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A me anche arride questa spiegazione, tanto più perchè nei nostri documenti ne abbiamo un altro esempio e calzantissimo.

Beltramo abbate della nostra S. M. di Jubino era nel 1308 testimonio ad un atto, per cui Oberto Porporerio donava un pezzo di terreno fuori le mura di Genova, nel luogo chiamato Mortedo, a tre monaci dell' Ordine di San Basilio, fra Martino da Sagarito, fra Simeone e fra Guglielmo delle parti d'Armenia; i quali (come aggiunge la bolla pontificia che segue tale donazione nello Schiaffino, Storia eccl. ms. ad annum) si erano qui ricoverati fuggendo dalla Montagna nera d'Armenia per le continue incursioni e devastazioni dei Saraceni, cioè (come si sa dalla storia) del Sultano d'Egitto che fini col conquistare la Cilicia od Armenia minore colla Terrasanta. Si noti che tanto il Monastero di San Basilio quanto l'Abbazia cisterciense di San Giorgio de Jubino erano già situati sulla Montagna nera delle parti d'Armenia: vale a dire in quella parte orientale del Tauro chiamata Amano in antico, Montagna nera nel medio evo e modernamente, se ben mi appongo, Almadagh. Considerato il tutto, nulla mi appare di più naturale che i Cisterciensi di San Giorgio, ritiratisi i primi in Genova, abbiano poi procurato ai Basiliani in Mortedo, poco lungi dalla loro stessa Abbazia de Jubino, il terreno e forse anche i sussidi in danaro per costruire quel Monastero dell' Ordine di San Basilio che vive tuttora nella Chiesa e nel nome almeno di San Bartolomeo degli Armeni: così anche ben si spiega la presenza all' atto dell' abbate de Jubino.

Simile potrebbe essere il caso di San Sergio de Jubino, i cui monaci partirono forse verso lo stesso tempo da Biblo di Terrasanta: oltrecchè a me pare che più punti di contatto meritino essere rilevati fra quei due centri orientali di San Giorgio e di San Sergio. L'aver entrambi lo stesso titolo de Jubino, l'essere entrambi sotto lo stesso Patriarcato d' Antiochia, la Montagna nera dividendo l'Armenia da Terrasanta,

dove Biblo giace a meriggio di Tripoli; tutto ciò mi fa credere che San Sergio, se non è fondazione anch'esso di Pietro abbate cisterciense divenuto patriarca colà, per lo meno possa essere colonia dei monaci dell'omonimo San Giorgio. Se forse anche non contribui ad un trasporto a Genova da Biblo la ricordanza degli Embriaci genovesi, che furono lungo tempo signori di quest'ultima città conquistata dai crociati e più nota sotto il nome medievale di Gibelletto.

Devo però rilevare un errore sfuggito all'autore, e forse non senza la participazione nostra o de' nostri amici. Egli cita un atto del notaro genovese Antonio Foglietta, del 26 febbraio 1400, in cui si direbbe secondo lui che San Giorgio de Jubino nella Montagna nera era un semplice Priorato soggetto all' Abbazia di Santa Maria de Jubino di Genova. Avendo io consultato l'atto originale (1), trovo che non è così. Vi è bensi nominato un Priorato soggetto all'Abbazia de Jubino di Genova, ma non è quel San Giorgio della Montagna nera, sibbene un San Biagio di Nicosia capitale del regno di Cipro; un Monastero che mi pare ignorato dal Mas-Latrie, che è pure così bene informato anche delle cose ecclesiastiche di quella storia. Gli altri priorati di San Giorgio d'Antiochia e di Valle di Cristo in Rapallo furono

(1) In Antonio Foglietta 1400-1402, carte 102 verso (Archivio Notarile). A. 1400, 26 februarii, Convocato capitulo Monasterii S. Marie de Jubino Ordinis Cisterciensis mandato Ven. Patris Dni Johannis Abbatis dicti Monasterii.... Jamdictus Abbas in presentia et consensu dictorum Monacorum etc., constituunt eorum nuntios et procuratores spectabilem et egregium militem D. Johannem Babini honorabilem Admiratum Regni Cypri et nobilem D. Imperialem Gentilem quondam D. Nicolai civem Janue ad petendum omne id quod dicto Dno Abbati et Conventui debetur in dicta insula Cypri ratione Prioratus S. Blasii de Nicosia qui est membrum dicti Monasterii de Jubino, et etiam ratione aliorum bonorum in dicta insula consistentium et maxime bysantios 200 annuatim in fundo (?) Nicosie dicto Monasterio debitos.

GIORN, LIGUSTICO, Anno V.

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appiciccati dal Giscardi e da altri a quello di San Biagio di Nicosia, ma senza addurre fonti di giustificazione.

Quanto al Priorato di San Giorgio d' Alessandria della Paglia, confuso da altri col suo omonimo di Antiochia in Siria, dirò che esisteva veramente un Priorato di tal nome in quella città, e vi ebbe che fare nel 1452 un Abbate de Jubino di Genova; ma non come capo, soltanto come arbitro in certa quistione a lui delegata da papa Nicolò IV; essendo le parti litiganti entrambe dell' Ordine Benedettino, l' Abbate di S. Siro di Genova e il Priore di San Giorgio di Alessandria che non volea riconoscerne la giurisdizione (1).

Rimane parlare, fra i cenobii maschili, di una fondazione cisterciense denominata Santa Maria de Pobleto. Della quale l'autore dice, che non trova traccia nei cataloghi antichi nè ne san nulla i suoi corrispondenti tortonesi, nella cui diocesi tale Monastero dovea essere situato secondo le informazioni a lui comunicate da genovesi. Perlochè egli inferisce che o non fosse che una Grangia dipendente dall' Abbazia di Ripalta tortonese, oppure fosse una qualche prepositura. Ignoriamo anche noi se Pobleto fosse un' Abbazia o un semplice Priorato; ma che appartenesse ai Cisterciensi, e che fosse nella diocesi di Tortona ma sotto la signoria più o meno diretta della Repubblica, lo si dimostra coi fatti seguenti.

Dapprima vediamo di fissare la posizione di Pobleto ora af fatto ignota. Nell' archivio della Curia diocesana di Tortona (2) si deve conservare un documento in data del marzo 1614,

(1) Estratto da pergamena autentica in Poch (Ms. alla Bibl. Civica), vol. IV, reg. V, p. 86: Nicolaus Episcopus... Abbati S. Mariae de Jubino del 1452 quarto idus (manca il mese e il resto) con altro Breve dello stesso Papa del 1453, X Kalend. Octobris Pontificatus nostri anno VII.

(2) Ricavo queste notizie dal mio amico cav. Alessandro Wolf, professore di lingue all'Istituto Tecnico di Udine, il quale per più anni percorse il tortonese e il piacentino e ne interrogò minutamente gli archivi civili

col quale gli uomini di Castel dei Ratti, insieme ai vicini di Liveto e Cerreto, domandano al Vescovo di essere costituiti in parrocchia propria; dappoichè sono lontani dalla Chiesa matrice di Borghetto, e da questa divisi mediante il fiume Pobleto detto volgarmente la Borbera. Ancora: in un documento del 1464, conservato nell'archivio della stessa Curia, si trova indicato un Christophorus de Lugano, che tra molti altri titoli ha anche quello di canonicus eeclesie S. Victoris de Burgo Vallis Publeti, cioè della matrice nell' ora detto Borghetto. Meritano infine di essere notati più documenti imperiali riguardanti il Monastero in Ciel d'oro, a cui vien donata tra molti altri la Chiesa di S. Pietro di Pobbio (ecclesia de Pobli in valle Bulberia); il che parrebbe distinguere le due parti della valle: col nome di Poblo la superiore, di Pobleto la inferiore. Queste notizie chiariscono pure alcuni documenti del Liber Jurium Reip. Genuensis (2), ove si parla di una regione chiamata Pobleto e corrottamente Plumbeto. Niuno ha finora spiegato questo nome ora ignoto, ma dal contesto degli atti si capisce che si tratta proprio di questa valle inferiore della Borbera verso il suo confluente colla Scrivia. Infatti in uno di questi facendosi la rassegna dei feudatari della Repubblica, vi si annoverano anche i Signori di Pobleto e si dice che i loro possessi sono ultra Scriviam e dipendono dalla Curia di Gavi; la quale Curia marchionale, sebbene avente il suo centro al di qua della Scrivia, si sa che anche al di là avea molti diritti, fra i quali l'Avvocheria del Monastero Benedettino di Precipiano alla influenza della Borbera nella Scrivia.

ed ecclesiastici; riducendone il risultato in due Mss., uno per diocesi, ove sono accuratamente indicate le Pievi medioevali colle fonti e gli estratti più rilevanti. Ved. specie le pagg. 5 e 6 del Ms. tortonese, ove è la Pieve di S. Vittore del Borghetto.

(1) Monumenta Hist. Patriae; Jurium I, colonne 30, 407, 551 e specialmente 492.

Con egual certezza non potremmo asserire che il Castello dei Ratti abbia preso proprio il luogo di Pobleto. A prima fronte anzi potrebbe supporsi che quel Monastero fosse alla destra del torrente Borbera e più in alto, colà dove si dice tuttora il Monastero di San Pietro di Molo.

Senonchè il nome di Santa Maria titolare del Monastero Cisterciense si trova, sebben quasi perduto di vista, alla sinistra del torrente. Castel dei Ratti forma con Ceretto la parrocchia di S. Stefano, come si è detto di sopra; ma il De Bartolomeis (1) aggiunge che questi due luoghi dipendono da una Prepositura di Santa Maria, di cui non porge altro cenno. Sarebbe mai quel luogo sacro, che le carte dello Stato Maggiore sotto il titolo di N. S. della Mercede disegnano sulla cima del poggio alle cui falde sta il Castel dei Ratti? Ma per nulla tacere, il conte Carnevale non certo buon critico ma instancabile ricercatore di memorie tortonesi, lasciò scritto (secondo il Wolf) che i Canonici Regolari nel 1134 fondarono il Cenobio di S. Maria di Lemmi, terra posta in un vicino Comune a scirocco di Castel dei Ratti.

Noteremo infine che Castel dei Ratti è nome nuovo che prese quel distretto dai suoi feudatarii i Ratti-Opizzoni, onde si vede come sia stato dimenticato il nome di Pobleto.

A ogni modo, senza pretendere di assegnar posto fisso al Monastero Cisterciense, non ci par dubbio che era quivi la sua regione. Ed ora che lo abbiamo rinvenuto, vi possiamo applicare un curioso contratto di compra che, in atti del notaro genovese Angelino da Sestri, fa un frater Bartholomeus monacus Monasterii Sancte Marie de Pobleto de Ordine Cisterciense (Richeri, in Archivio di Stato, I. 75, 2; anno 1274, 3 marzo).

Il signor Reumont nell' articolo sovra lodato, con brevi

(1) Notizie topografiche e statistiche degli Stati di S. M. il Re di Sardegna; Torino, 1845, vol. IV, p. 1649.

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