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ARCHIVIO STORICO

PER LA DALMAZIA

PUBBLICAZIONE MENSILE

FONDATA DA

ANTONIO CIPPICO

SENATORE DEL REGNO

DIRETTORE: ARNOLFO BACOTICH

« Di notizie storiche, più che di critiche
disputazioni, lo Stato nostro ha bisogno ».
NICCOLÒ TOMMASEO

ROMA
MCMXXVII.

TUTTI I DIRITTI RISERVATI

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PROGRAMMA

DEL

NAZIONALE.

Esce merecede sabato, h sera.

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gni uomo indicio di vogliere ad complete the P litern urtarsi delle varie credenze amentes e applicata la nazione si civil-con-nos poti che ghivare alla cousa del vero. sorzi le stesso diritto, limitato dal dovere die franchigie pubbliche. tanto politiche rispettare il diritto vitrol. Le particolari li- quanto nazionali, farono iniziate in Austria berta, the unpeiliamo religioss, politics e no-cul Diplomas del 20 allobre, e ci regge la xionale, agargano ile da questo fonte, esperanza che il solo di hari, che, vivifisono cene corollari che s'aferiscono da quel calore spira per falls -Earopa, non la lascerà Chi segue per i vari secolt dette storie supremo principta. L'intera fecaltà di mun- ferisichire, an invece, in onle agli ostacoli, lo sviluppo deff incivifiorento in Europs, trovarsi e di sviluppars produce grato e che crescann e anturios, portandone a che, ed ogni fare di es40, una nuova sede grande nella stori, e al catore della frail desiderad. La reazione temata da d' dee rivela in presenza di nuovi bisogni herta fecondorst il genio degli stati her mal noi ron sparisce, persuasi come siane rasa famiglio. I sod-fisfacimento di dell'antica Greco e di oma, e al menear me, che l'Europa, commosen, da sessenta e questi viene d' ordinario dalin vecchie alla di esan scuturasbi, per lunghi seco, to splen-più ecni qaeda parte, da ardente desidenusen geseratione rifiutato, perché gli ose e dore delle lettere, delle arti del vivere ci-ria iti progresen, tunc irever quiele, finché le solari abitudini non si ameliono in un vile in Europas i qasi berth, wrate in-non pasi sao fondantenta sul granito delle giera; na parte de' nanvi templ. per quanto fucoze delle stesse course, tranne & samejaber. La pensa vis didio Statin etitefaticoso e travagliato riesca, nundimeno alis ad officlare il mondo civile. Cozat si an- tionale in Austria, or colge più che un'anno, Ine sempre si comple. La generazione del guriamo alia costra patria, è ebe an eass of wifigge è vero, ma per non ci scoraggia, tempa nostra, dago ng minorita, finalmente per opera fermulaire della libertà, sive diet stupisee: Arvegarché non sia facile, unde & Juicls, demande quel tanto di nuove e che le franchigle, abuuazisteci che i discordanti interessi del tanti popoli che bertà che, senza detrimento dell' ordine, et de diplome sovrano, of tradeno, per mezza abitano l'impero possano subito combinarsi, necessario, per bingbere tutti quei germi degli orgsal radicaliri, conscienzosaate in trovando tre se equilibrio. In mezzo alla lotta # pleas vviluppo cultuisce # Bbre del-fatto. Allora i carattere nazionale della pro dei tre partiti, centralista, dualista, e federaeman incivilimento: Is lunga chidine del sincia non sarà più soggetto di litigio maista, i quali ora si dividono il campo della palere esclata seversa cotesto desiderio mariererà, legge signore, net sen irrefra-politica interna Austrisce, not, o nell'increase at percio l'avvenire dei governi temperati gabile dinte. La gente Shava da noi strefa ben intra dell' Anatrix, che sard felice e prenel mondo clie è curs Air epoca con node indisointile da lagna e origine spers solo alors quando si cooolentato in cui viriamp, à laulle segarlo, profun-comuni e da Continuità di territorio, che tutti i suoi po e nel latere se stesso di gai per tutis Europa, gia noo più eccettoniano i segal caratteristici delle madonais, nestra nazionalita sincero, sempre entro i lorsmens losians Ressis, on moto che forma mumeoss maggioranza del popela mini della legge, cogli ult. Il tempo, che pi giorno eresca la intensità ed in spa-Dalmáta: or le si accord pleau god-tutto spia ed uguaglia. toglierà aperiamo, evenimento della libertà politics, mento de diritti costituzionali di associazione, cal hinge altrito, at egglari da un lato, e cións e nazionale è stleso con impaziente di libere parola a libera slumpa: e qual el partite loro averso all' attro, que! troppo desideria da quente nazioni hanno la co-forza potrà, in allora, cooteriare l'intero d'aspro ch'è nell esigenze d'abeque, riA di poter ea & sedere alla mensa sviluppo dell' elemento Slavo del preve? nunciando gli uni volere la acroptice udels crat In mezzo all' upiversale mov-Perciò Nasionale sira tan donanders, alone personele, e gli altri alla fede di powent era d''stendersi che anche in Dal-cle libertà Taters per tuff, decssare d'o-ter unificare l'impero con scentrswerly most atazia sorgrece un organo di pubblicità, che, gni pressione tanto a bestre svantaggio, rigido come nei paesi di una gola nazionalità. pro upisiente ag interessi del popolo quanto a svantaggio di chicchesia: una bi- È interesse degli Slavi di avere un'Austria tor, domacese wise lace per questo, laacis un peso per talli sarà perpetus- una e forte, mi che ance la peri tempo roddisti si glush bisogni delle varie razze che spiegando sper colori della adiera na-nente la nostra divisa, Purtsota poi difenderron in questo no-la sbileno, senza che copyrite preponderi sionde Savy per origine, per elezione e per or ementito e alla patrin, ci tarda distro periodico ogni no al faite deve comunque sull'altro. In wei creo anche Di e schietta professione dei nostri softcutra la licenza; e quindi anche la rell Slavi di Delmazia sprh coacesso di semure stant, di palesare, col mezzo d'un pe-giose, o, che diciamo altriavoti, il dominio con nodo più stretto il logam, che w s rieties, i unes confitadini di Dairoazia assoluto che la cascherano sulla propria co- abbiamo comune della Legea e del sanguey da dissearient, # nostro peasure wale e scienza, senza che altri indebliamente vi sim-ei nostri fratelli di Croazia. Peelamento gate sgombrare que?' impura luce, in ischi. E siccome in Austris oral on th-dicleme Natel, poe mer the non of in cal # partid, of busty verso, si sudià di teme, per questo riguardo, a tampere conzione, velo al vera un irragionevale odio pol nome perre gs ngai sostro sito, el down in troppo premuros latela dete stato d'en populo che ormai à tisto da chingogni istes2une. E to fire giovert anile vor commett roligica, co staremolque al grate bailare un cuore patio me! Tedesto d'une alene i som per ega mucro ordinemmeno che tende pelo. I Crosti partona e scrivono nt coal quel princip dai qual pre-agravare la Chies Safir protezione del brac-gua che è la nostra, e a cas le frovidsaza SET ROAD & Men fagis, a che forma scolare; persuni che di tel sonde, git rebra prometiere uno splendido arrears; fb la religione pics. lich! tancon fre callofi gre degno- 1ro con noi, un sempa, uella prospere a

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Un documento della grande frode: "IL NAZIONALE" primo periodico del nazionalismo croato fatto uscire in Spalato, in lingua italiana (1862).

MANOMISSIONE DI UN DIRITTO STORICO

L'Italia, come ognuno dovrebbe ormai sapere, ha vinta e stravinta la sua maggiore guerra, fra il ventiquattro maggio del 1915 e il 4 novembre del 1918. Tra quest'ultima data e il 28 novembre del 1922, essa ha perduta o quasi, la sua pace. Dall'avvento di Mussolini e del Fascio nazionale al reggimento della cosa pubblica, sta rivalorizzando l'immane vittoria e ridando a sè la sua giusta pace romana. Grazie a questa travagliosa vicenda di avvenimenti fatali e grazie al diuturno sacrificio di sè medesima, l'Italia è oggi quello che è: arbitra del suo destino.

Non quasi legittima invidia di declinanti nazioni, non avversità subdole d'ingorde genti pur mo' nate, non degenerazioni antiumane e antistoriche di tribunali internazionali possono oramai più farla deviare dalla sua méta. Giorno per giorno, con silenziosa pervicacia di sforzi, essa riconquista sè stessa e il suo diritto, tutti i suoi diritti, nel mondo.

L'Italia tra il '15 e il '18, nella guerra del fronte, era stata quasi sempre degna di questa nostra d'oggi. Era stata la sementa buona e generosa di questa d'oggi. Impari era stata, invece, a quella meraviglia nova degli eroici combattimenti, l'Italia delle retrovie, l'Italia della Roma incanagliata da' suoi parlamenti e dal mal costume della miseranda politica d'ogni giorno. Ai soldati veri, a quelli che alla grande causa della vita della patria avevano devota con silenziosa disciplina la propria individuale esistenza, non altra cura incombeva fuori della vittoria. Vittoriosa guerra era, a tutti loro, sinonimo di vittoriosa pace. Gli altri, quasi tutti gli altri politicastri faziosi che da Roma avrebbero dovuto con fervore fattivo e concorde di politica interna ed estera dare valore alla vittoria e alla pace, sono stati miserevolmente soprafatti e travolti da frenetica propaganda di nemici aperti dell'Italia, militanti così alle dipendenze dei gabinetti alleati, come in torbide congreghe di nostri sleali avversarii dell'epoca della guerra e d'ogni tempo. Un manipolo cialtrone e clamoroso di Steeds, di Gauvains e di Salvemini, grazie a quel nostro atteggiamento d'imbelli, ha avuto ragione delle centinaia di migliaia di caduti nostri sulle rive dell'Isonzo, sul Carso, sul Grappa, sul Piave e a Vittorio Veneto.

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Quel sinistro manipolo di plasmatori dell'opinione pubblica nel mondo ai nostri danni, non s'è peritato di usare contro noi ogni arma di documento falso e d'ingiuriosa insinuazione. Non prevarranno, c'eravamo illusi noi, ingenui, a piè del Montello o all'indomani della ultima battaglia che a noi e agli alleati nostri aveva data la maggiore vittoria di quasi ogni guerra della storia.

Lo stillicidio quotidiano, invece, delle infamie contro l'Italia pubblicate da quasi tutta l'onestissima stampa mondiale fra il '15 e il '20 ci ha danneggiati assai più, per avventura, a volte, dei più formidabili attacchi sferrati dai potenti eserciti allineati contro le nostre trincee. Grazie a quella esizialissima, insistente e subdola propaganda di sudditi o quasi sudditi fedeli dell'Imperatore d'AustriaUngheria, fatta propria, per artificio di superiore moralità politica, da pseudo-alleati nostri e da neutrali, l'atmosfera in cui la purissima gioventù nostra eroicamente si batteva e cadeva, era intrisa d'assai peggio che di gas fumigeni o letali. Il cannone e la mitraglia squarciavano carne nostra, facevano abbondantemente scorrere nostro sangue. Quella propaganda, in tanto, avvelenava il mondo intero intorno a noi, assai peggio che di cloro o di picrite. Imboscatissima genia alleata, d'accordo con emissarii truffaldini di una fedele austriaca Croazia o Slovenia, assecondate per opportunità contingente da qualche raro autentico Serbo, allestiva, con la frode dell'opinione pubblica dell'universo mondo, la disfatta della nostra pace.

Una terribile lezione, questa, così per oggi, come per domani.

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Fondamento di vantata serietà quasi scientifica a tutta quella mostruosa montatura antitaliana, il falso nei documenti della storia, la manomissione, senza più alcun pudore, di un diritto storico.

Non è intempestivo riparlare oggi di questo. E parliamone, poi che il silenzio in certe ore può essere delitto, a viso aperto.

Croati, mal fusi con Sloveni e Serbi, hanno da un anno a questa parte imposta ai sozî della loro innaturale accomandita politica e in speciale modo al Governo di Belgrado, ostilità dichiarata all'Italia. Che Belgrado abbia supinamente accolta, contro gl'interessi suoi vitali, la sopraffattrice imposizione, non è qui il caso di discutere. Questo

Dalmazia non è organo da dibattiti politici.

Voglio qui, però, com'è della storia, documentare un gravissimo falso in documenti e la molto disinvolta falsificazione di uno storico diritto della Dalmazia, perpetrati da Croati da poco più che tre quarti di secolo fa: la quale ultima falsificazione minaccia, senza nuova denuncia, di divenire uno dei luoghi comuni basilari della politica balcanica, se non di quella dell'Europa.

Una nazione è, solo in quanto essa possa, fra altro, vantare continuità di carattere e di cultura nazionale nel suo passato storico. La Croazia, sino al 1843, non era. La sua lingua ufficiale, per un millennio almeno, era stata la latina. Tra il 1850 e il 1855, futuri Accademici della grande Croazia facevano stampare loro opere in lingua italiana in Zagabria. La lingua croata è stata introdotta nella Dieta, nel foro e nella scuola, solo nel 1847: tale introduzione era stata in vano proposta quattro anni prima da Ivan Kukuljevic, ex ufficiale della guardia nell'esercito austriaco. Il quale Kukuljevic, divenuto più tardi il digrossatore della storia ad usum Croatiae, aveva candidamente proclamato in quella occasione: « Noi Croati siamo un po' latini, un po' tedeschi, un po' magiari e un po' slavi. Tutto sommato e parlando con sincerità, non siamo nulla» (v. Tade Smiciklas-Ivan Kukuljevic-Sacinski, Zagabria, 1892).

In quale modo, dunque, questo nulla ch'erano ancora allora la storia e la coscienza e il carattere nazionali della Croazia, ha potuto porre mano all'invenzione speciosissima di un diritto storico sull'Istria e sulla Dalmazia, terre nettamente dalle grandi alpi e dalla storia e dalla civiltà da essa nei secoli divise?

Era necessario, a dimostrare di esistere quale nazione, proclamare un grande passato di civiltà e di cultura. Ora questo, nella Croazia, era impossibile trovare, per quanto il Kukuljevic e i suoi compari s'ostinassero a volerlo scovar fuori. La disinvoltura, tuttavia, non facendo a loro difetto, hanno pensato di scoprire nelle venezianissime terre del mare, nelle quali essi riconoscevano consanguinea la grossa e incivile gente del contado, quanto a loro mancava. E si sono, così, prestigiosamente annessi, prima delle terre, la cultura insigne della civile storia degl'Istriani e dei Dalmati. Questo antico e ricchissimo

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