere il fuoco, e non a spegnerlo. Con tutto ciò il cardinale della Tremoille, che nel corso di questa negoziazione aveva conosciuto più d'ogni altro quanto disdicesse alla Corte di Roma il lasciar vive queste contese, non volle per anco ritirarne la sua mano; e giacchè non aveva potuto scioglierle per via di trattati, tentò almeno di troncarle col mezzo di un altro spediente, che giudicava più pronto, qual era di proporre a' vescovi di Sicilia, che allora trovavansi in Roma, di ritornarsene nel regno, su la parola che egli loro darebbe, di accompagnarli con lettera sua propria, ed in maniera tale da renderli sicuri, che sarebbero stati ben accolti da S. M. Sapeva il cardinale quanto potessero le sue insinuazioni compromettersi dall'animo di S. M., e vedeva dall'altro canto, che un tal ripiego quant'era decoroso ai vescovi, altrettanto aveva da presumersi che fosse da essi desiderato, se veramente amavano, come dovevano, la loro propria diocesi. E però non credeva che vi si potesse mai incontrare difficoltà, ma bensì, che avesse a resultarne un ottimo avviamento alla terminazione delle contese: poichè ritornando i vescovi cessava ogni ragione di più pretendere la continuazione d'un interdetto che non erasi apposto, se non per causa della loro espulsione. Fattane per tanto dal cardinale la proposta al vescovo di Catania, questi dimostrò in primo luogo di esser molto tenuto alla bontà del cardinale, ed esagerò sopra tutto l'ansietà che avea di restituirsi alla sua Chiesa. Ma dopo passò a dire, che tanto esso, quanto il vescovo di Girgenti non avevano alcuno arbitrio, e che non potevano regolarsi, che dipendentemente dagli ordini che loro sarebbero dati da Sua Santità, alla quale avrebbero con ogni maggior sollecitudiné reso conto dell'apertura che loro era stata fatta, e che immediatamente avreb |