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poste. E Legati e Papi medesimi avevano contro d'esse spiegata la forza dell' ecclesiastiche censure. Ma non era questo il solo motivo di rumore dei Cittadini; era piuttosto il mal costume, la licenza, le violenze, che si usavan dal Clero all'ombra di questa vantata immunità. Lo statuto, che abbiamo esaminato superiormente, ed il processo fatto pel successore del Vescovo Forzatè, di cui gli atti ancor ci rimangono, provano quanto da noi si asserisce; e se a questo si aggiunga l'indolenza del Vescovo, sia per età, sia per infermità, a provedere a simili inconvenienti, chiaramente si potrà scorgere che, non da odio de' secolari agli Ecclesiastici, ma da mala condotta di questi provennero e la legge e i tristi effetti della medesima. Crescendo adunque tutto dì le violenze e le scelleraggini che commettevansi dagli Ecclesiastici non represse dal Vescovo, la Repubblica fece uno statuto, condannabile certamente, col quale era punito d'un solo grosso di ammenda chiunque avesse ucciso un Ecclesiastico (235). Da questa legge ne venne che molti furono gli Ecclesiastici e Chierici e Regolari uccisi nella Città, o Territorio, potendosi sì grave delitto con pena sì lieve soddisfare. Egli è facile credere che la cosa menò gran rumo-. re per tutta l'Italia, e che accorrendovi il Patriarca, siccome Metropolita di Padova, pose in esecuzione quanto erasi stabilito nel da noi ricordato Sinodo Generale d'Aquileja, e assoggettò la Città all' ecclesiastico interdetto, che fu pubblicato ai 3 di marzo del 1283, giorno primo di Quaresima. Si astennero da tutte le funzioni sacre gli Ecclesiastici siccome sottoposti alla censura, ma i Frati questuanti continuarono a celebrare e ad assistere i Cristiani coll' amministrazione dei Sacramenti, di che ne ottennero e molta lode e generose ricompense dalla Repubblica. L'affare di questi statuti, di questo interdetto sarà da noi esaurito nella futura Dissertazione. Frattanto il nostro Vesco

vo Giovanni era stato delegato dalla S. Sede à giudice, con l'Arci-
prete
della Cattedrale e Giovanni dell'Abate Canonico, in una causa
dei due Monasteri, della Celestia di Venezia e di S. Paolo di Tre-
viso contro i Frati Templari. Queste Monache avevano esposto il
falso al giudice ordinario Vescovo di Treviso. Sopra tali supposti
motivi aveva sentenziato contro ai Templari, li 15 febbraro del
1283. I Templari si erano appellati alla S. Sede, ed i giudici dele-
gati dovevano decidere (236). Il Vescovo di Padova, per essere grave-
mente infermo, commise l'assistenza di questa causa a Pietro Canonico
di Corte. Si raccolga per erudizione che le Monache di S. Paolo di Tre-
viso erano Terziarie di S. Domenico, che quelle della Celestia di Vene-
zia eran Clarisse, e che S. Tommaso di Treviso era il Convento dei
Templari. Si osservi in fine che Tommaso Guarnerini rinunciò all'Arci-
pretato della Cattedrale, e che in suo luogo fu eletto il celebre Bo-
vetino di Mantova, già Canonico di questa Cattedrale e famoso Pro-
fessore Decretalista di questa Università. L'altro congiudice in que-
sta causa, il di cui esito ci è ignoto, era Giovanni dell' Abate Ca-
nonico di Padova, uomo di gran dottrina che fu eletto Vescovo, ma
che rinunciando morì Arciprete della Cattedrale..

LXII. Pochi giorni ancora di più sopravvisse Giovanni Forzatè Vescovo di Padova. Oppresso dalla sua infermità spirò, nel mezzo giorno della festa di S. Giovanni Battista, li 24 Giugno del 1283. Hoc anno, medio in die S. Joannis Baptista, obiit Ven. Pater Joannes ForZatè Episcopus Paduanus. Era nato nel 1207 nel giorno di S. Giovanni Battista, e morì nello stesso giorno del 1283 di 76 anni, dopo 27 anni di reggenza di questa Chiesa, partendo dall'anno che entrò al pacifico possesso di essa, cioè del 1256. Il di lui sepolcro fu posto alla destra dell'altare di S. Niccolò, che allora era nella sottoconfes

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sione con la seguente iscrizione, che più non esiste, e che è ricopiata dallo Scardeone.

NOMINE BAPTISTAE PADVANVS EPISCOPVS ISTE

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.

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STEMMATA FORZATVM TVRRIS QVOQVE. NOBILE PRATVM
GREGORII MORES FAMAE SALOMONIS HONORES
PROSDOCIMI VITAM PATRIAM POSSEDIT.
POSSEDIT · AVITAM

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TER NONIS ANNIS OBIIT SED LVCE JOANNIS LVSTRA FERENS TOTO NVMERO CVM TER TRIBVS OCTO TALIA SCEPTRA TENET POST HAEC SVA CORPORA · PETRA CVI GEMINIS DEMPTIS ANNIS DE MILLE TRECENTIS

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ET TER QVINQVE DEDIT CAELVM CVI MVNDVS. OBEDIT QVAQVE. DIE NATVS SVPERA · FVIT· ARCE · LOCATVS

Per la vacanza della Sede Vescovile, furono dal Capitolo eletti Economi il Canonico Tommaso Guarnerini, già Arciprete, ed. Ugolino dall' Arsico avvocato della mensa Vescovile (237).

Dolorosa fu per la Chiesa di Padova la perdita di questo Vescovo, e perchè aveva fedelmente operato, finchè l' età e le forze glielo aveano permesso, e perchè per la sua morte insorsero dissidj e scismi all'elezione del successore. Dove il Vescovo Giovanni, giunto appena alla sua Sede, opporsi agli abusi, ai disordini, all'indisciplina, pur troppo fatali conseguenze dei tempi a lui anteriori; e vi si pose con petto forte, particolarmente verso dei Regolari, dove vedeva esservi maggior bisogno. Ma appunto coi Regolari sembra che si diportasse con troppo rigore, siccome ne ebbe ad esser rimproverato da Alessandro IV, anche usando qualche violenza, siccome abbiam veduto pel Monastero dell' Arcella, quando fu minacciato di scomunica da

Niccolò III non ravvedendosi. Vedo bene che l'Iscrizion sepolcrale lo paragona a S. Gregorio nei costumi, a Salomone nella scienza, a S. Prosdocimo nella vita pastorale; ma gli Scrittori quasi contemporanei lo accusano e di qualche attacco all'interesse, per cui volle appropriarsi parte del tesoro rinvenuto alla Casa di Dio, che dovea tutto impiegarsi nell'acquisto di fondi a vantaggio dei poveri e degli infermi, e di negligenza nel suo ministero, per cui lasciava imbaldanzire nei vizj gli Ecclesiastici, senza infligere ad essi i dovuti castighi; da che particolarmente ne nacque l'oltraggioso statuto fatto dalla Repubblica contro di essi. Non deesi però tralasciar di riflettere che l'affare del tesoro ad aggravio del Vescovo non è detto che dal solo Chronicon Patavinum, pubblicato dal Muratori e da qualche altro Cronista del XV secolo senza recarne prova alcuna; e che la debolezza, di cui viene accusato rapporto a' discoli Ecclesiastici, potrebbe essere stata nei due ultimi anni di sua vita, nei quali rimase quasi di continuo debole infermo, appunto nell' epoca dello statuto, al quale non sopravvisse che soli sei mesi. Anzi, almeno rapporto a' Regolari, fu tacciato di troppo rigoroso, perchè voleva osservati i canoni e le discipline antiche, che loro vietavano di amministrar la penitenza e d' ingerirsi nella cura delle Parrocchie. Certo è che dobbiamo concludere a sua glo. ria che introdusse utili riforme nei Monasteri, favorì erezioni di Parrocchiali e di Collegiate, beneficò luoghi pii, prescrisse regole a'spedalieri, rivendicò il patrimonio della Chiesa in parte evito, sostenendo gravissime liti, procurò la pace fra Cittadini, fu amate, e morì compianto. I tempi scabrosissimi e le circostanze hanno resa difficile la sua situazione, e la sua severità verso il Monachismo ha posta col mezzo dei malcontenti dell'ombra su la sua condotta, che non è difficile a dissiparsi. Anzi a più giusto motivo potrò terminare questa.

Dissertazione con le belle parole dello Scardeone, cioè che Giovanni fu grande elemosiniere, e che non si può decidere, se più fosse nella pietà, o nella dottrina eccellente. Is vulgo fertur præ ceteris semper egenis alendis operam dedisse, atque in tam insigni viro doctrinam et pictatem de præstantia invicem decertasse (238).

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