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l'inceppasse colà, e altrove con leggi e altrove con leggi e con pratiche opposte alle sue massime, e che paralizzano l'autorità ecclesiastica rendendola in quelle cose di pura sua pertinenza soggetta alla potestà laica.

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Ci si rammenta la benevolenza della m. S. verso di noi. Noi l'appreziamo sommamente, e desideriamo di possederla. Ma sia permesso alla nostra apostolica libertà, e al nostro natural candore di dire francamente che ci troviamo da lungo tempo pasciuti di amarezze, e di gravissimi disgusti, e soffriamo somme afflizioni e calamità. Noi però prendiamo in tal caso tutta l'Europa in testimonio della nostra affezione verso di s. m. - I fatti parlano da se, senza che noi li enumeriamo, e questi fatti ci hanno procurato la opinione universale di una parzialità verso di lei. Noi non ci stancheremo mai di darle anche in seguito tutte quelle riprove, che ci saranno possibili. Animati costantemente da questi sentimenti ci siamo determinati a darlene una anche in questa occasione in quel modo, che è conciliabile coi nostri doveri . Se questi non ci permettono di far dipendere per la nostra parte dalla esecuzione dell'articolo IV. del concordato d'Italia la provvista delle vacanti chiese, mentre gli altri articoli del medesimo rimangono ineseguiti o violati, non c'impediscono però di assegnare alle medesime quegli stessi pastori, che la m. s. ha scelti. Pertanto ci siamo determinati a conferire ai medesimi la canonica istituzione, subito che per mezzo de' consueti processi verremo assicurati della concorrenza nei medesimi dei requisiti canonici. A tal' effetto andiamo ad ordinare i soliti atti necessari onde proporli sollecitamente in concistoro. Pel quale oggetto non lasciamo anche di avvertire v. a. di far sollecitare la venuta in Roma di quei soggetti, che non siano però vescovi di altre sedi, pel dovuto esame, e consecrazione, secondo l'obbligo che i vescovi d'Itàlia

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hanno osservato per antichissima consuetudine fino ai nostri tempi.

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Nel prendere ora questo espediente, con cui veniamo a far cessare un più lungo ritardo della vacanza del→ le anzidette sedi, le quali saranno riempite dai pastori scelti da s. m., e dopo esserci purgati dalle imputazioni accumulate sopra di noi, non possiamo dispensarci dal reiterare alla m. s. i nostri reclami, perchè voglia prestarsi senza altro ritardo a comporre quelle vertenze del❤ la più grande importanza, che ne formano l'oggetto, ponendo fine a tanti mali, con viva fiducia di non esser posti nella dolorosa necessità di palesarci in faccia della chiesa (come da noi esige il nostro apostolico ministero, allorchè cessi tale speranza), acciò non rimangano ignote ai ministri del santuario, ed ai fedeli le vie della verità, che regolar devono le coscienze e di 9 purgarci dalla taccia di un troppo lungo silenzio, quando si scorga, che questo non sia di alcuna utilità, e sia ai fedeli di scandolo sulla nostra condotta. Noi non abbiamo bisogno di qui ripetere le nostre reclamazioni sugli affari spirituali dei quali la chiesa si duole. Le nostre antecedenti lettere alla m. s., le memorie date al suo ministro ne sono tutte ripiene. Quella cura e sollecitudine che come a sno vicario in terra Iddio ci ha commessa di tutte le chiese, ci obbliga a chiedere a s. m. il rimedio ai mali, che affliggono non meno quelle delle Gallie che dell' Italia, in conseguenza delle leggi emanate, contrarie alle leggi e diritti della chiesa, e alle sacre convenzioni stipolate così solennemente con questa santa Sede (1). Scrivendo a v. a. vice-re degli stati

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(1) Intendesi parlare dei due concordati. Abbiamo osser vato (Tom. I. §. CLXIII.) che il di medesimo della promulgazione del concordato del 1801. il governo francese si sforzò di

di s. m. in Italia, non possiamo non reclamare in un modo particolare il rimedio pei mali, che affliggono le chiese d'Italia; di quella Italia,dove la religione cattolica è stata con un espresso articolo del concordato riconosciuta. per la religione dello stato; di quella Italia, che è sot-. to i nostri occhi medesimi. E con tanta maggiore intensità noi domandiamo questo rimedio, quanto è più forte il dolore che proviamo, è quanto più ci vediamo compromessi, per vedersi scritto in fronte alle disposizioni delle quali ci dolghiamo con tanta ragione, che sono le conseguenze del concordato stesso, facendosi in tal modo supporre la nostra adesione, e facendoci divenire autori di questi stessi mali, contro i quali reclamiamo;di mali tanto gravi noi chiediamo istantemente i ripari, e vogliamo ancora sperare di ottenerli dalla m. s., prevalendosi della grande potenza, che Dio gli ha data pel bene della sua chiesa e per reprimere gli sforzi contro di essa di una falsa filosofia, nemica egualmente del trono, che della religione.

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Noi ci attendiamo ancora, che la m. s. ascoltando non meno le voci della sua giustizia, che quelle della corrispondenza del suo figliale affetto verso di noi, faccia cessare pur' anche i mali gravissimi, che si trova Costretta a soffrire questa santa Sede nel suo temporale do

trarre in inganno la nazione sulle rette intenzioni del Pontefice. In appresso ebbe Pio VII. occasione, come rilevasi dall' epistolare contesto, di rinfacciare vivamente a se stesso la sua condiscendenza ma non vi fu tratto, come di sopra vedemmo, che da motivi i più puri ed i più virtuosi; ma il rispetto ed i riguardi dovuti al capo della chiesa, ed all'età senile, non erano doveri cui la corte di Napoleone soddisfacesse con la maggiore esattezza, poiché i prediletti figli della luce lavoravano all' opera nefanda delle tenebre cioè all' annichilamento, ed alla distruzione della chiesa di Dio vivo, colonna e appoggio della verità ( s. Paolo lett. 1. a Timoteo III. 15. ).

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del vice-re, che non riportasi per gli anzidetti riguardi, attesa l'insersione di quella dell' imperatore, rispose il s. Padre con la seguente.

Abbiamo ricevuto dalle mani dell'ambasciatore di Frància la lettera scrittaci da v. a. li trentuno luglio da Monza, in cui è riportata quella, che s. m. ha scritta a v. a. da Dresda (1) .

Noi non dovevamo certamente aspettarci, che la chiesa dovesse nella nostra persona vedere da un sovrano cattolico attaccato il suo capo con sentimenti, dei quali niuno dei nostri predecessori è stato esposto a subirne la umiliazione.

Se noi non fossimo animati da quello spirito ch'è proprio del nostro ministero e del nostro carattere

ci

quei voti che irrequieti albergavano nelle tenebre del rimoto avvenire. Si pose in uso ogni mezzo affine di umiliare l'incrollabile eroe

Ornamento e splendor del secol nostro,

che con lo spirito impetuoso ed ardente di Elia, minacciava presentarsi col fulmine nella mano sulle campagne di Sammaria, onde illesa serbare l'indispensabile indipendenza della s. Sede, nè di farla cadere in un languido servaggio, pel comun bene della chiesa universale; ma la voce della religione e della verità non erano fatte per giungere al cuore di chi estimavasi onnipossente, ed aspirava a rendersi assoluto signore di Roma, sembrando inoltre d'ignorar egli il divino precetto, che Si ergo delectamini sedibus et sceptris , o reges populi, diligite sapientiam, ut in perpetuum regnetis (Sap. 6. v. 22.)

(1) Ciò accadde dopo la memorabile vittoria d' Eylau ( Gazzetta militare ), riportata dal maresciallo Lefebure ( Jour.de l'emper), ed in cui Napoleone dall' imperial campo e quartier generale di Finkenstein emanò vari decreti ( Monitore). In quella circostanza Danzica capitolò (Journal de Francfort), e la Francia in Tilsit stipolò il trattato di pace con la Russia e la Prussia (Notizie del mondo).

saremmo trovati sicuramente nella necessità di essere garantiti anticipatamente, come l'a. v. ci avverte, in quel modo, che la lettura della lettera di s. m. poteva inspirarci; ma la moderazione, e la mansuetudine non il risentimento, nè l'orgoglio, ci diriggono nella esecuzione de' nostri doveri .

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La nostra dignità non meno che il divieto, che v. a. ci annunzia di aver ricevuto sulla ulteriore corrispondenza con noi ci obbligano a non entrare in questa risposta a discutere, e ribattere proposizioni, le quali non abbiamo potuto leggere senza ribrezzo, nè hanno bisogno di confutazione essendo state già confutate le tante volte .

Esse non hanno potuto nemmeno turbare l'animo nostro per le conseguenze minacciate risguardo alla separazione da noi di tanta parte di Europa.

Noi avremmo pianto nel veder separate tante anime dal centro dell' unità cattolica, ma niuna colpa sicuramente se ne poteva rifondere in noi.

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D'altronde la chiesa è assicurata dalle promesse del suo divin fondatore che non può perire, nè la navicella di Pietro può essere sommersa da qualsivoglia più violenta tempesta, da cui anzi sempre più risorge gloriosa (1). La fede lo assicura e la sperienza di tanti secoli, quanti ne sono scorsi dalla divina sua fondazione ne fornisce la prova. Siamo perciò pienamente tranquilli nell' adempimento dei nostri sacri doveri, nè ci lasciamo imporre da alcun timore.

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È appunto per adempire questi doveri non per la guerra a s. m.

non per

far

eccitare rivolte non per interdire i suoi regni; non la scommunica non l'oggetto

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(1) Et super hanc petram aedificabo ecclesiam meam et portae inferi non pracvalebunt adversus eam. (Matth. 16. 18.)

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