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Ora la prima natural conseguenza di questa lotta fra il tribunale del Campidoglio, che aveva la sua giurisdizione per antico possesso, e quello del pontefice, che sentiva di dovere vendicarla come fondamentale diritto allo Stato, era la frequenza e l'ardire dei delitti nella città e nel suburbio. «< Similiter interea furta, latrocinia, rapinae, homi«< cidia et sforciamenta tam in urbe quam extra fiebant, et << de his non curabatur », annota lo scribasenato. Le due

<< maii (1483) mandatum d. f. Dominico de Albergatis notario et vi<«< cecamerario nostro ac Alme Urbis gubernatori » ecc., affinchè rilasci impunito ed assoluto « absque nulla solutione Henricum Wachtel << aurifabrum in curia Sabellorum detentum »>. E ibid. Sixti IV Capitul. an. 1472-76, lib. 3o, f. 253: « Pro Iuliano Cesarino. Latinus «< (Card. de Ursinis) &c. Magnifico domino Alme Urbis senatori et <«< eius locumtenenti ac aliis omnibus ad quos spectat seu spectabit <«< in futurum salutem in domino. Cum superioribus mensibus nobilis << vir Iulianus de Cesarinis civis Romanus, cuius filius Prosper com<< miserat certum excessum in personam honorabilis viri Iohannis << de Bonaparte Mercatoris Romanam curiam sequentis; propterea ex << ordinatione vestra coactus fuerit, pro delicto filii, solvere camere << prefate urbis summam centum ducatorum auri. Nos ipsi Iuliano, «< qui senex est, et de ipso excessu ex intimis doluit, paterne com<< patientes vobis et cuilibet vestrum, prout ad unumquemque pertinet <«< et spectat, Auctoritate nostri camerariatus officii, harum serie man<«< damus, ut absque alterius mandati expectatione, cassetis cancelletis << ac super eis, in curia vestra capitolii factum et sequtam dicti Pro<< speri condemnationem ac diffidationem qualiscumque sit et in qui<«< buscumque terminis reperiatur. Dummodo tum prius vobis consti<< terit, quod ipse Iulianus, seu dictus Prosper eius filius impetraverint << et obtinuerint, a dicto Iohanne de Bonaparte offenso, pacem aut << saltem treugas ad octo vel decem annos duraturas. Non obstantibus << in contrarium facientibus quibuscumque. Datum Rome apud Montem << Iordani, sub nostri signetti impressione, Anno domini .MCCCCLXXV°. << die .x. mensis octobris, Pontificatus etc. anno quarto.

« L. Card. de Ursinis etc. manu propria.
<< Gaspar Blondus.

<< Ex ipso enim delicto absque contumatia quam remittimus scimus << non debere mediam partem sumere quam nostro iussu exsolvit ».

giurisdizioni in fatti si restavano spesso inoperose l'una incontro all'altra, non attentandosi l'una d'esercitar francamente l'azione sua, mentre poteva accaderle d'incontrarsi coll'altra a mezza strada; desiderando l'altra che, dalla mancanza di giustizia, sorgesse nel popolo disprezzo e sfiducia pel magistrato comunale, necessità e desiderio dell'intera azione governativa e, ad ogni modo, qualche danno. Cosi accade che quando Ludovico Mattei co' figli uccidono Andrea di Mattuzzo, rompendo la statutaria stipulazione di securanza, si rimangono in città, e la voce che corre è il papa aver loro permesso di restarvi, dopo aver estorto l'ammontare della pena: « extorsisse ab eis poenam stipulatam « securitatis fractae». E poc'oltre: « Si dà per vero - scrivee l'effetto lo mostra, quantunque io non ne abbia visto la bolla, che il pontefice abbia concesso a Stefano e Paolo Margano, per mezzo d'una bolla apostolica, la remissione dei delitti e omicidi commessi da essi e da loro seguaci in numero di dieci in città e fuori, quand'anche non avessero stipulato la pace cogli eredi degli estinti; con così pieno salvocondotto che la Curia non potesse loro dir nulla »: << ubicunque reperti essent, Curia adversus <«<eos non valeret dicere ». Altrettanto par che abbia fatto coi Dal Buffalo. Ma se qualche rara volta interviene all'I. di non vedere documento che comprovi il fatto allegato, pel maggior numero dei casi pur troppo gli accade di poter dire: «<experientia scripsi ». Così Roma è piena di facinorosi che riparano, dopo i delitti commessi, alle case de' cardinali come ad asilo; l'omicidio non dà pensiero. In Campidoglio non si fa più niuna o rara esecuzione corporale; la Curia del vicecamerario sopraffà quella del Senatore, il palazzo Capitolino è vinto dalla torre di Annona (1). Falcone de' Sinibaldi, cittadino romano, proto

(1) INFESSURAE Diar.: « In Capitolio nulla vel saltem rara exe<< cutio corporalis fit; nisi quod per curiam d. vice camerarii aliqui

notario e tesoriere del pontefice, arbitrariamente alla torre d'Annona vendica l'ingiuria fatta ad un suo servo, senza che il Campidoglio se ne risenta. Questo stato di cose inacerbisce più che mai, quando la Camera apostolica cede per nove anni in appalto le sue entrate ed uscite, con patto che, durante questo periodo, i camerlinghi non debbano render conto, nè possano essere sindacati dell'opera loro. Le ruberie, le rapine, le composizioni crebbero a dismisura, allora. I delinquenti s'intesero colla Camera in prevenzione, per aver sicurtà, prima ancora che il delitto fosse commesso. E il papa? Il papa « sentit et patitur ». E quando muore, il dissidio tra gli officiali del Comune e il camerlingo è fatto più aperto e baldanzoso. Questi domanda loro di provare con che titolo accampano il diritto di nominare un marescallo per ogni rione della città. E mentre la questione s'agita viva tra cittadini e chierici, quattro codardi fra i caporioni, i cui nomi, degni d' infamia, l'I. ci serba (1), tradirono l'antico diritto e la consuetudine del Comune al clero ambizioso e corrompitore. Com'è ovvio, nè regesti di papi, nè libri di Camera tramandano facilmente ai posteri le vestigia di condizioni si tristi. Pure non ne è tolto ogni sentore e raccoglierlo ci parve officio della critica. Un mandato che mitiga la pena d'un delitto cui ragion vuole che mai non si mitighi, la pena di chi falsò la moneta, ci risulta dai registri di Ca

<< nocte suspenduntur et mane suspensi reperiuntur apud turrim Nonae << sine nomine et sine causa, et hoc ordine vivitur hodie in Urbe, a. 1489, << sedente Innocentio VIII »>.

<< rum

(1) Essi furono Lorenzo de' Marcellini, priore de' caporioni, Francesco Taddei, Giacomo Alberini e Giacomo Galli. « Et non est miaggiunge l'I. segnalando la corruzione diffusa nella citta<«<dinanza per l'egoistica prevalenza del clero si Romani non <«< habent idoneos, quia ipsimet sunt causa, dum pro eorum pri«vata utilitate contra civitatem et bonum comune << faciunt >>.

mera del 1485 (1). Non tutti vengon meno pertanto i documenti contemporanei, anche della più difficile natura, a conferma del Diario di Stefano.

Ma torniamoci oramai a considerare la bolla di riduzione del numero dei segretari e delle tasse stabilite per gli offici nello Stato ecclesiastico, il cui valore politico, statistico ed economico non è chi non vegga. Il pontefice è mosso a far questa riduzione dai bisogni della tesoreria; dai debiti gravosissimi contratti, che in niun modo e in niun tempo basterebbero le ordinarie entrate a soddisfare; dalla necessità di non stremare a troppa tenuità i lucri che i segretari tra loro dividono; assottiglia però di quanto gli è possibile il numero di essi, cresciuti, dal tempo di Calisto III e Pio II, in cui non erano più che sei, sino al numero di trenta. Ma può ridurli appena a ventiquattro (2) e trae da loro sessantamila ducati. Aumenta poi le tasse per ciascun officio e stabilisce che ad ogni semestre le riconferme abbian luogo per nuove bolle e nuovo pagamento. In Roma la novità non desta rumori, ma non così nelle provincie, segnatamente a Todi e nelle città della Marca Anconitana, in cui, secondo riferisce l'I.: « nolue<«< runt admittere officiales papae et noluerunt obedire se«<cretariis papae in faciendo brevia et taxas ». Le tasse eran calcolate a fiorini ed è da intendere a fiorini di Camera. Della differenza tra questi e i fiorini <«< currentes

(1) Arch. di Stato in Roma, Registri del camerlengo della Camera di Roma, 1485, c. 122 v: « Cola rubeo de castro monticellorum capto <«< per baricellum quia fabricari fecit monetam falsam mitigata sibi << pena per R.mum D. Vicecamerarium de mandato S. D. N. duc. 50 << quorum detracta 3a parte pro dicto baricello restant liquide in ca<< mera duc. 33 & bol. 25 quae faciunt ll. 166. s. 13. d. 4».

(2) Tutti i mss. e le edizioni dell' I. danno «< vigintisex ». Noi, coll'aiuto del documento autentico, restituimmo la lezione corretta. È del resto spiegabilissimo l'errore di trascrizione di xxvi per xxiv da parte degli amanuensi.

«< in Urbe », cioè della valuta di XLVII soldi, l'I., in altra parte del suo Diario, ci offre notevolissimo accenno (1). Fra le tasse, nulla è stabilito per le lettere con cui si spediva la corona al nuovo imperatore, per l'investitura del regno di Sicilia oltre il Faro, pei vicariati di Romagna, per la prefettura di Roma, per cui si faceva assegnamento sulla lau

(1) Quando parla dei sei connestabili mandati a Pontecorvo contro il duca di Calabria «< cum provisione 20 florenum in Urbe curren<«<tium pro quolibet et non plus; aliqui dicunt ducatorum». Il sig. Vincenzo Capobianchi, conoscentissimo della numismatica romana, con squisita cortesia mi scrive ad illustrazione di questo passo: « Il ducato o fiorino d'oro, in principio in Roma non fu che la << medesima moneta (GARAMPI, Saggi di osserv. sul valore delle antiche « monete pontif. App. di docum. p. 81, capitol. dell'anno 1432). Flo«renos de auro, videlicet ducatos lige 24 caratis secundum ducatos venetos. << Il titolo di questa moneta fu di 1000 (Ibid. p. 20: carati 24, ta«< glio 96, grani 72), tagliata alla 96a parte di una libra d'oro, corri<< spondente al peso odierno di grammi 3,532 e del valore effet<< tivo di L. 12 e cent. 17 (MARTINI, Manuale di metrologia, p. 605). << Essa rimase in questo tenore fino alla metà del xv secolo, fin<< quando cioè venne introdotta nella zecca di Roma la battitura an«< cora del fiorino di Camera, il quale, col medesimo precedente titolo << dell'oro, era tagliato invece alla 100a parte della libra e perciò cor<< rispondente al peso di grammi 3,3907185 ed al valore di L. 11 e <«< cent. 68,32 di nostra odierna valuta (GARAMPI, op. cit. p. 51: ca« rati 24, taglio 100, grani 69 12/100). Da quest'epoca il ducato che << acquistato avea la nuova denominazione di papale (perchè la zecca << dalla giurisdizione del Comune passata era nella Camera ponti<«<ficia) ed il fiorino, detto di Camera, furono due differenti monete: << esse vennero distinte, eccetto alcune volte, da due differenti rappre<< sentanze: il ducato di stampo più largo (ducatos papales auri largos, « ibid. App. p. 195) portava la figura in piedi di san Pietro, op<< pure le figure in piedi dei santi Pietro e Paolo; il fiorino, più << stretto (coniato da Niccolò V alla foggia e taglio di quei d'Avi<< gnone), da un lato portava sculpite le chiave con lo compasso quatro, « dall'altro la ymagine de la Santità Sua in Pontificale (Ibid. p. 31. « Bando dell'anno 1452). Il papa Paolo II nel 1468 vi fece rappresen<< tare la Veronica, ossia il Santo Volto, in seguito ebbe costante<< mente la navicella del Pescatore. Quel fiorino corrente in Roma a

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