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quelle scale si compone la colonnina sorreggente il busto del P. Spotorno. Questo marmo porta la seguente scritta

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Son quindici parole con nulla meno che dodici abbreviazioni, e per giunta in nesso e così formate da potersi con facilità scambiare con altre.

la

La parola abbreviata AP con cui comincia l'epigrafe, ha il P così fatto che pare una N. Cosicchè AN da nulla preceduto e seguito immediatamente dalle cifre della data, chi è che non spiegherebbe per ANNO? Poi l'emme che vale millesimo: e i C delle centinaia innestati così uno nell' altro, da poter di quattro che sono in realtà esser presi agevolmente per meno. Sèguita un' asta: è l'unità che fa parte della data 1401; quale asta, staccata com' è dal resto e in mezzo a due punti, può dar luogo a interpretazioni diverse. Viene poi IN QVO segnato colle sole iniziali I e Q, cosi unite insieme da poter essere lette per IN. Segue il segno della congiunzione ET, indi un V e un O (la prima sillaba di volunt) facili a togliersi tutte tre unite per qvo: la seconda sillaba di volunt, cioè LVNT, quanto è facile ad essere letta per SVNT!

Qui finisce la prima riga.

La seconda ha quattro parole in tutto; delle quali è prima SEPI, abbreviazione che può dare tanto sepelliri quanto sepulti. Seconda è poss, cioè P, O e due S con una trattina sopra: è il POSSIT detto pocanzi da me, ma che altri con diverse idee può torcere ad altri significati.

Sèguita per terza il QVILIBET abbreviato, in lettere un po' appariscenti appena quattro e non troppo ben fatte, le quali

PISARVM

possono benissimo piegarsi a dar la parola CIVES. — poi nella quarta parola ve lo leggerebbe chichessia, prestandovisi benissimo il PISAN che in realtà ci è, terminante col segno di abbreviazione che può dare così RVM come vs.

Vien presso nella terza riga un Q che vale qvi; ma che non mi farebbe specie se, cancellata alquanto nel marmo la parte a destra della lettera, venisse scambiato col solito segno dell'ET. Segue IN EO, chiarissimo, non ostante l'enne in abbreviazione.

Indi VOLVERIT coll' erre segnato per una trattina facile a sfuggire di vista; e per conseguenza un volunt o checchè altro in luogo suo.

Finalmente, metà ancora nella terza e metà nella quarta riga, la parola SEPELIRI bella e lampante.

Ma a che scopo questa minuta e noiosa esposizione? A farvi toccar con mano, se potessi, lo scambio del Piaggio.

Si; più ci penso', e più mi persuado che quella iscrizione dei Sapienti Pisani riferita dal nostro raccoglitore non esiste e non esistette mai, nè altro è che questa or da noi analizzata e da lui letta a sproposito. O non lo sentite anche voi?

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La cifra Io presa per iniziale, o pel segno della

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Quindici parole in una e quindici parole nell' altra, non tenuto conto dell' ultimo qvi scaturito non saprei donde, se non è dall' o di Eo che sta innanzi al VOLVERIT.

Ma possibile? Scambiare 1400 con 1300? E qual meraviglia? Un altro simile marmo che rammenta il sepolcro dei

fratelli Maineri porta la data di 1433, eppure fu letto dal Piaggio, e l'abbiamo nella sua raccolta, con la data del 1238. Ma dov'è, ripiglierete la parola SAPIENTES? Il Piaggio la lesse sapete dove?nel POSS abbreviazione di POSSIT. Io mi penso che il signor Domenico debba aver dato per un pezzo le spese al cervello, per leggere e darsi ragione di quel poss abbreviato, messo in mezzo al SVNT SEPVLTI da lui letto innanzi e al CIVES PISARVM da lui letto dopo. E chi ne dice che un bel dì, affacciatosi alla sua mente notarile quel SAPIENTES da lui letto forse in qualche antico atto del medio evo, nel senso attestatoci dal Du-Cange e adottato dal nostro Jacopo D' Oria, non gli sia sembrato di vederlo nascosto se non altro in quei due S sormontati dalla trattina abbreviativa, e non abbia detto, non trovando di meglio: Oh! si tengano il po i lombardi, i due S voglion dire sapientes?

Ma checchè sia di ciò, non è a tenersi per istrana cosa, e tanto meno per impossibile, lo scambio di POSS con pientes. Non ci è grandissima differenza tra Georgius e Andreas? tra Bernardus e Raphael? Eppure troviamo questi due scambi fatti dal nostro Jacopo D' Oria nella sua Descrizione di San Matteo, là dove legge l'iscrizione del capitello di una delle quattro colonnette angolari del chiostro. Jacopo D'Oria accuratissimo, che osservava con diligenza, e segnava con iscrupolo e punti e croci e abbreviazioni! Chi sa in quale angolo della chiesa di San Domenico sarà stato il nostro cippo, di qual luce illuminato, a quale altezza, e via dicendo? Quando si ha il marmo libero alla mano, da potersi esporre alla piena luce del sole come aggrada e come torna meglio, è un conto; ma quando è fisso in un dato posto, tante volte sfavorevolissimo, è ben altra cosa. In Albenga, nella chiesa di S. Maria in fontibus, è una lapidetta incastrata in un pilastro alla non maggiore altezza di un uomo. Si direbbe co

modissima a leggersi; eppure io non vi potei riuscire, benchè la stessi a considerare lunga pezza. La lessi solo qui in Genova, pel calco che ne ritrassi e che restava libero alle mie mani. E il nostro socio corrispondente cav. Rossi, che nella sua Storia di Albenga mette tutte le iscrizioni di quella città, perchè questa non reca? Perchè, scommetterei, non potè leggerla. Dunque perdoniamo al Piaggio se credette di yedere sapientes in POSSIT, in quo sunt dove è IN QVO VOLVNT, con tutto il resto; e conchiudiamo questo primo tratto del nostro discorso con ritenere (almeno come pare a me) che la iscrizione

Anno millesimo tercentesimo
Sepulcrum in quo sunt sepulti
Sapientes cives Pisarum etc.

riferita dal Piaggio, riportata dal Paganetti, e dal D' Oria commentata, non esistette mai: nè altro è che una sgraziata fraintenditura del marmetto il quale dice:

Aprilis millesimo quadringentesimo

primo in quo et volunt

sepelliri possit quilibet pisanus

con quello che segue.

Passiamo ora al secondo de' due punti che ci siamo prefissi. E innanzi tutto domandiamo: che cosa dice questa scritta? Quel volunt da che è retto?. Le parole in quo della prima riga, e in co della terza a che si riferiscono? Certo a sepolcro, dacchè si parla qui di seppellimenti; ma dov'è la parola Sepulcrum? Inoltre la particella et dopo la data (in quo et volunt) ne dice chiaro che quanto segue è una aggiunta alla proposizione principale; ma questa proposizione principale

dove si trova? Nulla dirò dell' AP, con cui comincia la scritta, e che così solo riesce a una anomalia: nulla dirò del non portare, contro il consueto, alcun segno di principio in capo, come a dire la croce o lo stemma, benchè abbondi lo spazio; ma evidentemente questa non è iscrizione intera. Sopra a questo cippo doveva in origine essercene un altro, che dia la prima parte seguita da questa la quale ne costituirebbe la seconda. Rintracciamola.

Svolgendo la raccolta del Piaggio, dopo la iscrizione dei Sapientes, da lui riferita nel vol. II, pag. 195, non più oltre della pag. 197 del medesimo volume mi si affaccia una scritta col suo stemma in capo, la quale si riferisce a certi Lolia (com' egli scrive) cittadini di Pisa, con la doppia data di marzo 1400 e di aprile 1401. - Quest'ultima data, e il civium Pisarum che contiene, mi pare che la facciano accostare d'assai alla mezza iscrizione trovata fra i marmi che sono all' Università. Di grazia vediamo se anche di questa troviamo traccia in quei marmi. Detto fatto, onoratissimi Soci. Ecco che nelle scale dell' Università sul medesimo ripiano, in una seconda colonnetta formata colle epigrafi a cilindro appartenenti a San Domenico, e posta a sostenere il busto di non so qual gentiluomo antico, sta appunto la epigrafe desiderata.

Essa è la seconda a contar dall' alto in basso, la quale letta a dovere dopo la croce con cui comincia, dice:

+ sepulcrum · IHOANNIS · Z · LODOVICI ⚫ DeL⚫ VO

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De VOLIA CIVIVM · PISARUM IN QUO POSItus · FVIT ·

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MATCII • M CCCC. SVPTADITUS • FILIPUS • DIE · XXI •

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Aprilis. M CCCCI. supradictus · FILIPUS • DIE · XI • I

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