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Spirito 'ncarcerato, ancor ti piaccia 88 Di dirne, come l'anima si lega,

In questi nocchi: e dinne, se tu puoi, S'alcuna mai da tai membra si spiega. 91 Allor soffiò lo tronco forte, e poi

Si convertì quel vento in cotal voce:
Brevemente sarà risposto a voi.

94 Quando si parte l'anima feroce

Dal corpo, ond' ella stessa s'è disvelta,
Minos la manda alla settima foce.

97 Cade in la selva, e non l'è parte scelta,

i Latini adoperano alcuna fiata il sic: Sic te diva potens Cypri (a)] usato dal poeta nostro in più luoghi, e da altri antichi buoni scrittori (b). E adunque il sentimento. O spirito incarcerato in cotesto tronco, così ti faccia l'uomo [o per quest'uomo, cioè Dante, o il singolare pe 'l plurale, per gli uomini] liberamente, senza incontrare ostacolo [o fors' anche per liberalmente, come nel xxxшш. del Par. 16. e segg. La tua benignità non pur soccorre A chi dimanda, ma molte fiate Liberamente al dimandar precorre] ciò che'l tuo dir prega, che si conforti nel mondo la memoria tua v. 77.

89 Nocchi. Nocchio, spiega il Vocabolario della Crusça quella parte più dura del fusto dell'albero, indurita e gonfiata per la pullulazione de' rami. Lat. nodus: ma qui nocchi sta per alberi nocchiosi, nodosi —— se tu puoi, se ti è a cognizione.

90 Si spiega si discioglie, si sprigiona.

93 Brevemente ec. sono parole del tronco, o sia di Pier dalle Vigne 96 Minos detto di sopra (c) giudice dell'Inferno, e conoscitor delle peccata -settima foce per settimo infernal cerchio. Foci, sinonimo di fauci (d), qui per cavità, bene adattasi agl' infernali cerchi ; che, secondo intende il Poeta, sono circolari fosse, che tratto tratto facendo l'infernal ripa di se grembo viene a formare; detti pe 'l motivo stesso anche lacche (e).

97 98 Non l'è parte scelta ec. Dee voler Dante con ciò indicato, che nell' ammazzare uno se stesso non interviene, come nell' ammazzar altrui, maggiore o minore crudeltà e peccato, che degno sia di maggiore o minor pena; non cercando in realtà il suicida altro che il ter

() Vedi

(a) Hor. lib. 1. ode 3. (b) Vedi 'l Cinon. Partic. 233. n. 12. 13. c 14. (c) Canto v. 4. (d) Vedi la nota al passato canto vi. 31. Inf. VII. 16.

Ma là dove fortuna la balestra :

Quivi germoglia, come gran di spelta; 100 Surge in vermena, ed in pianta silvestra . L'arpie pascendo poi delle sue foglie, Fanno dolore, ed al dolor finestra.

103 Come l' altre, verrem per nostre spoglie, Ma non però ch' alcuna sen rivesta:

Che non è giusto aver ciò, ch' uom si toglie, 106 Qui le strascineremo, e per la mesta Selva saranno i nostri corpi appesi,

Ciascun al prun dell'ombra sua molesta.

mine di sua noiosa vita. la balestra. Balestrare, per similitudine, gittare, scagliare. Vedi 'l Vocab, della Cr.

99 Come gran di spelta, quello che la rima ha scelto tra i semi facili a germogliare; de' quali uno è certamente quello della biada appellata italianamente spelta, e da' Latini zea.

100 In vermena [che vuol dire sottile e giovane ramicello (a)] pri

e poi in pianta silvestra, in grosso salvatico albero. E perchè tra' viventi i soli vegetabili sono incapaci di nuocere a se stessi, e per accennare che l'uomo uccisore di se medesimo è indegno di vestire anche la sola apparenza di quel corpo che uccise, perciò dee Dante voler vestita cotal anima di forma arborea,

101 L'arpie, dette nel vers. 10,

102 Fanno, recano, dolore, per essere quelle foglie come le carni e le membra de' tormentati; ed al dolor finestra; perchè dalle rotture e squarci delle pasciute foglie disfoga lo spirito, e manda fuori coi lamenti e coi sospiri il dolore. Questa è la risposta alla prima interrogazione, come l'anima si lega in questi nocchi. Venturi.

103 al 108 Come l'altre ec. Rende ora negativa risposta alla seconda interrogazione S'alcuna mai da tai membra si spiega: facendo ai poeti noto, che neppur dopo il finale giudizio usciranno le anime dalla prigionia di que' tronchi: non prescindendo dalla verità del penultimo articolo del Credo, come rimprovera il Venturi, ma prendendo poeticamente quell' articolo in senso accomodo rispettivamente a' suicidi, accordando loro la sola resurrezion della carne, e non la formal riunione -- al prun dell'ombra sua molesta, all'albero, che rinserra la sua ombra l'anima sua a se molesta, micidiale. Pruni appella quegli

(a) Vocab. della Crusca.

109 Noi eravamo ancora al tronco attesi, Credendo ch' altro ne volesse dire;

Quando noi fummo d' un romor sorpresi, 112 Similemente a colui, che venire

Sente 'l porco e la caccia alla sua posta,
Ch' ode le bestie e le frasche stormire.

115 Ed ecco due dalla sinistra costa

Nudi e graffiati, fuggendo si forte,

Che della selva rompieno ogni rosta.

alberi, perocchè aventi, come nel principio del Canto ha detto, rami nodosi e stecchi; e pruno [insegna il Vocabolario della Crusca] è nome generico di tutti i fruttici spinosi.

112 A colui, a quel cacciatore appostato nella selva ad aspettare passaggio delle fiere mentre altri uomini e cani cercano la selva.

il

cioè

113 Il porco, cignale, porco salvatico e la caccia, i cani, che cacciano esso porco. (a) Diversamente il Volpi Il porco, dice, e la caccia, cioè il porco, o il cinghiale cacciato. Simil figura di parlare usò Virgilio nel 2. della Georgica al verso 192. pateris libamus, et auro; pateris aureis. Per ciò però che Dante aggiunge Ch' ode le bestie e le frasche stormire, pare deciso che per caccia i caccianti cani intenda alla sua posta, al sito in cui si sta egli appostato ad aspettar le fiere per ucciderle.

114 Stormire far rumore. Vocabolario della Crusca.

115 Sinistra, sempre intesa per la parte rea. Vellutello..

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117 Rompieno per rompevano, come tra gli altri esempi molti disse nel Purgatorio movieno per movevano (b), e come anche il Boccaccio disse in prosa facieno per facevano (c) Rosta, chiosa il Vocabolario della Crusca strumento noto da farsi vento, e per similitudine, si dice di ramucelli con frasche, usandosi talora tali ramucelli in vece di rosta: e ne arreca in prova con altri esempi questo stesso di Dante. Debbono però i compilatori del Vocabolario essersi dimenticati del far rosta, che precedentemente, sotto il verbo fare, hanno spiegato per far impedimento. Bene perciò il sig. Bartolommeo Perazzini ricercando il significato di rosta nel natio suo Veronese dialetto, pueri [dice] apud nos, quando aquae rivulum luto coercent, ne excurrat, dicunt se fecisse la rosta. Igitur [siegue] della selva ogni rosta, quodvis est impedimentum excurrentibus per silvam obiectum; quod ta

(a) Sotto la voce Caccia §. 2. (b) Cant. 111. 59. X. 81. ec. Vis. cap. 13.

(c) Am.

118 Quel dinanzi : ora accorri, accorri morte;
E l'altro, a cui pareva tardar troppo,
Gridava: Lano, sì non furo accorte
121 Le gambe tue alle giostre del toppo:
E poichè forse gli fallia la lena,
Di se e d'un cespuglio fece groppo.
124 Dirietro a loro era la selva piena

Di nere cagne bramose, e correnti
Come veltri ch' uscisser di catena,

men impetu ipso superari possit (a). Coincide questa colla spiegazione del Daniello: Rosta, ogni impedimento. E' rosta quella palificata che si suol fare per ritegno dell' acque impetuose. E per verità a questo modo l'espressione del poeta nostro acquista forza.

118 Quel dinanzi [tace per ellissi, e dee intendersi, gridava] ora accorri, accorri morte, cioè, ora soccorri morte; perchè l' anime dannate, per terminare i loro martiri vorriano poter morire: onde nel primo canto in persona di Virgilio de' dannati all' Inferno disse, Ch' atla seconda morte ciascun grida. Vellutello.

119 L'altro, cui pareva tardar troppo, a cui sembrava troppo tardo il suo corso per tener dietro al primo, e fuggire le cagne, che l'in seguivano.

120 121 Gridava: Lano, si non furo accorte le gambe tue ec. dicono che fu Senese, il quale avendo rovinate le cose sue, andò con l'esercito di Siena ad Arezzo in aiuto de' Fiorentini: e tornandosene poi indietro con quello, furono assaliti da uno aguato degii Aretini alla Pieve del Toppo, ove morirono assai di loro. La qual' istoria recita il Villani [Giovanni] al 119. del settimo libro della sua opera. Ma Lano, avvegnachè leggiermente si potesse ritirar al sicuro, nondimeno come disperato, desiderando piuttosto morire che viver in miseria, si gettò tra nemici per farsi, come fece, uccidere. Adur que quel di die. tro, perchè Lano correva più veloce di lui [ per invidia e rabbia ] gli ricorda che le gambe sue non furon si veloci alle giostre, cioè agli scontri, del Toppo, ov' egli con gli altri Senesi furon dagli Aretini assaliti e rotti. Vellutello.

122 Gli fallia, gli mancava, la lena, la forza di durare nel corso per non essere raggiunto dalle nere inseguenti cagne.

123 Di se e d'un cespuglio fece groppo legge la Nidobeatina ed alcuni testi veduti dagli Accademici della Crusca, ove le altre edizioni fe' un groppo. Comunque però leggasi altro non vuole dire se non, che si

(a) Correct, et adnot. in Dantis Comoed. In Verona 1775.

127 In quel, che s' appiattò, miser li denti,
E quel dilaceraro a brano a brano;
Poi sen portar quelle membra dolenti.
Presemi allor la mia scorta per mano,
E menommi al cespuglio, che piangea
Per le rotture sanguinenti invano.
Ò Iacopo, dicea, da sant' Andrea,

130

133

Che t'è giovato di me fare schermo?
Che colpa ho io della tua vita rea?

136 Quando 'l maestro fu sovr' esso fermo
Disse: chi fusti, che per tante punte
Soffi col sangue doloroso sermo?

nascose in un cespuglio, provando [s' intende] se così riuscivagli d'esessere perduto di vista, o di schermirsi in qualche modo dalle inseguenti cagne.

127 128 129 In quel, che s' appiattò ec. Vuole qui'l Poeta dire, che quelle arrabbiate cagne fecero strazio e del corpo di colui, che si era appiattato nel cespuglio, e del cespuglio medesimo; ma che poi gl'infranti rami del cespuglio lasciarono ivi per terra sparsi, e le membra di quell' altro via si portarono. La Nidobeatina però con miglior sintassi nel 2. verso della terzina legge E quel dilaceraro, cioè il cespuglio, e istessamente leggono altre antiche edizioni, ove quella degli accademici della Crusca e tutte le seguaci leggono e quel dilacerato -Membra dolenti: quantunque separate, vive le suppone, e dee supporle: altrimenti verrebbe lo straziato a così ottenere quella seconda morte, a cui ha detto che i dannati gridano in vano.

132 In vano, sofferte senza aver giovato a chi voleva per lui ripararsi dalle cagne.

133 O lacopo ec. Fu questo Giacopo gentiluomo Padovano, d'una famiglia chiamata dalla cappella di santo Andrea; il quale essendo molto ricco, e poco prudente, consumò tutta la sua facoltà, gettandola via, senz'alcun profitto.

138 Sermo per sermone. Apocope ad imitazion del Latino adoprata in grazia della rima qui e Par. xxI. 112. Soffi sermo, espressione allusiva alla precedente

Allor soffio lo tronco forte, e poi

Si convert quel vento in cotal voce (a).

(a) Vers. 91 92.

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