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di s. m. in Italia, non possiamo non reclamare in un modo particolare il rimedio pei mali, che affliggono le chiese d'Italia; di quella Italia,dove la religione cattolica è stata con un espresso articolo del concordato riconosciuta per la religione dello stato; di quella Italia, che è sotto i nostri occhi medesimi. E con tanta maggiore intensità noi domandiamo questo rimedio, quanto è più forte il dolore che proviamo, è quanto più ci vediamo compromessi, per vedersi scritto in fronte alle disposizioni delle quali ci dolghiamo con tanta ragione, che sono le conseguenze del concordato stesso, facendosi in tal modo supporre la nostra adesione, e facendoci divenire autori di questi stessi mali, contro i quali reclamiamo;di mali tanto gravi noi chiediamo istantemente i ripari, e vogliamo ancora sperare di ottenerli dalla m. s., prevalendosi della grande potenza, che Dio gli ha data pel bene della sua chiesa e per reprimere gli sforzi contro di essa di una falsa filosofia, nemica egualmente del trono che della religione.

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Noi ci attendiamo ancora, che la m. s. ascoltando non meno le voci della sua giustizia, che quelle della corrispondenza del suo figliale affetto verso di noi, faccia cessare pur' anche i mali gravissimi, che si trova Costretta a soffrire questa santa Sede nel suo temporale do

trarre in inganno la nazione sulle rette intenzioni del Pontefice. In appresso ebbe Pio VII. occasione come rilevasi dall'epistolare contesto, di rinfacciare vivamente a se stesso la sua condiscendenza ma non vi fu tratto, come di sopra vedemmo, che da motivi i più puri ed i più virtuosi; ma il rispetto ed i riguardi dovuti al capo della chiesa, ed all' età senile, non erano doveri cui la corte di Napoleone soddisfacesse con la maggiore esattezza, poichè i prediletti figli della luce lavoravano all' opera nefanda delle tenebre, cioè all' annichilamento, ed alla distruzione della chiesa di Dio vivo, culonna e appoggio della verità (s. Paolo lett. 1. a Timoteo III. 15.).

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minio non meno tutto ciò che ne compromette la tranquillità.

e la

Noi diamo fine a questa nostra lettera con pregare v. a. di far noti questi nostri sentimenti alla m. s., nostra viva brama, che voglia considerar seco stessa qual sia stata la nostra costante maniera di agire verso di lei, quale il nostro immutabile attaccamento, quali le riprove che le ne abbiamo date in tutto quello, che ci è stato possibile. Questo attaccamento è quello che ci ha persuasi, tutte le volte che i nostri doveri ce lo hanno permesso,a essere costantem ente propensi a soddisfarla (1). Quando essi non ce lo permettono è penoso per noi, lo ripetiamo, il non poter fare allora ciò, che pur brameressimo di fare per compiacerla, ma non possiamo in alcun modo tradirli. Non alberga il timore nel nostro petto sacerdotale, abbenchè nemmeno sappiamo fare il tutto alla m. s. di tale supposizione. Noi siamo anzi in una viva fiducia che s. m. riempirà finalmente i nostri voti, per cui non lasciamo di rivolgere a tal'effetto le nostre calde preghiere a quel Dio, nelle di cui mani sono i cuori dei principi e la volontà dei regnanti, per ottenerne il conseguimento. Noi ci promettiamo anche la

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(1) Investito Pio VII. dalla provvidenza della piena autorità di s. Pietro e della s. Sede, avea esaurito tutti i mezzi suggeritigli dall'umiltà, dalla dolcezza, dalla generosità, a segno anche di temere che le sue concessioni e la sua condiscendenza non fosse riguardata dalle principali monarchie di Europa, come segni di concepita parzialità. Ad oggetto dunque di sostenere i diritti della s. Sede, e che non si fosse nel tempo stesso supposta una segreta connivenza tra esso ed il capo del governo francese, per cui rinfacciavasigli d' essere proclive d'un modo troppo visibile, prese l' espediente di fare intese le corti estere delle pretenzioni ed attentati che commettevansi dal governo francese, e di far conoscere le ragioni che in contrario allegavansi dalla s. Sede.

più impegnata cooperazione dell' a. v., sull'oggetto specialmente che gli affari di codesto regno siano riportati a quelle regole ed a quell' ordine, da cui tanto si sono allontanati. Noi dal canto nostro ci siamo studiati intanto di secondare in quel modo, che ci è stato possibile, i pii voti dell' a. v., la quale desideriamo che sia persuasa di tutta la nostra paterna benevolenza, e della disposizione in cui siamo, di darlene in ogni occasione le più convincentivi prove. Intanto in pegno del nostro affetto le diamo di tutto cuore la paterna apostolica benedizione Datum etc. die IV. julii 1807- Pius Papa VII. „, ().

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LXIII. Il santo Padre credeva di essere per la riportata lettera assicurato del gradimento dell' imperatore a tante sue condiscendenze, ed aspettava la venuta di qualcuno dei soggetti nominati per tenere il concistoro

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e dare a tutti i vescovi la canonica istituzione a forma di ciò, che aveva scritto nella lettera al vice-re da noi riportata al S.LVIII.quando contro ogni espettazione giunsegli una nuova lettera del prefato vice-re in cui era inserta una lettera che era stata scritta al vice-re dall' imperatore nel suo passaggio per Dresda tornando a Parigi. No il riguardo alla comunicazione fatta dal vice-re, ma bensì il rispetto alla stessa dignità di cui il s. Padre era rivestito, trattengonci dall' inserzione in questo luogo della sopraccennata lettera, di cui niuno dei predecessori del s.Padre han veduto mai porsi la simile sotto i propri occhi (2). Alla lettera

(1) Raccolta di Documenti ec. Tom. II. pag. 107.- A. Coppí Annali d'Italia. Tom. I. pag. S9. Storia dell' anno 1807.

pag. 126.

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(2) Non le minaccie, ma bensì i dilegi, le invettive sarcasmi, servírono al mal concepito fraseggiamento dell' enunciata lettera. Il tempo avvicinavasi, che quel Gerarca destinato in ogni cosa a dare il tuono al suo secolo vedesse realizzati

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del vice-re, che non riportasi per gli anzidetti riguardi, attesa l'insersione di quella dell' imperatore, rispose il s. Padre con la seguente.

Abbiamo ricevuto dalle mani dell'ambasciatore di Frància la lettera scrittaci da v. a. li trentuno luglio da Monza, in cui è riportata quella, che s. m. ha scritta a v. a. da Dresda (1).

Noi non dovevamo certamente aspettarci, che la chiesa dovesse nella nostra persona vedere da un sovrano cattolico attaccato il suo capo con sentimenti, dei quali niuno dei nostri predecessori è stato esposto a subirne la umiliazione.

Se noi non fossimo animati da quello spirito ch'è proprio del nostro ministero e del nostro carattere, ci

quei voti che irrequieti albergavano nelle tenebre del rimoto avvenire. Si pose in uso ogni mezzo affine di umiliare l'incrollabile eroe

Ornamento e splendor del secol nostro,

che con lo spirito impetuoso ed ardente di Elia, minacciava presentarsi col fulmine nella mano sulle campagne di Sammaria, onde illesa serbare l'indispensabile indipendenza della s. Sede, nè di farla cadere in un languido servaggio, pel comun bene della chiesa universale; ma la voce della religione e della verità non erano fatte per giungere al cuore di chi estimavasi onnipossente, ed aspirava a rendersi assoluto signore di Roma, sembrando inoltre d'ignorar egli il divino precetto, che Si ergo delectamini sedibus et sceptris, o reges populi, diligite sapientiam, ut in perpetuum regnetis (Sap. 6. v. 22.)

(1) Ciò accadde dopo la memorabile vittoria d' Eylau ( Gazzetta militare), riportata dal maresciallo Lefebure ( Jour. de l'emper), ed in cui Napoleone dall' imperial campo e quartier generale di Finkenstein emanò vari decreti ( Monitore). In quella circostanza Danzica capitolò (Journal de Francfort), ela Francia in Tilsit stipolò il trattato di pace con la Russia e la Prussia (Notizie del mondo).

saremmo trovati sicuramente nella necessità di essere garantiti anticipatamente, come l'a. v. ci avverte, in quel modo, che la lettura della lettera di s. m. poteva inspirarci; ma la moderazione, e la mansuetudine non il risentimento, nè l'orgoglio, ci diriggono nella esecuzione de' nostri doveri .

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La nostra dignità non meno che il divieto, che v. a. ci annunzia di aver ricevuto sulla ulteriore corrispondenza con noi, ci obbligano a non entrare in questa risposta a discutere, e ribattere proposizioni, le quali non abbiamo potuto leggere senza ribrezzo, nè hanno bisogno di confutazione essendo state già confutate le tante volte.

Esse non hanno potuto nemmeno turbare l'animo nostro per le conseguenze minacciate risguardo alla separazione da noi di tanta parte di Europa.

Noi avremmo pianto nel veder separate tante anime dal centro dell' unità cattolica, ma niuna colpa sicuramente se ne poteva rifondere in noi.

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D'altronde la chiesa è assicurata dalle promesse del suo divin fondatore che non può perire, nè la navicella di Pietro può essere sommersa da qualsivoglia più violenta tempesta, da cui anzi sempre più risorge gloriosa (1). La fede lo assicura e la sperienza di tanti secoli, quanti ne sono scorsi dalla divina sua fondazione ne fornisce la prova. Siamo perciò pienamente tranquilli nell' adempimento dei nostri sacri doveri, nè ci lasciamo imporre da alcun timore.

la

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È appunto per adempire questi doveri non per far guerra a s. m. non per eccitare rivolte, non per interdire i suoi regni; non la scommunica, non l'oggetto

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(1) Et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam portae inferi non praevalebunt adversus eam. (Matth. 16. 18. )

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