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luogo; ed in Casale seguì nelle chiese di santa Maria di Piazza, di san Domenico, di san Francesco e di santa Croce, ricevendolo il marchese Tommaso Canossa, cavaliere dell'ordine e governatore generale del Monferrato, Giacopo Antonio Valperga, cavaliere dell'ordine e governatore della cittadella, Trajano Guiscardi gran cancelliere, Alessandro Grisella, presidente del senato, e Gio. Paoło Zampolo, presidente del maestrato; il tutto rogato per Francesco Paltro, segretario di Stato.

Le mutazioni dei deminii, benchè in quelli della medesima famiglia, e massime seguendo in persone di linea transversale, sono come gli anni climaterici, ne' quali ogni umore si commove, e ne sieguono gravissimi accidenti e morti. Gran tumulti insorsero subito per la successione del Monferrato tra i potentati d'Europa. Dolevansi i ministri spagnuoli e il duca di Savoja del contratto matrimonio, chè stante la stretta consanguineità della principessa Maria con il re di Spagaa e con il duca di Savoja di lei avo, senza loro partecipazione fosse stato conchiuso; ma sebbene adducessero questi motivi, da più efficaci venivano però eccitati. La gelosia dello Stato di Milano era tale, che mal soffrivano gli spagnuoli che il duca di Nevers entrasse in quella successione, dubitando, che nato ed allevato in Francia, fosse a loro di pregiudicio. I disegni già fissi di Carlo Emanuele di maritare la prefata Maria col principe cardinale Maurizio di lui figlio, e con questo accrescere ragioni alle sue pretese e vantaggi sopra il Monferrato, essendo andati falliti, diede nelle smanie. Entrò in questi torbidi Margarita vedova del duca di Lorena, la quale essendo sorella dei defunti duchi Francesco, Ferdinando e Vincenzo, pretendeva a lei doversi il Monferrato, e non al Nevers, per esser più di lui vicina: nemmeno a Maria, mentre si trattava della successione di Vincenzo ultimamente morto, non di quella di suo padre, dopo il quale erano con esclusione di lei succeduti Ferdinando e Vincenzo. Non stava in silenzio Ferrante Gonzaga, duca di Guastalla, nipote di quel Ferrante che fu fratello di Federico duca di Mantova; perlocchè instava di subentrare a quel ducato, alla successione del quale le femmine vengono escluse. A questi si aggiunse l'imperatore, volendo, come diceva, per la quiete d'Italia, devolvere questi ducati alla camera Cesarea e portare l'esempio di Carlo V, il quale nella contesa della successione del Monferrato la avocò a sè, ed indi diede la sentenza con definire a chi di giustizia competeva. Onde, come giudice supremo, pretendeva di far lo stesso in questo caso; ma opinavasi che poi avrebbe dato lo Stato di Mantova a chi sarebbe a lui piaciuto, inducendolo indi con qualche permuta benchè disavvantaggiosa a rinunciare il Monferrato per unirlo poscia alla casa d'Austria.

Si disposero intanto tutti al bersaglio del Mantovano e del Monferrato, cominciando per i primi gli spagnuoli ed il duca di Savoja a dar segni evidenti della loro avversione alla successione del Nevers, non volendo riconoscerlo per duca di questi Stati, nè per tale onorarlo. Il duca Carlo sebben vedesse con cordoglio nella città alcuni bollori eccitati da'suoi emoli, con somma prudenza disponeva lo stabilimento de'suoi interessi.

Quanto poi alla successione che gli veniva contesa, protestava di aver a sua difesa la disposizione della legge, per esser egli l'erede più prossimo: Per parte del duca di Savoja, non aver nuove ragioni per le quali non si debba stare alla sentenza di Carlo V data, e dover egli proseguire nel possesso del Monferrato nella guisa che lo avevano posseduto i suoi maggiori: Nè la duchessa di Lorena aver fondamento nelle sue pretensioni: Non esservi pure luogo per detto Ferrante Gonzaga duca di Guastalla, non essendo ancora cessata la linea del primogenito. E perchè veniva egli da' malevoli dichiarato incapace de'suddetti fondi per aver portato le sue armi contro l'impero, a questi motivi produceva esser tale ragione insussistente, avendo egli poi con infiniti pericoli difesa a costo della vita la maestà Cesarea, e quella della casa d'Austria.

Erano queste ragioni benissimo sentite da' principi italiani; ma le circostanze dei tempi ed il timore di rovinar se stessi non permetteva loro, se non che il sentimento di un gran dispiacere, e di compatirlo al sommo (a).

Non cosi tosto giunsero i due ambasciatori, offesi J'uno a Milano l'altro a Torino, che la guerra incominciò ad apparecchiarsi, dividendosi intanto gli spagnuoli e savojardi il Monferrato.

Carlo duca di Nevers avvertito di tutto ciò dal figlio per mezzo del sig. Giuseppe Bonini a lui spedito, si parti subito al principio di gennajo 1628 dalla Francia, e passando incognito per la Germania, trovò a caso in Argentina il conte Gio. Battista d'Arco, il quale essendo stato ambasciatore agli elettori per il defunto duca, ritornava alla patria, e fattosi in quel viaggio suo camerata, sedeva alle mense dell'ultimo luogo per meglio occultarsi alle insidie degli spagnuoli.

Carlo giunto a Mantova il dì 17 gennajo, onde mostrare confidenza con gli spagnuoli, scoprire

(a) Algh. lib. 6, num. 4 e seg. - Nani Botta ete.

paese, ed aver tempo in ogni evento per provvedersi, invio tosto a Milano il conte Federico Guzino, con ordine di dimostrarsi in tutto e per tutto transformato da francese di nascita in spagnuolo per elezione. Ma conosciuto da quel governatore, dissegli a chiare parole che tale sua transformazione gli conveniva più ne'fatti che nelle parole, e comprovarlo il ricevere nelle sue piazze presidio spagnuolo od imperiale, sintantochè fossero dissipate le gelosie.

Addi 3 giugno fu fatta grida acciocchè le Comunità prestassero il dovuto giuramento di fedeltà al serenissimo duca Carlo I. Ms. in filza C. (Questo editto è nella racc. D. in data del 3 corrente, in cui dicendo di non poter per affari venire in Monferrato, deputa a questo consiglio riservato a riceverlo addì 14 e 15 dello stesso mese).

Il duca di Nevers aveva pochi anni prima creato certo ordine di cavalleria sotto il titolo di milizia cristiana, e per meglio riempirlo di soggetti, spedi ricevitori per la Germania e per la Francia, ed in Italia in particolare il conte Gio. Vincenzo d'Arco. Con questa nuova croce sull'abito pretendeva il Nevers, che tale adunanza dovesse servire come una nuova crociata, ed egli come suo generale passò in levante all'acquisto di terra santa. Anche in Tolone aveva incominciato a preparare vascelli da imbarcare genti.

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