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Durante l'assedio, d'ordine di monsignor vicario generale si fecero molte preghiere in ogni casa, esponendosi il Sacramento a vicenda, due giorni per ogni chiesa, ed ogni giorno si faceva dal fr. Bernardino Pampano cappuccino di Casale un devoto sermone, al quale accorrevano molti uditori. Alla sera dalle dame e gentiluomini si recitavano in molte chiese, avanti l'altare di M. V. santissima, il rosario ed altre pie orazioni.

In questo mese incominciossi a scoprire esservi il morbo contagioso in questa città, ed era una febbre maligna con carboni e bubboni, e non campavano più di due giorni, morendone più di 20 al giorno tra soldati e cittadini; onde dai conservatori della sanità furono dati molti ordini: ma essendo la città assediata, non potevasi fare le provvigioni dei medicamenti necessarii. Fecero fare nell' ala grande un lazzaretto, ove portavano gli appestati, ed alla casa infetta vi facevano un segno con croce, acciò ognuno si guardasse dal conversarvi. Andò aumentando detto morbo sino alla fine dell'anno (a).

Il canonico Morani scrive nelle sue memorie storiche, che il contagio faceva molta strage in Casale; cosichè morirono quasi tutti i preti e regolari che andavano ad assisterli, eccettuatine

(a) Filauro.

due PP dell'oratorio di san Filippo, che ad onta del pericolo, stimolati dal zelo e carità, indefessamente vi assistevano.

Quindi, siccome alcuni poco gelosi della salute comune, e che la patria resti preservata dal contagio, ardiscono introdurre, commerciare abiti, utensili ecc. venuti da città, luoghi e case sospette, gli illustrissimi Trajano Guiscardi, gran cancelliere, M. Aurelio Camurati, Filippo Brondolo, Guglielmo Sannazaro e Federico Fassati, conservatori di sanità nel Monferrato, con loro editto in data addi 4 luglio inibiscono tal commercio, incaricando i cantonieri deputati alle porte e contestabili ad invigilare con somma vigilanza su ciò. Editto nella filza C.

Di questo riprende il Forti il governo di Mantova, che nell'assedio di quella città non curò di proibire ai cittadini l'introdurre le robbe lasciate dagli alemanni appestati, i quali di sotto Mantova rallentarono l'assedio, ritirandosi; e così per l'ingordigia massime degli ebrei di far lucro su quei cenci introdussero la peste in città.

Continue erano le scaramuccie, le mine e contromine da una parte e dall'altra mietevano molte vittime, e valorose erano le difese. In questo tempo arrivò una cosa degna di memoria. Una ragazza di anni venti, chiamata Francesca, essendo un giorno a raccogliere erba con alcune altre fanciulle, onde guadagnar la sua vita, veniva molestata dai fucili dei nemici. Irritata di ciò, si risolse di vendicarsi; e per ciò eseguire, s'indirizzo ad un soldato dei nostri che era colà vicino di guardia, e gli chiese d'imprestargli il suo moschetto. Ottenutolo, deposta la sua erba in una casa rovinata, di là uccise due soldati spagnuoli, e molti ne ferì nel corso dell'assedio, sino a che essendosi un giorno troppo azzardata, essendo quasi alle mani coi nemici, un tedesco la feri nel volto con un colpo di moschetto. Essa sebbene ferita l'insegui, e con pari colpo lo uccise. II Toyras le assegnò la paga di quattro soldati nel reggimento del marchese, ed una di cavalli leggeri nella sua compagnia, ed il generoso Bossac le diede alcune doppie, e godette della paga alcun tempo nel reggimento del sig. Mercúrino Taracchia. Cosi questa povera figlia nobilitò la bassezza della sua nascita con eroiche gesta, e diede gloria a Casale ed a tutta l'Italia di aver generato a difesa della libertà un'amazone che combattesse i nemici.

I nemici che stavano ognora intenti di sorprendere Casale, quanto i francesi a difenderlo, diedero fuoco ad una mina sotto la mezza luna del bastione di san Carlo, la quale loro riuscì favorevole, avendo ucciso dieci francesi ed aperta una strada per avvanzarsi. Ma il Riberas che èra colà alla difesa, gli fu di sommo ostacolo. Egli sbalzò coi suoi soldati nelle rovine della mina, ritenne lo stesso posto, e scacciò il nemico che lo aveva occupato, e si trovò in istato di oltre passare, armata la mano di targa e di coltello.

Gli spagnuoli alla sera presero vendetta di tale affronto, lanciando colla loro macchina grande quantità di sassi, sperando schiacciare i francesi; ma non ebbero il loro effetto. Le notti erano più pericolose; esse scorrevano nel gettarsi a vicenda delle granate, pentole a fuoco e pietre, per cui udivasi i francesi dileggiar gli spagnuoli, essendo essi vicini nelle loro trincere, a sei piedi. Ma ciò che sorpassava la baja ed era insoffribile ai nemici, si era il sommo ardire francese di saltare ad ogni momento nel loro campo, uccidervi infinità di soldati, quasi per galanteria; al che si esercitavano maggiormente i signori Souvay, Barradas, e de Sant-Annez con alcuni altri cavalieri dello stesso umore. Ciò faceva perdere la quiete e la pazienza ai tedeschi, lombardi e napolitani, vedendosi improvvisamente assaliti, battuti, e tolte le loro armi che seco portavano. Egli è ben vero, che l'accampamento spagnuolo era molto men visitatato dai nostri, ma essendo eglino collocati in mezzo degli altri, erano più sicuri, e si millantavano di troppo nel vedersi tranquilli. Il Toyras pensò di attaccarli anche essi al pari degli altri, e perciò addi 8 luglio, di notte, mentre non era dagli spagnuoli aspettato, fece uscir cinquanta soldati della mezza luna del Pompadour ed altrettanti moschettieri, i quali nello stesso tempo che facevano piovere quantità di pentole nei loro trinceramenti, piombarono loro addosso, ne uccirero molti, e posero il resto in iscompiglio. Questa azione fece restar attoniti gli spagnuoli. Dopo alcuni giorni fece dar fuoco ad una mina che aveva fatto fare alla mezza luna del Riberas, la quale ebbe un felice esito, chè uccise molti nemici e royinò le loro fortificazioni da quella parte. Ma un funesto accidente accaduto il giorno appresso a Casale rattemprò la gioja dei francesi. Fu dato fuoco ai molini a polvere, e saltarono in aria, restando morti due uomini con due cavalli, e non se ne scoperse l' autore. Il Toyras colla solita sua indifferenza e costanza ne fece rifabbricare altri. Il Toyras aveva con arte e somma diligenza fatto fare una mina alla mezza luna del bastione di Sangiorgio, ma era stata sventata e presa, e non si seppe se fosse per tradimento di alcuno, o per l'assiduo lavoro degli assedianti sia stata scoperta. Quello però che è certo, questa fu una perdita di sommo rilievo, tanto più che non avevano più terreno da co

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