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CXXVIII. Servi inoltre di consolazione a Pio VII. la notizia che il nunzio di Vienna partecipò alla segreteria di stato La nostra gazzetta ci porta un ordine di gabinetto, ove dicesi che il re commosso dal grande attaccamento, che gli hanno dimostrato i sudditi cattolici nell' ultima catastrofe, ordina che in avvenire non abbiasi più riguardo alle differenze di religione tra i cattolici e i protestanti, e promette di render migliore la dotazione dei sacerdoti cattolici,, (1). Il giorno ventisette febbrajo emanò Pio VII. alcune facoltà ai vescovi della Francia circa i matrimoni illegittimamente contratti fino al giorno dell' emanato decreto, richiamando il breve del 1801, e nel susseguente di trasmise ai vescovi suddetti un breve relativo allo stesso oggetto, che principia : Vix nova a nobis etc.

CXXIX. Il tempo avvicinavasi che i figli dar dovevano al loro amorosissimo Padre un nuovo segno di attaccamento e rispetto. Il fausto giorno che Pio VII. ascese sulla cattedra del principe degli Apostoli, edeziandio quello in cui fregiossi il fronte del Pontificio triregno, furono predistinti con una universale illuminazione, quanto per se stessa bella, altrettanto inattesa dal governo francese. Il Vaticano, ed il campidoglio ed il campidoglio, le chiese, i palagi, i comuni appartamenti, e perfino il più vile ed abbietto abituro,vidersi tutti simmetricamente ornati di faci ed enblemi che ricordavano agl' invasori l'esistenza del legittimo monarca; eppure nel centro di tanta gioja, ed universal contento si udi da taluni ripetere, che quelle immense faci i funerali preconizzavano del romano Pontefice; di quel Pontefice, che già in cuor suo deliberato

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(1) La gazzetta di, Augusta ventiquattro febbrajo contiene il suddetto articolo in data di Berlino quattordici detto 1809.

avea di anatematizzare coloro, che cooperato aveano alla invasione ed usurpazione suddetta. (1)

CXXX. Si attentò inoltre ai diritti inviolabili della sovranità territoriale con la formazione di un corpo di gendarmeria composto di sudditi Pontificj , quantunque il progetto lesivo si asserisse del tutto svanito. Il solo esercitare l'ingaggio in un estero territorio si è appreso come la più grande violazione del diritto delle genti, e come uno dei più gravi delitti di lesa maestà, degni di esemplare punizione in chi lo eseguisce; poichè fomenta la insubordinazione e la infedeltà de' sudditi, e scioglie e distrugge i ligami del corpo politico - Protestò il Papa altamente che qualora non si abbandonasse affatto l'idea della riprovata organizzazione avrebbe considerato i pochi arruolati, come figli degeneri della patria, e come ribelli al proprio sovrano. Usurpossi eziandio il privativo dominio della villa di Cospaja posta presso i confini della Toscana, ad onta di un compromesso fatto fin dal 1785. tra i due governi dal re di Sardegna, per decidere la questione promossa dal governo di Etruria sul preteso titolo di alto indispensabile dominio, ad onta dell'immemorabile privativo possesso degli atti giurisdizionali di

I

(1) Vedi la relazione della illuminazione fatta in Roma nei giorni venti e ventuno marzo 1809 ricorrendo la coronazione disua Santità Pio VI. quale fu stampata nel foglio periodico del Cracas in data dei ventisei detto, ed annunciata nel foglio precedente in data dei ventidue alla pag. 60; ma il comando militare francese colla forza armata proibì, e ne impedi la pubblicazione. La gazzetta però protestante di Zurigo detta Beirkli nel numero quattordici del suo foglio dei tre aprile do. po di avere riportato un onorificentissimo articolo circa il fausto giorno anniversario della creazione di Pio VII., esclama: Viva questo gran Papa lungo tempo, tempo lunghissimo. In seguito sonovi dei versi, che nell' idioma tedesco è uu' apologia ben degna del capo della cattolica romana chiesa.

Tom. II

R

cui godeva la s.Sede prima del compromesso (1). Il colmo delle afflizioni di sua Santità, ed i giusti reclami diretti al generale Lemarois (quattro maggio) su i disordini prodotti dall' istallato corpo civico, l'ordine del giorno circa i forestieri che giungevano in Roma ( cinque e sei detto)(2),l'obbligo imposto al governatore e al magistrato diAlbano di dovere dipendere dall' ufficiale Crivelli negli oggetti di polizia (sette detto), la clandestina distribuzione del potere governativo in varie parti dello stato Pontificio (otto detto), determinarono il Papa a pubblicare la seguente bolla di scomunica (3), la qual fu affissa in Roma il di dieci giugno 180g. alle quattro patriarcali basiliche, ed in altri luoghi ec. (4). ¦

(1) Il governo di Etruria con una intimazione sottoscritta dal maire di s. Sepolcro pretese assoggettare la detta villa posta presso i confini dei due stati al suo privativo dominio.

(2) Vedi l'ordine del giorno del generale Lemarois dei cinque maggio, ed il biglietto della segreteria di stato dei tredici detto.

(3) Tertulliano chiama la scomunica censura divina, e giudizio già fatto innanzi a Dio, ed Origene che tutti gli scomunicati rassomigliansi a Satanasso (Detti e dottrina del P. Ribadeneira lib. della religione). Exommunicatus est, soggiunge Antonino, separatus a septem bonis. Primo, caelo. Secondo, Ab omni sacramento. Terzo, Ab ecclesiae suffragio. Quarto, A divino officio. Quinto, A fidelium consortio. Sesto, A quolibet actu. Settimo, A fidelium sepulcro. (Part. 2. tit. cap. 21. §. 3, )

(4) PIUS PP. VII.

Ad perpetuam rei memoriam

I,

Cum memoranda illa die secunda februarii Gallorum Copiae, postquam uberiores alias Pontificiae ditionis Provincias late invaserant, in Urbem quoque repentino, hostilique immissae sunt impetu, in animum inducere minime potuimus, ut politicis, aut militaribus illis rationibus, quae ab invasoribus vulgo praetendebantur, et jactabantur, ausus hujusmodi unice retribueremus; quod scilicet aut tueri se se hic, prohibereqne hostes

CXXXI. Con l'autorità di Dio Onnipotente,de'ss.Apostoli Pietro e Paolo, e nostra, dichiariamo voi, e tutti i

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suos a terris Sanctae Romanae Ecclesiae, aut nostrum in nonnullis ex iis, quae Gallicanum a nobis Gubernium petierat, recusandis propositum, atque constantiam vellent ulcisci. Vidimus statim, rem multo spectare longius, quam temporariam quamdam, aut militarem providentiam irative erga nos animi significationem Vidimus reviviscere, recalere, e latebris rursus erumpere, quae deferbuisse, et si minus compressa, repressa saltem videbantur impia, ac vaferrima illorum hominum consilia, qui decepti, decipientesque per Philosophiam, et inanem fallaciam (ad Colossens. c. I. v. 8 introducentes sectas perdictionis(Ep.s.Petri c.2.v.1.) Sanctissimae Religionis excidium, conjuratione facta, jamdiu machinantur. Vidimus in Persona humilitatis nostrae sanctam hanc Beatissimi Apostolorum Principis Sedem peti, obsideri, oppugnari, qua scilicet, si ullo modo fieri posset, subruta, et Catholicam Ecclesiam super illam, tamquam super solidissimam petram a Divino ejus conditore inaedificatam labefactari funditus, el corruere sit necesse. Putavimus olim nos

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spera

vimusque Gallicanum Gubernium malorum experientia edoctum, quibus potentissima Natio ob laxatas impietati, et schismati habenas se involverat, convinctumque unanimi longe maximae civium partis suffragio, sibi vere, et ex animo persuasisse tanden, securitatis suae, ac felicitatis publicae interesse maximae si liberum Religioni Catholicae exercitium sincere restitueret, ac singulare ejus patrocinium susciperet. Hac profecto opinione, ac spe excitati nos, qui illius vices, licet immerentes in terris gerimus qui Deus est Pacis, vix ut reparandis in Gallia Ecclesiae cladibus aditum patefieri aliquem persensimus testis nobis universus est orbis, quanta cum alacritate iniverimus tractationes pacis, quantique et nobis et ipsi Ecclesiae steterit illas tandem ad eum exitum perducere, quem consequi licuisset. At Deus immortalis ! Quorsum spes illa nostra evasit? Quis tantae indulgentiae, ac liberalitatis nostrae tandem extitit fructus ?

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Ab ipsa promulgatione constitutae hujusmodi pacis conqueri cum Propheta coacti fuimus: Ecce in pace amaritudo mea amarissima: quam sane amaritudinem non dissimulavimus Ecclesiae, ipsisque fratribus nostris Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalibus in allocutione ad ipsos habita in Consistorio die 24. Maii anni 1802; significantes scilicet ea promulgatione nonnullos initae conventioni adjectos fuisse articulos ignotos nobis, quos statim improbavimus: iis siquidem articulis non solum exercitio

cooperatori nell'attentato che eseguiste, incorsi nella scomunica, nella quale nelle nostre lettere Apostoliche, che

Catholicae Religionis ea penitus libertas in maximis, potissimisque rebus re adimitur, quae in ipso conventionis exordio, ut ipsius basis, ac fundamentum verbis asserta, pacta, promissa solemniter fuerat; verum eorum quibusdam ipsa etiam haud procul impeditur Evangelii doctrina. Idem fere fuit exitus conventionis, quam cum Italicae Reipublicae Gubernio inivimus; iis ipsis articulis arbitrarie prorsus, ac perverse per summam patentemque fraudem, atque injuriam interpretatis, quibus ab arbitrariis, perversisque pactionum interpretationibus summopere praecaveramus.

Violatis hoc modo, pessumdatisque conventionis utriusque pactionibus illis, quae quidem in favorem Ecclesiae fuerant constitutae, et potestate spirituali laicalis arbitrio subacta, tam longe abfuit, ut quos proposueramus nobis, conventiones illas ulli salutares effectus fuerint consequuti, ut potius mala, ac detrimenta Jesu Christi Ecclesiae augeri in dies magis, ac propa gari latius doleamus. Atque ea quidem hoc loco minime nos sigillatim enumerando recensebimus, quoniam et vulgo satis nota, et bonorum omnium lacrimis deplorata sunt, satisque praeterea exposita a nobis duabus Allocutionibus consistorialibus fuerunt , quarum alteram habuimus die 16. martii, alteram die 11. jalii 1808. ; quaeque ut ad notitiam publicam perveniant, quatenus in hisce nostris angustiis licuit, opportune providimus. Ex iis cognoscent omnes, totaque videbit posteritas, quae de tot, tantisque ausibus Gallicani Gubernii in rebus ad Ecclesiam spectantibus mens, ac sententia nostra fuerit: agnoscent cujus longanimitatis, patientiaeque fuerit, quod tamdiu siluerimus ; quoniam proposito nobis amore pacis, firmaque concepta spe, fore ut tantis malis remedium tandem, ac finis imponeretur, de die in diem Apostolicam Nostram palam extollere vocem differebamus. Videbunt qui labores, quae curae nostrae fuerint, quamque agendo, deprecando, obtestando, ingemiscendo nunquam conari cessaverimus, ut illatis Ecclesiae vulneribus medela adhiberetur ac ne nova ei infligerentur deprecaremur. Sed frustra exhaustae sunt omnes humilitatis, moderationis, mansuetudinis rationes, quibus hoc usque studuimus jura, partesque Ecclesiae apud illam tueri, qui cum impiis in societatem consilii venerat de ea penitus destruenda qui eo animo amicitiam cum illa affectaverat, ut facilius proderet,ejus patrocinium simulaverat, ut securius opprimeret. Multa saepe, diuque sperare nos

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