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gono le Mirabilia urbis Romae con un capitolo, che in niuna delle varie recensioni di quel famoso libro è stato visto, ed è inedito. È intitolato « De omnibus nominibus <«< regionum huius sanctissim(a)e Urbis». Quivi dopo ricordate le quattordici regioni di Augusto, senza menzione veruna delle sette ecclesiastiche, l'anonimo autore prosiegue: «sed postquam Romana est virtus attenuata, et local << mutata et nomina transformata (sunt); et sic duodecim <«< principales regiones in urbe sunt ordinatae, quae divisae << sunt in viginti sex ». Sono soggiunti i nomi di ventisei contrade o regioni, annoverando come « regio prima» la <«< porticus S. Petri ». Dopo la quale, le ventitre seguenti costituiscono le dodici cistiberine, quali sono notate nei documenti del secolo decimoquarto, ma in ordine diverso; vigesimaquinta è l'« Insula », vigesimasesta il « Transti<«< berim ». Ogni coppia di coteste contrade costituì una delle tredici regioni dell'ultimo medio evo e moderne, delle quali fino ad ora conoscevamo soltanto testimonianze del secolo xiv. La piena dichiarazione del quale penultimo ed ultimo ordinamento regionale di Roma, dettata dal ch. collega ed amico Camillo Re, va ora alle stampe; ed a si esperto maestro delle cose comunali di Roma nel medio evo ho volentieri ceduto la pubblicazione integrale dell'inedito testo del codice di Vienna.

Prima che la nuova divisione in dodici coppie di contrade, costituenti dodici regioni cistiberine, fosse stabilita ed officialmente adottata circa il secolo XII, corse un periodo di transizione e di incertezza tra l'uso delle antiche quattordici regioni civili, delle sette ecclesiastiche e dei nomi di contrade. Cotesto periodo ravvisò il Gatti tra il secolo x ed il x11 (1); e specialmente nell'undecimo, appunto quando fu rogato in Roma l'atto di donazione che pubblichiamo. Nel quale periodo di tempo i documenti

(1) V. Bull. di arch. crist. 1883, pp. 102, 103.

degli archivi romani ci insegnano, che grande fu la varietà ed incertezza nel modo di numerare le regioni, massime lungo i tratti dei loro confini: nè questo è il luogo, ove io voglia imprenderne la recensione e l'esame. All'uopo presente basta avere chiarito, che la lacuna lasciata in bianco nel posto del numero della regione in due atti dell'anno 1051 non dee essere stimata fortuita; ma è indizio evidente dell' incertezza irresoluta in che trovaronsi gli scriniarii romani circa la cifra del numero ordinale della regione, che si doveva o meglio si conveniva segnare per le contrade adiacenti a S. Maria Maggiore. Ed anche per questo titolo, la pergamena dell'archivio aretino è documento notabile e di non mediocre valore per la romana topografia e la storia delle sue regioni e contrade nel medio evo.

G. B. De Rossi.

GLI ACCADEMICI NELLE CATACOMBE

N

ELL'APRILE dell'anno scorso, il mio amico Oreste Tommasini mi suggeri, e quasi mi raccomandò, un bellissimo tema, Pomponio Leto, intorno al quale da lungo tempo la scienza desidera una critica et larga monografia (1). Io sbigottito dalla non breve, non piccola e non facile impresa, ma infine e comunque messomi a tentare l'opera, volentieri me ne starei seppellito nei silenzi dello studio preparatorio, se il farsi vivi di quando in quando non fosse nella nostra Società un dovere principalissimo; un dovere tale, che appunto è quello che mi trae ad abbandonare per un momento la dolce tomba e a farmi vivo con qualche saggio.

Un documento dei più recentemente divulgati e discussi in proposito, uno dei più curiosi ed attraenti, quantunque ne sia stata ed appunto perchè ne è stata esagerata e falsata l'importanza, è quella serie di iscrizioni tracciate via via sulle pareti degli antichi cemeteri cristiani di Roma, nelle quali comparisce con parecchi altri di quel tempo il

(1) Cf. QUIRINI, De optim. scriptor. editionib. quae Romae primum prodierunt, 1761, p. 165; JORDAN, Topogr. der Stadt Rom in Alterthum, 1878, I, 1, p. 79, 11, p. 312; DE NOLHAC in Mélanges d'archéol. et d'hist., Ecole franç. de Rome, 1886, p. 139.

nome di Pomponio. Scelgo per ora questo punto, ed ecco anzitutto riunite qui per comodo del lettore quelle memorie epigrafiche, pubblicate, come ognun sa, nella grand'opera del De Rossi (Roma sott. I, 1 e sgg.; III, 255).

Cemetero de' Ss. Marcellino e Pietro nella via Labicana.

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Cemetero di Priscilla al terzo miglio della via Salaria.

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