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Che se la ingiustizia del decreto fu del pari costante nell' arrecar dolore all'animo tribolato del s.Padre, non gli è riuscito men doloroso l' altro contemporaneo, in cui si ordina ai cardinali, ai prelati, agli ufficiali, ed impiegato qualunque presso la corte di Roma, nativi del regno d'Italia, di rientrarvi sotto pena della confisca in caso d'inobbedienza (1). È ormai troppo chiaro, dice sua Beatitudine, che non è unicamente la sua sovranità temporale, ma ben anche l'autorità spirituale, che si è presa di mira, sebbene facciasi nell' altro decreto una studiata astrazione del sovrano temporale di Roma, dalla persona del vicario di Gesù Cristo, per simulare ad esso il rispetto. Chi è che non vegga, che la legge emanata tende ad impossibilitare a sua Santità l'adempimento de' propri doveri, a disciogliere il suo sacro senato, e sconcertare il regime della chiesa, e a rapirgli nelle persone più care l'unico avanzo della sua consolazione, nel penoso e ormai cadente esercizio del suo Pontificato ?

come

Il Papa non è il semplice vescovo di Roma si è anche impropriamente asserito, ma il Pastore insieme della chiesa universale, ed ha perciò il diritto di scegliere i ministri, e i cooperatori del suo apostolato tra tutte le nazioni dell'orbe cattolico. In fatti fino dai primi gior ni del cristianesimo il clero di Roma è stato sempre compo

(1) Il decreto di Napoleone emanato da s. Cloud, e nello stesso giorno del primo fu del seguente tenore.

1. I cardinali , prelati, ufficiali ed impiegati qualunque presso la corte di Roma nativi del regno d' Italia, dovranno dopo il giorno venticinque maggio prossimo rientrare nel regno sotto pena di confisca nel caso di inobbedienza.

2. Sarà apposto il sequestro ai beni di tutti coloro, che entro il giorno cinque giugno prossimo non avranno obbedito.

1 ministri del nostro regno d' Italia sono ciascuno incaricati su ciò che riguarda l'esecuzione del presente decrete.

sto non di soli romani, ma d' individui d' ogni nazione, come raccogliesi evidentemente dal numero degli esteri aggregati al clero romano, che salirono sulla cattedra di s. Pietro ne' primi quattro secoli della chiesa cattolica.

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Si duole pertanto a ragione sua Santità, e reclama contro una legge, che non risparmia quegli specchiati individui ecclesiastici scelti a prestare la mano adiutrice nel regime della chiesa di Dio. Reclama insieme e protesta altamente in faccia a tutta la terra contro la usurpazione de' suoi dominj, e solennemente dichiara essere ingiusta, irrita, nulla, di niun valore, che verun pregiudizio possa arrogarsi mai ai diritti inconcussi e legittimi di dominio e di possesso della stessa Santità sua, de' suoi successori in perpetuo, e se la forza le ne toglie l'esercizio, intende di conservarlo intatto nell' animo suo, perchè possa ripigliarne la s. Sede il reale possesso quando piacerà a quel Dio fedele, e verace, che giudica, e combatte con giustizia, e che porta scritto nelle vestimenta, e nel femore, Re de'regi e Signore dei dominanti.

Forma intanto sua Santità voti ardentissimi al Padre delle misericordie, affinchè ispiri a que' sudditi che sono sottratti dalla forza al suo dominio, e che sono, e saranno sempre la sua tenerezza, lo spirito di pazienza, e di rassegnazione, onde aspettino sommessamente dal cielo la consolazione, e la pace, e conservino sempre intatta nel loro cuore la religione, e la fede. -- Il Dio d'Israello ne darà la virtù, e la fortezza al popol

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Questi sono i sentimenti, e le proteste che sua Santità ha ordinato allo scrivente di avanzare al rappresentante francese, come incaricato ancora del regno Italiano,cui sono state incorporate le sue provincie, e mentre si fa un sacro dovere di fedelmente obbedire al ricevuto comando, le rinnova i sensi della sua sincera considerazione.

CIX. Con biglietto di segreteria di stato dei diecinove maggio vennero su di ciò aggiornati i ministri esteri, facendo conoscere ad essi che sua Santità aveva con costanza sofferto il nuovo spoglio della miglior parte delle rimanenti sue possidenze, e che vi si era di già preparato, con fermo proposito di non tradire i suoi sacri doveri, • di non dispiacere a Dio per piacere agli uomini (1). In data poi dei ventidue maggio il comun Padre de' fedeli non mancò di premunire per mezzo particolare i vescovi delle provincie Pontificie del regno Italico con una istruzione divisa in dodici articoli, acciò servisse di regolamento allor quando accadessero i casi nella precitata istruzione contemplati (2); ed un altra eziandio ne spedì nel giorno ventinove maggio risguardante il giuramento, le case religiose, la immunità ecclesiastica, dando ai sullodati vescovi per un anno le facoltà di agire con la vista di prestarsi al bisogno, e di evitare il danno delle parti interessate, le quali non potrebbero ottenere giustizia in altra guisa, che per mezzo dei tribunali laici, attesa la forza che impediva al foro ecclesiastico di esercitare i suoi legittimi ed inconcussi diritti (3). Con lettera in data

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(1) Documenti giustificativi ec. Tom. III. pag. 123.

(2) Vedi la lettera di accompagno del card. Gabrielli, e le precitate prime istruzioni nella raccolta dei documenti autentíci ec. Tom. III. pag. 126.

:

(3) Osserva nella precitata raccolta. Tom. III. pag. 132. la seconda istruzione, che principia: Dal mio dispaccio in data dei ventidue maggio cadente. Vedi eziandio il breve ema¬ nato da Fio VII., e diretto ai cardinali Brancadoro e Castiglio ni, ed inoltre agli arcivescovi e vescovi in data dei trenta agosto, che principia Noi non potevamo ec. richiamando la istruzione dei ventidue maggio, nel caso che il nuovo governo a vesse intímato il giuramento di fedeltà. Nel giorno suddetto, cioè treta agosto pubblicossi un foglio diviso in sette articoli in cui accordavansi dal s. Padre alcune speciali straordinarie facoltà agl' individui de' paesi occupati dalle armi francesi,

dei tre giugno parimenti diretta agli arcivescovi e vescovi delle provincie Pontificie emanò alcuni ordini circa la clausura, e l'amministrazione dei beni delle comunità religiose, esortandoli a porre in uso il loro zelo per sostenere e difendere i diritti della chiesa, e per allontanare ogni ombra di connivenza a tutto ciò che opponevasi alle leggi della chiesa medesima (1); e siccome il s-Padre sapeva che ai vescovi compresi nelle provincie della Marca e di Urbino usurpate alla s. Sede, erasi ingiunto dal general Lemarois(2)di recarsi a Milano prima dei quindici luglio per prestare nelle mani del vice-re il giuramento di fedeltà , che dicevasi dovuto all' imperatore de' francesi e re d'Italia, il s. Padre significò ai vescovi suddetti (3) essere sua volontà che non intraprendessero il viaggio, come legati alla prestazione di un giuramento positivo che nel §. VIII. delle precitate istruzioni era dichiarato illecito (4).

(1) Lettera della segreteria di stato agli arcivescovi e vescovi delle provincie Pontificie in data dei tre giugno.

e

(2) Intimo del generale Lemarois ai vescovi compresi nelle provincie della Marca e di Urbino dei ventotto maggio; la circolare del generale suddetto de'sette ottobre richiamando l'ordine dei diecissette settembre del ministro del culto presso il vice-re d'Italia, in cui ordinavasi la confisca de' beni delle diocesi il giuramento conforme alla formola stabilita nel primo concordato. Il vescovo di Fano rispose negativamente a Lemarois, citando nella risposta il breve di Pio VII. dei trenta agosto.

(3) Vedi la lettera della segretaria di stato ai vescovi suddetti degli otto giugno.

(4) Videsi non pertanto Pio VII. costretto a dare nuove istruzioni, e queste su di alcune preci da praticarsi dopo la messa parrochiale o conventuale nelle provincie usurpate, ed altre risguardanti il matrimonio. Due furono le circolari, che la commissione di governo in Ancona diresse in data dei ventisette maggio ai vescovi delle provincie della Marca e di Urbino. Nella prima eccitavansi i vescovi a prescrivere ai propri parrochi, cor

CX. I giusti reclami del s. Padre si resero di niuna effi-
ed anzichè cessare gli oltraggi moltiplicaronsi es-
eminentissimo Gabrielli, che
diciotto giugno, il s. Padre

cacia
si a misura dei giorni. All'
fu deportato nella notte del

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Domine

'porazioni religiose, e capitoli la preghiera ne' giorni di festa Pro Imperatore et Rege coll' annesso versetto salvum fac Imperatorem et Regem, et exaudi nos in quacumque die invocaverimus te-- Nell'altra diceasi, che siccome è imposto dal codice l'obbligo del registro civile per la validità del matrimonio, senza di cui mancherebbe il contratto, e con essa la base del sacramento, di modo che le unioni che ne seguirebbero appoggiate al solo atto sacro sarebbero illegittime, e ne sortirebbero gli effetti civili, così riesce di necessità che sia fatta legge ai parrochi di non amministrare ad alcuna coppia il sacramento del matrimonio,se prima non abbiano essi sott'occhio il certificato del premesso registro civile nelle forme.

Inconinciando dalla prima circolare, rilevasi nella suddetta, che se i vescovi eseguissero l'invito, e l'ordine nella medesima contenuto, con ingiungere al clero diocesano la detta preghiera, verrebbero almeno implicitatamente a riconoscere per legittimi que' magistrati, e quel governo al cui comando si presterebbero, lo che è in opposizione perfetta con la volontà, con gli ordini già dati da sua Santità nell' istruzione. Obbidirebbero in secondo luogo i vescovi nella divisata ipotesi al governo secolare in oggetto meramente ecclesiastico, e però estraneo ed incompetente alla sua autorità ancorchè il governo stesso fosse legittimo possessore de' paesi, de' quali si tratta, ma ciò non può esser loro lecito, perchè con tale obbedienza verrebbero a riconoscere nel governo, ossia nei magistrati, dai quali si è emanato l' ordine con una autorità, che ogni cattolico sa noncompetergli. Quantunque sia permesso di pregare per tutti, e perciò non sia intrinsecamente illecito il pregare per un sovrano, anche non proprio, pur tuttavia siccome, e secondo le intenzioni del governo, e secondo la comune intelligenza, intanto si è voluta, e si fa in tutta la Francia la preghiera in questione, in quanto che l'imperatore de' francesi è di fatto, e si riconosce pel sovrano della Francia, come riconoscevasi per l'addietro per tale il re , per cui facevasi egualmente la preghiera mede sima; quindi adottandosi essa nelle diocesi della Marca, e di Urbino, anche con questa verrebbesi a riconoscere l'impera

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