Imágenes de páginas
PDF
EPUB

VI.

Dal Portogallo Lodovico si condusse in Italia e prese stanza in Roma dove, a quanto pare, la fama delle sue avventure e delle straordinarie peregrinazioni aprirongli le sontuose dimore del patriziato, nel cui numero venne ascritto forse dopo la pubblicazione della prima edizione del suo Itinerario (Roma, Guillireti MDX). Infatti il titolo di patrizio romano trovasi associato al suo nome per la prima volta nella versione latina dell' Itinerario, compiuta nel 1512 dal cirsterciense Madrignano e stampata in Milano da Angelo Scinzenzeler. Non era raro in quei tempi veder solennemente premiati con la nobiltà gli uomini d'ingegno che recavano lustro alla patria.

L'epoca nella quale venne a dimorare in Roma Lodovico de Varthema fu la più splendida del secolo del rinascimento. Egli trovossi nell' eterna città sotto i due pontificati di Giulio II e di Leone X, in quel periodo cioè del massimo fiorimento delle lettere e delle arti in Italia. Era appunto il tempo in che il Bramante, il Sangallo ed il Buonarroti innalzavano quelle superbe moli che ancor oggi ci rapiscono di ammirazione; il divino Raffaello, Giulio Romano ed una numerosa schiera di valenti dipintori frescavano le pareti e le volte dei sontuosi palazzi e delle basiliche romane, e nelle immortali tele ci tramandavano i ritratti di papi, di principi, di capitani, delle più illustri e delle più belle donne di quell' età; Raimondi e Cellini insuperati cesellevano, Giulio Clovio miniava, Michelangelo ed altri insigni scultori emulavano i capolavori dell' arte greca. Una turba infinita di poeti, di commediografi, di storici e di scrittori d'ogni maniera in greco, in latino, in volgare celebravano e tal fiata colla satira sberteggiavano e flagellavano quella vita di spassi, di lusso, di splendidezze e pur troppo anche di corruzione. Ma questa corruzione, con buona

pace dei moderni Catoni d'oltralpe, non era esclusiva all' Italia; immoralità e corruzione era dovunque in Europa. Le cronache, le memorie contemporanee e le carte degli archivî che oggi cominciano a riveder la luce, meglio di certe moderne storie ad usum delphini, ci edificano abbastanza sui costumi della Francia di Francesco I e dell' Inghilterra di Arrigo VIII. Non parlo della virtuosa Germania; son noti i baccanali degli Anabattisti, le mostruose libidini delle masnade tedesche condotte in Roma da quel ribaldo del Fürstembergh. Eppoi chi è convinto, leggendone gli scritti, della rigida morale di fra Martino Lutero e di Ulrico di Hutten fradicio per celtica lue? Oh! veramente nobili restauratori del costume e della Religione! Eh! via l'Italia non ha punto a perdere nel confronto: se v' ha differenza è questa, che la corruzione italiana si accompagnava col raffinato vivere, con lo splendore delle arti e delle lettere, frutti di una coltura che gli stranieri ci invidiano tuttora. Non potendo chiamarci rozzi ci dissero corrotti, essi erano l'uno e l'altro.

Anche Lodovico adunque, vissuto in età così splendida nella città eterna, deve collocarsi fra la schiera di coloro che con le opere e con l'ingegno illustrarono il glorioso periodo del rinascimento; e come era costume, anche egli trovò un mecenate pel suo libro, un mecenate in gonna, una delle più illustri donne del patriziato romano: era costei Agnesina di Montefeltro Colonna, duchessa di Tagliacozzo.

Era Agnesina figlia di Federico duca d'Urbino, uno dei più celebri capitani del suo tempo. La duchessa fu donna d'alti spiriti, cultrice e fautrice delle arti e delle lettere. Essa, scrive l'inglese Dennistoun, ereditò l'ingegno ed il gusto per le lettere della madre Battista Sforza, doti che poi lasciò in retaggio alla figlia Vittoria Colonna [1490-1547] (1). Il

[blocks in formation]

marito dell'Agnesina fu quel Fabrizio Colonna riputato capitano, che tiene un posto splendido sulla storia militare di que' giorni.

Pare adunque che il Varthema fosse stretto in dimestichezza con i Colonna, se forse non avea militato anche sotto le bandiere di Federico d'Urbino. Egli pertanto pensava di dedicare il suo Itinerario alla Agnesina « quasi unica observatrice de cose notabili » persuaso che la duchessa non « farà come molte altre che porgono le orecchie ad canzonette et vane parole le ore sprezzando, contrarie alla Angelica mente de V. Illust. Signoria: che puncto de tempo senza qualche bon fructo passar non lassa » (1). La pubblicazione dell' Itinerario di Lodovico de Varthema avvenne in Roma, pochi mesi dopo il matrimonio della Vittoria Colonna con Don Ferrante Davalos marchese di Pescara celebrato il 27 Dicembre 1509. Non è perciò improbabile che il bolognese, intitolandolo alla madre della sposa, volesse in qualche modo festeggiare il fausto famigliare avvenimento di casa Colonna, che venne salutato da poeti e da letterati d'ogni maniera.

Fra le persone cospicue colle quali il Varthema ebbe famigliarità in Roma deve ricordarsi il cardinale di San Giorgio, Camerlengo di S. R. Chiesa, intorno al quale giova riportare. alcune brevi notizie che raccolsi a schiarimento della biografia del Varthema. San Giorgio fu titolo di antica Diaconia, della quale fin dal 1477 era investito il cardinale Raffaele Sansoni Riario pronipote di Sisto IV. All'epoca della prima edizione del Varthema (MDX) egli era sottodecano del Sacro Collegio ed occupava il Vescovato suburbicario di Porto e Santa Rufina (2); quando poi venne in luce la seconda edizione

(1) Itinerario, c. 9 verso, 10.

(2) Erra il Winter Jones traducendo il latino Episcopus Portuensis per Bishop of Portueri, che è paese immaginario da non confondersi con Porto che è titolo di Vescovato suburbicario del quale, per consueto, è investito

romana dell' Itinerario (MDXVII) egli trovavasi Decano del Sacro Collegio e Vescovo d'Ostia.

Il Cardinale Riario, pronipote, come dissi, di un Papa, di cospicua famiglia, imparentato con i duchi di Urbino, era richissimo ed a sue spese avea fatto erigere dal Bramante e poi condurre a termine dal Buonarroti il superbo palazzo che poi divenne sede della Cancelleria Apostolica (1). Al largo censo congiunse l'ufficio lucroso del Camerlengato, che amministrò fino al 24 luglio del 1517, in cui pur serbandogli il titolo della dignità, venne l'amministrazione affidata al cardinal Francesco Armellini. È noto che il Camerlengo concentrava in sue mani tutte le attribuzioni sulle cose economiche del pontificio dominio, ed aveva un potere sconfinato tanto che i papi si videro più volte costretti a moderarne l'autorità ed a restringerne l'arbitrio. Era perciò la corte del Riario una delle più splendide, dopo quella del pontefice, e quando per Roma egli usciva a diporto una scorta di 400 cavalli lo accompagnava (2).

Ma la grandezza e prosperità del cardinal Riario negl' ultimi suoi anni ebbe un terribile crollo, poichè essendosi

raneo.

il cardinale sottodecano del Sacro Collegio. Porto fu città romana assai importante sulla sponda destra del Tevere dove mette foce nel MediterLa sua fondazione pare debba riportarsi ai tempi di Claudio, per cui ebbe pure l'appellativo di Porto Claudio. — Nerone la ricinse di mura e vi scavò una darsena; Costantino ne accrebbe le difese e ne fece un antemurale di Roma contro gli assalti dal mare. Negli ultimi tempi dell'impero e nel medio evo fatta bersaglio di continue insidie da Normanni, da Saraceni e da altri popoli marittimi, andò sempre declinando finchè oggi non è oramai che un povero e malsano villaggio. La scarsa popolazione trovasi concentrata nel luogo detto Fiumicino; in Porto è l'episcopio e la chiesa cattedrale; non pochi residui di antichità testimoniano della sua passata grandezza. MORONI, LIV. 202 e seguenti.

(1) MORONI, VII. 79-80, 192.

(2) GREGOROVIUS, VII. 259.

-

nel 1517 scoperta la congiura del cardinal Petrucci contro Leone X fra i complici fu pure compreso il Riario, che avea vecchie ruggini con i Medici e non potè mai trangugiare la guerra mossa dal papa al duca d'Urbino suo parente. Il 29 Maggio pertanto del predetto anno venne egli imprigionato, ed il 4 Giugno fu chiuso in Castel Sant'Angelo, donde esciva soltanto dopo il supplizio del cardinal Petrucci avvenuto il 4 Luglio seguente (1).

Il Riario ottenne poscia di essere reintegrato nelle cariche, dignità e benefizî ond'era stato spogliato, sborsando però una multa di cinquantamila o secondo altri di centomila ducati (2). Gli venne altresì confiscato a benefizio della Camera Apostolica il magnifico palazzo di sua proprietà, lasciandone unicamente al Riario il godimento vitalizio. Ma vecchio ormai e dalle ultime peripezie abattuto, il Cardinale veniva a morte in Napoli il 9 luglio 1521 (3).

Non fuor di proposito ho qui toccato dei casi del cardinal Riario, poichè da alcune date che ad essi si riferiscono può trarne qualche giovamento anche la biografia del Varthema. Intanto si è veduto come il viaggiatore bolognese ebbe relazioni con la casa Colonna e dedicava alla duchessa di Tagliacozzo della stirpe dei Montefeltro il suo Itinerario: ebbe pure relazioni di dimestichezza con il cardinal Riario legato in parentela con i duchi d'Urbino. Questa dimestichezza del cardinale la deduco dal tenore dei due privilegi premessi alle edizioni romane dell' Itinerario stampato negli anni MDX e MDXVII (4). Con questi privilegi il cardinale Camerlengo concede a Stephano Guillireti de Loreno licenza di stampare

(1) GREGOROVIUS, VIII. 261.

(2) GREGOROVIUS, VIII. 262.

(3) GREGOROVIus, 263.

a' 6 luglio 1520.

(4) Vedi in fine Bibliografia.

MORONI, VII. 79.

Il Moroni antecipa la data della morte

« AnteriorContinuar »