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k) id., a due strati, col busto di Berenice moglie di Tolomeo III, Evergete I, re d'Egitto, velata in figura di Iside, Gab. di Francia (id., 160); 1) id., con busto della stessa Berenice, Gab. di Francia (id., 161); m) Carchesio bacchico in sardonica orientale a 12 strati lavorata a cammeo, conosciuto sotto il nome di Coppa dei Tolomei, già nel Tesoro dell'Abbazia di S. Dionigi, ora nel Gabinetto di Francia (id., 279).

Alla stessa categoria è da assegnarsi il celeberrimo vaso in cristallo a due strati, uno di color violaceo o ametistino che costituisce il fondo, e bianco l'altro, nel quale è lavorata a cammeo una superba composizione; già nel Museo Barberini in Roma, donde passò al Gabinetto del Duca di Portland in Inghilterra: edito da P. S. Bartoli negli Antichi sepoleri, dal La Chausse nel Romanum Museum, dal Foggini nel Museo Capitolino, dal Piranesi, dall' Hancarville e da altri, fra cui il Duca suo possessore che lo fece incidere in più rami dal Bartolozzi, e ultimamente Achille Deville che lo riprodusse egregiamente nella sua Histoire de l'Art de la verrerie dans l'antiquité.

Ma il posto d'onore in questa serie spetta a buon dritto alla eccellentissima tazza in onice orientale che Fulvio Orsini cita quale proprietà di Madama, cognata del cardinale Alessandro (1), e che come già del Farnesiano in Parma forma oggi il più prezioso ornamento del Museo Nazionale di Napoli. L'Orsini non accenna qui alla provenienza di questo meraviglioso capolavoro, nè quanto siavi di vero nella diceria che esso sia stato rinvenuto nell' urna cineraria del mausoleo di Adriano; o se debbasi accordare la preferenza all' altra voce più accreditata, secondo la quale sarebbe invece stato scoperto da un soldato delle bande del Conestabile di Borbone, all'epoca del famoso sacco di Roma, nell'occasione d'una trincea aperta nel terreno spettante alla Villa Adriana, miniera inesausta di antiche opere d'arte.

Tornerebbe qui superflua la descrizione d' un cimelio noto almen per fama anche ai meno versati nello studio dell' antichità figurata. Dirò soltanto, poichè l'argomento il comporta, e sto per dire l'esige, esser desso un monumento di primo ordine non solo, ma unico nel suo genere, sia che si guardi alla eleganza e grandiosità dello stile, non meno che alla finitezza del lavoro, sia che si tenga conto della dimensione e

(1) È appena necessario avvertire che trattasi di Margherita d'Austria, figlia naturale di Carlo V, moglie in prime nozze di Alessandro de' Medici e in seconde nozze di Ottavio Farnese Duca di Parma e fratello del Cardinale Alessandro al quale è diretta la lettera di Fulvio Orsini. Questi ne accompagna la menzione colla formola di felice memoria, perchè Madama era morta ai 18 gennaio dello stesso anno 1586.

qualità della sardonica, tutta d' un pezzo, diafana, color caffè venato di bianco e d'altre strisce sanguigne e bionde che sperandole alla luce paiono d'oro; la quale esser dovette d' uno spessore straordinario, se la tazza misura ben tre pollici di profondità; sia finalmente che si abbia l'occhio alla singolarità d' una grande composizione trattata a cammeo su ambedue le facce (1). L'esterno è tutto ricoperto d' una testa di Medusa di superbo artificio. Del soggetto simbolico espresso in otto figure rilevate in uno strato bianco sulla faccia nobile, ossia nell' interno della tazza, vennero proposte diverse spiegazioni: la più plausibile delle quali sembra esser quella del Visconti che vi raffigura la rappresentazione del Nilo cogli emblemi dell' annua sua fecondatrice inondazione e cole divinità che si credevano presiedere e cooperare alla periodica rinnovazione di quel fenomeno onde l'Egitto ripete la sua prosperità. Egli addita nella figura muliebre seduta sulla Sfinge, imagine dell' Egitto, la dea Iside; nell' uomo barbato sedente la personificazione del Nilo; nelle due ninfe seminude dicontro allo stesso le figlie Menfide ed Anchirroe; nei giovani volanti al di sopra, i venti etesî ministri di Iside e di Oro, e finalmente nella figura giovanile al centro della composizione il dio Oro che presiede al Nilo, alle sue acque ed escrescenze, tenendo pel manubrio l'embolo d'una antlia, o macchina ctesibiana, esprimente la forza del Sole che col suo calore reputavasi determinare l'innalzamento e la sospensione sopra il loro livello delle acque del Nilo (Mus. Pio Clem., III. Indicaz. dei mon., tv. C, 1). Secondo un' altra più recente interpretazione, il cammeo Farnesiano rappresenterebbe invece Tolomeo Evergete con Berenice e le figlie in atto di consacrare la festa della mietitura.

(1) Di massima i cammei a due facce sono rarissimi. Trovansi, è vero, pietre incise da ambo i lati, ma nella maggior parte dei casi, l'incisione è a rilievo da un lato e a cavo dall' altro, come ad esempio in quella del Gabinetto di Vienna pubblicata dall' Eckel nella tv. XXX della sua più volte citata illustrazione; oltrechè esse sono in genere di bassa epoca e di mediocre lavoro. Sarebbe tuttavia inesatto asserire, come altri ha fatto, che la Tazza Farnese offra l'unico esempio d'una composizione lavorata a cammeo su ambedue le facce. Ho già citato alla nota a pag. 520 la magnifica sardonica del Gabinetto di Vienna con da una parte l'aquila romana e dall' altra il busto di Augusto (Eckel, III, IV), e così pure la sardonica a tre strati del Gabinetto di Francia (Chabouillet, 201) portante inciso a rilievo da un lato il busto di Agrippa e dall' altro quello di sua moglie Giulia figlia di Augusto. Un altro esempio si può additare nel cammeo viennese con Minerva che incorona Bacco, il cui rovescio è fregiato di simmetrica rappresentanza (Eckel, XIX): nè manca, ove d' uopo, un riscontro nell' altro belliissimo edito dal Tristan (Comment. histor., II, p. 626), con rappresentanza relativa alla educazione del giovine Bacco.

È curioso constatare come l'opinione predominante ai tempi di Fulvio Orsini fosse che la tazza avesse appartenuto ad Alessandro Magno, congettura desunta unicamente dalla magnificenza e perfezione del lavoro che consideravasi degno sotto ogni rispetto della fama di Pirgotele. Indubitato è, invece, che lo stile del lavoro e il carattere della composizione la appalesano per un prodotto dell' arte greco-alessandrina, e che l'ambiente storico a cui appella non è altrimenti la corte del Macedone, bensì quella dei Lagidi.

ALLO STESSO - a Caprarola.

Illmo et R.mo Sr mio col.mo

Mando a V. S. Ill.ma un libro stampato qui de cose mie appartenenti ad rem rusticam, havendo deliberato fare il medesimo dell' altre cose che io tengo in questo genere de studii, poi che li vedo quasi estinti per la morte di coloro che li potevano illustrare.

Il Papa mi diede l' altro giorno una pensione di ducento scuti d'oro di suo motu proprio sopra una badia del Card.1 Montalto; quando a V S. Ill.ma piacesse, et lei giudicasse che le convenisse, la supplicarei humilmente che si degnasse scrivere un verso al Card.le Savello, o chi paresse a lei, acacciochè a nome suo ne ringratiasse il Papa, il che me saria di grazia singulare. Ho due corniole antiche in mano, in una delle quali è intagliata l'historia delli Horatii et Curiatii, con alcuna reliquia dell' anello nel quale anticamente era ligata, et nell' altra è un toro che beve in un fiume, di artificio incomparabile, essendo la figura del toro in faccia et di sottosquadro: et questa corniola fu del Card.1 Salviati primo, et è celebratissima per l'artificio suo. Fu venduta altre volte 40 scuti, per quello che sono informato; et hora s'haveranno tutte dui le corniole per 20 scuti d'oro in oro. Se V. S. Illma le vuole, o le piace che io le mandi costi, veramente le giu

dico degne di V. S. Ill.ma. Alla quale humilissimamente bacio

la mano.

Da Roma a' XII di settembre 1587.

Di V. S. Ill.ma et R.ma

mo

humiliss. et devotiss.mo servitore

FULVIO ORSINO.

Ai giorni dell' Orsini e per lungo tempo dopo era poco men che generale presso gli antiquari la tendenza a ravvisare ovunque nelle antiche opere d'arte soggetti di storia romana. Sono incredibili gli errori a cui diede luogo siffatta preoccupazione, insino a tanto che dal Winckelmann non venne posto in sodo il principio, a buon dritto qualificato come la chiave dell'antichità figurata, aver gli antichi desunto dai poemi omerici e da pochi altri la maggior parte dei loro subbietti. In tema di pietre incise, citerò come un esempio fra i mille di simili qui pro quo l'intaglio in sardonica della collezione del Barone di Stosch, nella cui rappresentazione, giustamente dal Winckelmann spiegata per Pirro sul punto di trucidare Polissena presso la tomba di Achille, l'anima del quale caratterizzata dalle ali di farfalla comparisce sull' alto del monumento (Mon. ined., n. 144), il P. Scariò, nelle Gemme Ficoroniane, avea raffigurato Sesto Tarquinio in atto di far violenza a Lucrezia (1).

Sotto questo punto di vista non apparisce pertanto improbabile che il combattimento figurato sulla corniola di cui scrive l'Orsini e da lui spiegato per la pugna degli Orazî e dei Curiazî, fosse la rappresentazione di qualche episodio dell' Iliade. Il principio del Winckelmann non è però

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(1) Questo erudito vedeva tutti i monumenti antichi attraverso ad un prisma romano. Una sardonica con Diomede che tiene in mano la testa di Dolone viene da lui spiegata per Dolabella che ha fatto recidere la testa a Trebonio uno de' congiurati contro Giulio Cesare. Veggasi la sui Lettera nella quale vengono espressi in rame e dilucidati vari antichi documenti, Venezia, 1739.

Del resto, le sillogi dattiliografiche sono piene di simili aberrazioni. Un intaglio della Collezione Stefanoni rappresentante il suicidio di Aiace trovasi riprodotto in grande colla denominazione di Decius Mus. Chi crederebbe che un altro celebre intaglio in granato del Gabinetto di Francia colla figura della musa Polinnia (Chabouillet, 1473) venne pubblicato nell' opera del Mariette sotto l'attribuzione di Calpurnia inquieta sulla sorte di Cesare? Che più ? tale era la forza della corrente che lo stesso Winckelmann scambia un Giasone inciso su agatonice del Gabinetto di Stosch Cl. IV, 168) con un personaggio romano, dichiarandolo per Quinzio Cincinnato in atto di adattarsi l'armatura alle gambe!

così assoluto che non ammetta delle eccezioni in quanto concerne l'arte romana. La quale se negli archi trionfali, nelle colonne onorarie e nelle monete ci esibisce una vera galleria storica onde si svolge dinanzi ai nostri occhi senza alcuna apparenza mitica la rappresentazione dei principali avvenimenti militari così dell' età repubblicana come dell' imperiale, è a credere che abbia impresso le orme di tale sua peculiare tendenza anche nei tipi della gliptica, i cui subbietti hanno con quelli della serie numismatica una strettissima convenienza.

È certo, infatti, che a prescindere anche dai numerosi ritratti di storici personaggi, non mancano nelle pubbliche e private dattilioteche composizioni e motivi istorici di romano argomento. Citai più sopra la serie dei magnifici cammei con composizioni relative alle imperiali famiglie Giulia e Claudia: ho io bisogno di qui ricordare le rappresentazioni riferibili alle leggende di Rea Silvia (Ficoroni, Gemmae, 3, 6. Winckelm., Gabin. Stosch, cl. IV, 128), di Enea (Gori, Mus. Flor., II, 23, 30. Winckelm., ib. cl. IV, 119. Fr. Dolce, R., 92. Impr. dell' Inst. di corr. arch., II, 62), dell' origine di Roma (Fr. Dolce, W, 12 sgg. Millin, Galerie myth., 655, Impr. dell' Inst., II, 64, 65. Zannoni, Gall. di Fir., s. V, 36, 1) etc.? Si può obbiettare che queste rappresentanze, o esprimono apoteosi, le quali non si possono a rigor di termini classificare fra gli avvenimenti storici, come quelle il cui processo si effettua in un mondo diverso e superiore a quello in cui si svolge la vita storica, o riproducono fatti che appartengono alla mitologia storica, anzichè alla storia propriamente detta: ma sarebbe follia riferire a personaggi e ad avvenimenti mitici alcune note rappresentazioni gemmarie d'un carattere storico si determinato, quale, ad esempio, quella riferita dal Gori (Mus. Flor., II, tv, XIX, 1) e dal Lippert (Dactyllioth. univers., I, 11, 451), nella quale sono tratteggiate le vicende della Legione XI Claudia Pia Fidelis.

Non vi ha dubbio, del resto, esservi stata un' epoca durante la quale fu in gran voga presso i Romani l'uso di fregiare le gemme degli anelli segnatori di rappresentazioni relative alle gloriose gesta dei propri antenati, dei quali tipi ancor ci rimane un saggio nei conî dei magistrati monetali della Repubblica, i quali verosimilmente impressero sul rovescio delle loro monete l'arma o impresa propria, gentilizia o personale, ond' era insignito il loro anello-sigillo, siccome ho dimostrato con qualche ampiezza in un mio lavoro speciale (Sigilli antichi romani, p. 3 sgg.). È ovvio sulle gemme il tipo del pastore Faustolo in atto di trovare Romolo e Remo lattanti sotto la lupa (Fr. Dolce, W, 14 sgg.); composizione identica a quella del noto conio della famiglia Pompea (Cohen, tv. XXXIII, Pom

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