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al servizio del Duca di Savoia. Queste cure assorbirono un tempo maggiore di quello, che gli era stato assegnato. Al suo ritorno in Torino l'irregolarità gli venne facilmente sanata mercè un provvedimento sovrano, col quale si riconobbe l'ottimo risultato conseguito dalla sua gita in Toscana.

A proposito della venuta in Piemonte dei vari musici lucchesi, quali il Tomei, del quale parleremo in seguito, il Vecoli, il Sergiusti, i fratelli Fontana, il Bollini e altri, ammessi in seguito, l'abate Luigi Nerici, che con molta pazienza e molto zelo raccolse una notevolissima e pregevolissima quantità di notizie e di documenti per la storia della musica in Lucca (1), narra come nell'anno 1585 Andrea Doria per incarico avuto si sarebbe adoperato, perchè la Signoria di questa città inviasse in Spagna la sua Cappella Palatina in occasione delle nozze di Carlo Emanuele I duca di Savoia, figlio di Emanuele Filiberto con donna Maria Catterina d'Austria, infante di Spagna, figlia di Filippo II nipote di Carlo V. Il Senato lucchese avrebbe, egli dice, di buon grado annuito alla richiesta, e perchè i musici potessero sostenere le spese del lungo viaggio, avrebbe loro anticipato quattro mesi di stipendio. Carlo Emanuele I sarebbe stato così soddisfatto di quella musica e dei suoi esecutori, che a sua volta li avrebbe richiesti nell'anno 1607 per le nozze celebrate in Ciamberì fra la principessa Margherita, sua figlia, e il duca Francesco Gonzaga. Anche questa volta la Signoria di Lucca avrebbe aderito al desiderio di Carlo Emanuele e lasciato venire i suoi musici in Savoia (2). Fin qui il dotto abate. Egli avrà benissimo potuto trovare nell'Archivio di Lucca i documenti relativi al viaggio in Spagna dei musici della Signoria lucchese per le nozze, alle quali accenna. Si può tuttavia ritenere come molto difficile, che Andrea Doria, già morto a quella data da circa venticinque anni, abbia potuto occuparsi della faccenda. Circa alla presenza dei musici della Signoria alle nozze della principessa Margherita e di Francesco Gonzaga, possiamo sicuramente dire tre cose. In primo luogo, che esse ebbero luogo non nell'anno 1607, ma nell'anno 1608. In secondo luogo le nozze non vennero celebrate in Ciamberì, ormai negletta, ma in Torino, capitale dello Stato. In terzo luogo

(1) Documenti per la Storia della Città di Lucca, v. XII, pag. 189: Abate L. NERICI, La Musica in Lucca.

(2) Ib. ib.

finalmente possiamo osservare, che dell'intervento in questa circostanza dei musici di Lucca abbiamo ragione di essere molto diffidenti e increduli. I motivi sono essenzialmente due. Nelle lunghe, minute, ampollose descrizioni delle feste celebrate allora sono accennate ampollosamente tutte le varie fasi delle pompe religiose e dei vari trattenimenti svoltisi, ma non si fa alcuna. menzione dei musici lucchesi, che sarebbero stati chiamati. Gli stessi tesorieri, che molto scrupolosamente registrarono le spese fatte, non hanno una parola, un indizio che anche lontanamente li ricordi.

Vi ha poi un'altra ragione, che chiameremo politica, la quale vi osta. Spogliamo tutti i fronzoli inutili, che tentano di mascherare la verità e darle un'altra apparenza. Le notizie, che si hanno circa le doppie nozze celebrate allora a Torino (1), ci persuaderanno facilmente, che Carlo Emanuele non dovette mai pensare a cercare l'intervento di estranei per festeggiamenti in casa sua. In tutte quelle manifestazioni di gioia e di lusso traspariva il pensiero fisso del Duca di Savoia di far persuaso il Gonzaga di Mantova della opulenza e della ricchezza dello Stato Sabaudo. Questa ostentazione larvata in tutti i mezzi doveva schiacciare la famiglia del futuro genero e farla convinta della sua inferiorità (2). La venuta di musici stranieri in Torino in questa circostanza, che doveva in certo modo essere la glorificazione del ducato di Savoia, se per un verso poteva essere un segno di magnificenza, costituiva per un altro una confessione di debolezza, che si doveva evitare, specialmente di fronte ai Gonzaga, che avevano al loro servizio musici di grido raccolti in parte all'estero.

Chiudiamo la parentesi e ritorniamo al musico Bastini. Carlo Emanuele con lettera patente del ventiquattro di marzo del 1601 lo nominò «< capo musico non tanto dei presenti musici nostri suonatori et cantatori, quanto di ogni altro che per l'avvenire potes

(1) Pochi giorni dopo il matrimonio della Principessa Margherita di Savoia con Francesco Gonzaga di Mantova la Principessa Isabella, altra figlia di Carlo Emanuele I, sposò Alfonso d'Este, Principe di Modena. (2) Cfr. la relazione di Francesco Morosini ritornato da Ambasciatore a Mantova presentata all'Eccellentissimo Senato Veneto e letta il ventuno di giugno dell'anno 1608, quando la Principessa sposa era appena giunta in Mantova. (V. Relazione degli Ambasciatori Veneti al Senato, a cura di ARNALDO SEGARIZZI. Bari, Laterza, Vol. I, pp. 97 a 100).

simo accettare al nostro servitio» (1). Le ragioni, che determinarono questa nomina, sono spiegate colle seguenti parole, che si leggono nello stesso documento. « Volendo noi ritornare al pristino stato la musica di nostra camera e cappella già per la contazione passata et altre occorrenze ridotta a pochissimo numero et essendo necessario a questo effetto di eleggere un capo per poterla reggere et governare nei bisogni che si presenteranno, sapendo perciò lesperienza et capacità che tiene per esercitare questo carico il molto diletto nostro Pasquino Bastini musico di nostra camera il quale ci ha servito da trent'anni in qua in molti viaggi e in tutte le occasioni con evidente nostra soddisfattione, etc., etc.» (2).

Sei anni dopo egli chiese di essere investito di cinque giornate di alteno feudale poste nel territorio di Bricherasio, pervenutegli per la dote di Barbara Cacherano, sua moglie, la quale pochi anni innanzi aveva avuto una casa di sua proprietà, situata nello stesso territorio, assai danneggiata per le operazioni di guerra. Nell'anno 1620, quando già contava quarantasei anni di servizio, Pasquino Bastini ottenne di essere naturalizzato suddito di Sua Altezza (3). La sua servitù cinquantenaria fu riconosciuta con un notevole aumento di stipendio (4). Di questa generosità di Carlo Emanuele I egli potè godere assai poco, perchè morì un anno dopo (1624).

L'abate Nerici, già citato, si occupa anche di Niccolò Tomei, musico lucchese, che fu alla Corte di Emanuele Filiberto e di Carlo Emanuele I di Savoia, e dice, che appartenne alla musica del suo paese dall'anno 1561 (quattordici marzo) all'anno 1578. Quest'ultima data non deve essere esattissima. Del Tomei infatti

(1) Archivio di Stato di Torino.

(2) Ib. ib.

(3) Ib. ib., Conti Finanze, Reg. 1607-8 (v. 69), f. 95). Il doc. porta la data del 4 agosto del 1607.

(4) 1623, 2 gennaio: Il Duca di Savoia. A molto Magnifichi Consiglieri di Stato, Ricevitori e Contadore Generale delle nostre Militie e Genti di Guerra il conte Camillo Taffino e Agostino Falletto presenti e successori Salute. Vogliamo in particolare riconoscere la servitù usata per cinquant'anni dal capo musico Pasquino Bastini a gusto nostro coll'accrescergli lo stipendio che ha sopra la Cittadella di Torino di ducatoni dodici da florini dieci e sei luno il mese a ducatoni quindici da florini 13. Perciò v'ordiniamo con le presenti etc. Dato in Torino li 2 gennaio 1623. Vittorio Amedeo (Ib. ib., Conti Finanze).

risulta, che il sette maggio del 1579 ricevette dal Duca di Savoia un congruo aumento di stipendio. Ora per consuetudine gli aumenti non si concedevano che dopo alcuni anni di servizio. Egli, che allora veniva detto primo musico della Cittadella, doveva quindi essere a Torino non da uno solo, ma da qualche anno. Niccolò Tomei si trattenne alla Corte di Carlo Emanuele sino all'anno 1600. Copriva allora la carica di capo-musico della Cittadella. Due figli di lui, Carlo Emanuele e Marco Antonio, ebbero pure, ma assai più tardi, ad appartenere alla musica del Duca di Savoia, ma se ne allontanarono dopo pochi anni per la morte, o per la partenza da Torino del loro padre.

Dobbiamo ora accennare a certi strumenti musicali, non determinati, che Emanuele Filiberto volle fossero fabbricati pel principe Carlo Emanuele e per donna Maria, sua figlia naturale legittimata. Incaricato della loro fabbricazione fu il matematico di Corte Giovanni Battista Benedetti, che li fece fare in Venezia nell'anno 1567 (1).

Prima di passare a parlare dei trombettieri della persona e di certi musici forestieri, o locali gratificati da Emanuele Filiberto, vogliono essere ricordati due suonatori di piffero e un tamburino, che Carlo Emanuele I ebbe nella sua prima età al suo servizio assieme al violinista Caot, già ricordato, e a due cantori, detti chiantri o chiantari e non altrimenti designati. Questi due pifferi e il tamburino ora ricordati ebbero un momento di celebrità, a quanto pare, nell'anno 1574, in occasione del passaggio pel Piemonte di Enrico di Francia, re di Polonia. Nelle varie feste, che ebbero luogo in Vercelli e in Torino (2), attirarono così l'attenzione del nuovo Re di Francia certi suonatori, ai quali per ragioni, che ora sfuggono, era dato il nome di suonatori della volta, che manifestò il desiderio di averli ancora in Ciamberì. Emanuele Filiberto, al quale premeva di soddisfare il congiunto anche nelle cose minime, da Lanslebourg scrisse al suo gran cancelliere Giovanni Tommaso Langosco di Stroppiana perchè colla massima

(1) 1568, 23 gennaio: Il Duca di Savoia. Pagate al ben diletto nostro Mathematico Giovanni Battista Benedetti la somma di scudi sessanta doro, che sono per il pagamento d'alcuni strumenti musicali che egli ha fatto fare in Venetia per il Principe et Donna Maria nostri figli carissimi. Dat in Turino li 23 gennaro 1568 (Ib. ib., a. 1567-68, v. 20, 774). (2) Nel mese di agosto.

celerità li facesse partire con « qualche corriere discreto, che lor faccia buona compagnia e li conduca a salvamento» (1).

Il conte Filippo Saraceno, che già accennò a questo minuscolo episodio (2), non riuscì di trovare attraverso ai conti di tesoreria della R. Casa e del Tesoriere generale di Piemonte alcun documento, che accennasse a musici passati in Francia per conto e d'ordine di Sua Altezza, che un semplice mandato di pagamento di trenta lire a due pifferi e al tamburo del serenissimo Principe in aiuto per le spese del viaggio dell'andata e ritorno da Lione pel passaggio di S. M. Cristianissima (3). Ulteriori ricerche tentate recentemente non dettero un risultato migliore. È forza per conseguenza credere, che costoro costituissero quella certa Musica della volta tanto apprezzata.

Al servizio di Carlo Emanuele furono pure i due cantori, che troviamo anche detti chiantri, o chiantari. Chi essi fossero, non si può affatto argomentare. Sappiamo soltanto, che per circa dieci anni di permanenza al servizio del Principe e successivamente del duca Carlo Emanuele furono a dozzina col Vitalbero Rasino, come s'è detto (4). Come erano venuti, scomparvero dai registri dei tesorieri senza lasciare alcuna traccia di loro.

(1) ... E perchè S. M. mi ha detto che desidera molto haver in Ciamberì i sonadori della Volta spedisco il presente corriere espresso per andarli a pigliare e condurre per le poste in diligenza attalchè si trovino mercoledì sera in Ciamberi e scrivo la qui alligata al Principe acciocchè li mandi subito. Voi gli potrete dar la lettera e vedere di farli accompagnare da qualche corriere discreto che lor faccia buona compagnia e li conduca a salvamento... Lanneborgo 29 agosto 1574 (Ib. ib., Lett. della Corte, mazzo ad ann. 1574).

(2) F. SARACENO, Emanuele Filiberto e il passaggio in Piemonte del Re di Polonia nel 1574, in « Curiosità e ricerche di Storia Subalpina », vol. 5, pp. 213 e seg. Torino, Bocca, 1881.

(3) Lire trenta pagate alli due piffari e tamborino del Serenissimo Principe in virtù di un mandato fatto per Sua Altezza li ventisette dottobre 1574 che sono per tanti donatigli per sua Altezza in aggiutto per le spese del viaggio dell'andar e tornar da Lione d'ordine di S. Altezza nella passata di Sua Maestà Christianissima (Ib. ib., Tes. di Piemonte, reg. ad ann., cap. 544). (4) 1577, 26 maggio: Lire cinquanta soldi tredici per laccompra di due letti per due chiantri di detto Serenissimo Signore in virtù di mandato della Signora Contessa fatto li ventisei maggio (Ib. ib., Conti R. Casa (Casa del Principe), registro ad ann., f. 42). 4 giugno: Lire cinquanta due soldi nove pagati a M. Francesco Pansoya mercante in Torino in virtù d'un mandato fatto dalla Signora Contessa seguito li quattro di giugno 1577,

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