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il funesto scisma dei luciferiani. Reduce infatti Lucifero dall' ultimo esilio sofferto nell'Egitto, trovò in Antiochia dissidenti ed agitati da discordi contraddizioni i vescovi colà radunati, mentre n'era supremo pastore san Melezio. Egli, in onta delle opposizioni del maggior numero di essi, vi consecrò Paolino, e s'attirò quindi addosso la disapprovazione dello stesso amico suo familiarissimo, sant' Eusebio vescovo di Vercelli. Per lo che adirato Lucifero, dopo lungo alterco, si segregò dalla sua comunione. Radunossi colà il concilio nello stesso anno 349 per dichiarare l'innocenza di sant'Atanasio, e nel medesimo tempo per decidere sulla consecrazione di Paolino, che fu dichiarata illegittima. Di Lucifero non più parlarono gli storici; ma dei partigiani di Paolino bensì ci mostrano rinvigorito caldamente il contrasto, che degenerò poscia in tenacissimo scisma. Fu allora, che san Lucifero fece ritorno alla sua sede, ove morì circa il 571. Non è certo, s'egli, tanto benemerito della fede ortodossa, siasi riconciliato con la chiesa, dopo si dispiacevole avvenimento. Certo è d'altronde, che i sardi lo venerano siccome santo, e che alle calde dispute introdotte dai varii partiti, nel secolo XVII, dopo che se ne trovarono le spoglie mortali, il pontefice Urbano VIII, addi 20 giugno 1641, impose silenzio, come narra il dottissimo Lambertini (4): Praecepit omnibus et singulis cu» jusvis Ordinis etc. et aliis quibuscumque tam Ecclesiasticis, quam Sae>> cularibus Personis cujusvis status ne imposterum, donec a Sanctitate » Sua, vel Sancta Sede fuerit aliter ordinatum, audeat super Luciferi » sanctitate, cultu ac veneratione publice tractare, disputare, aut altercari, illamque neque scripto nec typis impugnare aut defendere. »

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Era rimasto il corpo di san Lucifero lungamente ignorato: lo si rinvenne dopo di avere scoperto le rovine della chiesa, ch' era già stata a lui dedicata, la quale esisteva fuori delle mura della città, non lungi da quella di san Saturnino. Se ne trovarono le rovine sotterranee nel 1645, e diciotto anni dopo, ne fu trovato anche il corpo. Due iscrizioni ne attestavano l'identità: l'una per entro all' urna marmorea, che contenevalo, semplicissima e scolpita su di una pietra di figura triangolare, così:

(1) De Servor. Dei Beatific. et Beator. Canoniz., tom. I, lib. I, cap. 40, pag. 342

e seg.

+s. LUCIFER 9

EPP

l'altra, poco discosta dall' urna, scolpita su marmo bianco ed esprimente la seguente attestazione.

HIC JACET B. M. LVCIFERVS ARCEPIS,
CALARITANVS PRIMARIVS
PRIMARIVS SARDINIAE
ET CORSICAE CA. FI, S. RMAE ECCLESIAE

QVI VIXIT ANNIS LXXXI. K. DIE XX. MAJ.

Qui dev'essere inserito l'arcivescovo SAN FLAVIOLO, ignorato o dimenticato dal Mattei e dal Bima: visse circa l'anno 459, ed è commemorato dal canonico di Cagliari, Dionigio Bonfanti, storico della sua patria (1), il quale ce lo descrive siccome un prelato di somma carità, tutto dedito singolarmente a sottrarre dal diabolico furore degl' idolatri e degli eretici le venerande spoglie dei martiri, che avevano dato la vita per la fede nelle persecuzioni dei vandali: anzi in più luoghi dell'isola eresse ad onore di loro e chiese ed altari. Egli ebbe sepoltura nel tempio di san Saturnino, martire e protettore della città e di tutta la Sardegna. È falso poi, che le sacre spoglie di lui fossero trasportate a Piacenza, circa la metà del IX secolo, e fossero collocate nella basilica collegiata di sant'Antonino. Ed ecco come di tuttociò renda testimonianza non dubbia il summentovato storico cagliaritano: «Del venerable Flaviolo Arcobispo de Caller. Entre otros Prelados » desta Yglesia, tenemos memoria de Flaviolo varon insigne, que la go» vernò en tiempo de Theodosio y Placido Valentiniano Emperadores, » cerca el anno 459 de que tenemos la prueva con el letrero de s. Efeso »escritto en su vida; fuè este varon, Prelado muy limosnero que applicò

(1) Triumph. Sanctor. Sardin., lib. 13, cap. 23, presso il Campi, Hist. di Piacenza, lib. VII, sotto l'ann. 877.

» parte de sus rentas en levantar templos, y trasladar en ellos los segra» dos cuerpos, como lo prueva la erecion del de san Efeso en Nora, o » Pula con el letrero del entierro del santo, y es credible que este Venerable arcobispo que emprendio obras tan santas levantasse la capilla » y templo a s. Lucifero Arcobispo de Caller que fabrica tam antigua deste, o de otro su predecessor hemos de dezir que fuè, pues quando » san Brumasio governò la medesima Yglesia circa el anno 500 por » hallar compuestos y bien condicionados los santuarios de Caller, que »athesoravan las reliquias de sus Martyres fuè por las villas recogiendo » los dellas y traslandoles en proprios templos. Acabò el arcobispo Fla» violo en paz dexandonos esta poca memoria de sus hechos. »

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Assai opportunamente si adatta la notizia di questo san Flaviolo per supplire al vuoto, che incontrerebbesi tra la morte di san Lucifero ed il pastorale governo di un altro LUCIFERO, il quale nel 484, dopo di essere stato invitato a renderne testimonianza della sua fede, insieme con Eusebio di Cartagine e gli altri prelati dell' Africa, della Mauritania, della Corsica e della Sardegna dinanzi ad Unnerico re dei Vandali, fu mandato con essi in esilio. Quanto all'anno della sua promozione all'episcopale dignità, opinò il Mattei (1), che ciò avvenisse pria del decreto di Genserico, il quale proibiva, che mai più in avvenire si avesse a consecrare qual si fosse vescovo, non solo per l' Africa, ma nemmeno per le altre provincie soggiogate e dominate allora dai vandali; e perciò pria del 456, che fu appunto l'anno, in cui quel principe ne intimava il divieto. Tuttavolta lo stesso Mattei è di avviso, che la Sardegna non provasse punto gli effetti di quella severissima intimazione, perciocchè non solo le furono allora lasciate aperte le chiese, ma le fu lecita altresì la fondazione di monasteri. Del che ci assicura sopra ogni altra testimonianza il fatto della promozione e consecrazione dell' arcivescovo successore di Lucifero II, che fu PRIMASIO, ovvero, come il prefato storico Bonfanti lo nominò Brumasio, cui taluno anche disse Viliateo, il quale ne possedeva il pastoral seggio circa l'anno 500.

Qui poi, sino all'anno primo del pontificato di san Gregorio magno, ossia sino al 590, non bassi il nome di verun altro arcivescovo, benchè si sappia, che la successione non ne rimase punto interrotta. Nel tempo

(1) Pag. 78.

infatti, in cui agitavasi la grande controversia dei tre Capitoli, allorchè il papa Vigilio ritornava da Costantinopoli, e perciò circa l'anno 554, il metropolita di Cagliari coi suoi suffraganei esortava in iscritto questo pontefice ad astenersi dal sottoscrivere la condanna dei detti capitoli: dunque intorno a quel tempo la chiesa di Cagliari non era vedova di pastore. Lo storico Vitale commemora, circa l'anno 550, successore di Primasio, un arcivescovo SEVERO, ed il Canteli dice successore di questo Severo un GREGORIO. Non si hanno sicuri indizii per ammettere questi due prelati; ma non se ne hanno neppur per escluderli. Anzi la certezza, che intorno a questo tempo ne fosse occupata la sede, ci dà motivo a credere, che o l'uno o l'altro, o fors' entrambi, l'abbiano posseduta. Io perciò non ho difficoltà ad inserirli con gli altri nel catalogo. Di un altro arcivescovo, del quale ignorasi il tempo, fece menzione il pontefice san Gregorio magno, in una lettera all'arcivescovo Gennaro, che ne fu l'immediato successore: questi nominavasi TOMMASO, e da essa lettera si raccoglie, essere stato piantato nella diocesi cagliaritana un ospitale, nel podere conosciuto sotto il nome di Piscena, per liberalità della pia femmina Teodosia. E prima di questa lettera (1), ne aveva scritta un' altra, tre anni avanti, allo stesso GENNARO, e con essa ordinavagli di non dare preferenza al diacono Liberato, ordinato dal suo antecessore, finchè non fosse diventato cardinale, ossia arcidiacono della chiesa di Cagliari (2): cosicchè deesi conchiudere, che cotesto Gennaro ne possedeva già sino dal 590 la santa cattedra. Era egli nativo di Cagliari ed a lui, non le due sole suindicale, ma parecchie altre lettere scrisse il summentovato pontefice in più occasioni e per moltiplici motivi (5). Tra queste ve n'ha una (4), in cui proibisce ai sacerdoti di amministrare ai battezzati il sacramento della cresima. Ma poichè venne annunziato al santo pontefice, che non pochi da questa proibizione avevano avuto occasione di scandalo; rivocò ben tosto, con altra sua lettera (5), quel divieto, e lasciò pieno potere ai sacerdoti dell'isola di conferire in mancanza de' vescovi, ogni qual volta ne fosse

(1) È la XV del lib. IV, indiz. XII. (2) È la LXXXIII del lib. I, indiz, IX. (3) Secondo l'ediz, dei Maurini, sono esse le 62, 63, 64, 83 del lib. 1; la 49 del lib. II; la 8, 9, 15, 26, 27, 29 del lib. IV;

le 1, 3, 4, 6, 7, 65 del lib. IX; la 38 del
lib. X; la 25 del lib. Xl; e la 4 del lib. XIII.
(4) La IX del lib. IV.
(5) La XXVI dello stesso lib.

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stato il bisogno, quel sacramento (1). Gli scrive infatti: « Pervenit quoque » ad nos, quosdam scandalizatos fuisse, quod presbyter os chrismate tan» gere eos, qui baptizandi sunt, prohibuimus. Et nos quidem secundum » usum veterem Ecclesiae nostrae fecimus; sed si omnino hac de re aliqui » contristantur, ubi Episcopi desunt, ut presbyteri etiam in frontibus baptizandos chrismate tangere debeant, concedimus. >>

Quanto all'anno della morte dell'arcivescovo Gennaro non bassi verun indizio sicuro; tutt' al più si può dire, che nel 604 viveva ancora, sendochè anche in questo anno il papa Gregorio magno gli scriveva lettera. Vi fu ancora chi opinò, altri prelati avere governato, dopo Gennaro e vivente ancora san Gregorio, la chiesa di Cagliari; e portasi a prova di ciò una lettera dello stesso papa, scritta nel 604 ad un Venerio; ma questa lettera fu dai critici dichiarata spuria, e perciò esclusa dalle opere del santo pontefice, e conseguentemente di nessun valore per lo scopo nostro (2). Gli stessi maurini, editori delle opere di lui, la rigettarono con le seguenti parole: Velat ingens styli dissimilitudo; vetat Venerius ille ad quam di»rigitur epistola, utpote Gregorii Magni aevo prorsus incognitus; vetat » denique altum ac perpetuum de ea silentium tum in omnibus Registri » codicibus manu exaratis ac editis, tum in omnibus omnino scripto» ribus ante Anselmum Lucensem.» Sino all'anno 649 non si ha notizia di verun altro prelato: bensì in quest'anno DEUSDEDIT, ossia Diodato era in Roma al concilio radunato dal papa Martino I contro i monoteliti. Si sa per altro, ch'egli da parecchi anni ne possedeva la sede ; e perciò non dev'essere improbabile, ch'egli fosse quell' arcivescovo di Cagliari, cui nel 627 il pontefice Onorio I invitò a recarsi a Roma in compagnia del suo clero, e che vi andò solo, perchè i preti ricusarono di andarvi: per la quale disobbedienza furono dal papa scomunicati.

D

A Diodato successe GIUSTINO, il quale, alcuni anni dopo la morte del suo antecessore, sottoscrisse al sinodo romano, a cui quello era intervenuto: ci è ignoto poi in qual anno. Segue l'arcivescovo CITONATO, che fu al concilio II di Costantinopoli, nel 680 e nel 681. Ed è particolarmente da notarsi di lui, che i vescovi di quel concilio lo avevano deposto

(1) Si consultino su ciò Nat. Aless. Hist. Eccl., saec. 11, dissert. X, § 14; Tournely, De sacram. Confirm. quaest. 3, art. 2; e sopra tutti poi l' immortale Bene

detto XIV, De Synod. dioeces. lib. 7, cap. 7,

num. 5.

(2) Ved. su tale proposito il Mattei,

Pag. 81.

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